LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUPI Fernando – Presidente –
Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –
Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –
Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –
Dott. BISOGNI Giacinto – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12;
– ricorrente –
contro
P.G.;
– intimato –
avverso la decisione n. 5/2/08 della Commissione tributaria regionale di Torino, emessa il 31 gennaio 2009 2008, depositata il 26 marzo 2008, R.G. 548/07;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Sorrentino Federico;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 7 ottobre 2009 dal Consigliere Dott. Giacinto Bisogni;
rilevato che in data 24 luglio 2009 è stata depositata relazione che qui si riporta:
Il relatore cons. Giacinto Bisogni, Letti gli atti depositati:
OSSERVA 1. La controversia ha per oggetto l’impugnazione del silenzio rifiuto opposto dall’Amministrazione finanziaria alla richiesta di rimborso del prelievo di Euro 4.636,80 effettuato dal sostituto di imposta sulla somma di 36.000 Euro percepiti da P.G. a titolo di incentivo all’esodo. Ha rilevato il contribuente, impugnando il rifiuto davanti la C.T.P. di Torino, che il prelievo effettuato corrispondeva a quello previsto per il trattamento di fine rapporto e non prevedeva il beneficio della decurtazione dell’aliquota al 50% in quanto il D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, allora vigente art. 19, comma 4 bis – T.U.I.R. richiedeva a tal fine il raggiungimento dell’età anagrafica di 55 anni per gli uomini e di 50 per le donne.
Ha eccepito il P. che tale disciplina era in contrasto con il diritto comunitario come sancito dalla Corte di Giustizia delle Comunità Europee con sentenza del 21 luglio 2005 nella causa C – 207/04 che aveva accertato la contrarietà alla direttiva 76/207/CEE di qualsiasi normativa introduttiva di un regime tributario differenziato in ragione esclusivamente del sesso;
2. L’Amministrazione finanziaria ha resistito in giudizio rilevando che la normativa in questione non aveva un carattere discriminatorio ma agevolativo e premiale nei confronti delle lavoratrici;
3. La C.T.P. si è pronunciata dopo l’abrogazione del regime differenziato da parte del legislatore italiano, avvenuta con D.L. n. 223 del 2006 convertito in L. n. 248 del 2006, accogliendo la richiesta di rimborso del contribuente;
4. La C.T.R. ha respinto l’appello dell’Agenzia delle Entrate ritenendo inapplicabile la vecchia normativa perchè dichiarata in contrasto con il diritto comunitario dalla C.G.C.E.;
5. Ricorre per cassazione l’Agenzia delle Entrate deducendo la violazione del D.L. n. 223 del 2006, art. 36, comma 23, convertito in L. n. 248 del 2006, da parte della C.T.R..
RITENUTO IN DIRITTO
Che:
1. la tesi dell’Amministrazione finanziaria non appare convincente in quanto, se pure è vero che a seguito dell’abrogazione del regime agevolativo è venuto meno il trattamento di favore di cui il contribuente non ha potuto usufruire, in base al disposto dell’art. 19, comma 4 bis – T.U.I.R., è, altresì, innegabile che per effetto della pronuncia della Corte di giustizia il contribuente si è venuto a trovare, già dal momento del percepimento dell’incentivo, in una situazione soggettiva di diritto all’agevolazione che non può essere venuta meno per effetto dell’abrogazione la quale non può avere effetto retroattivo, come del resto prevede anche la norma di cui al D.L. n. 223 del 2006, art. 36 che fa salve le liquidazioni già avvenute. La non applicazione del regime agevolato nel caso in esame perpetuerebbe un regime discriminatorio rispetto a una corresponsione dell’incentivo all’esodo precedente l’abrogazione;
sussistono i presupposti per la trattazione della controversia in camera di consiglio e se l’impostazione della presente relazione verrà condivisa dal Collegio per il rigetto del ricorso;
ritenuto che tale relazione appare pienamente condivisibile cosicchè il ricorso deve essere respinto senza alcuna statuizione sulle spese processuali del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Nulla sulle spese processuali del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 7 ottobre 2009.
Depositato in Cancelleria il 26 gennaio 2010