Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.1393 del 26/01/2010

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. DI IASI Camilla – rel. Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 14872-2008 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

IL LORETO SRL;

– intimata –

avverso la sentenza n. 48/2007 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di ROMA, del 13/03/2007 depositata il 13/04/2007;

udita la relazione della causa svolta nella camera di Consiglio del 22/10/2009 dal Consigliere e Rel. Dott. CAMILLA DI IASI;

E’ presente il P.G. in persona del Dott. GIAMPAOLO LECCISI.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE 1. L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione nei confronti della s.r.l. Il Loreto (che non risulta costituita) e avverso la sentenza n. 48/4/07, depositata il 13-4-07, con la quale, in controversia concernente impugnazione di avviso di diniego di rimborso Iva relativa al 1999, la C.T.R. Lazio ha accolto l’appello proposto dalla contribuente avverso la sentenza di primo grado (che aveva rigettato il suo ricorso introduttivo), affermando che la contribuente aveva depositato copia dell’istanza di condono e del relativo pagamento e che pertanto, a norma della L. n. 282 del 2002, art. 9, doveva ritenersi precluso nei confronti del dichiarante e dei soggetti coobbligati ogni accertamento tributario, con la conseguenza che il diniego di rimborso era illegittimo in quanto fondato su di un accertamento che non poteva essere compiuto.

2. L’unico motivo di ricorso (col quale si deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 289 del 2002, art. 9, commi 9 e 10) risulta manifestamente fondato, posto che, secondo la giurisprudenza di questo giudice di legittimità, la previsione della L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 9, comma 9, per il quale la definizione automatica non modifica l’importo degli eventuali rimborsi e crediti derivanti dalle dichiarazioni presentate ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, se comporta che nessuna modifica di tali importi può essere determinata dalla definizione automatica, non sottrae all’Ufficio il potere di contestare il credito, con la conseguenza che, quando sia stato chiesto il rimborso dell’IVA, l’Erario non è tenuto, per automatico effetto del condono, a procedere al rimborso, nè gli è inibito l’accertamento diretto a dimostrare l’inesistenza del diritto a conseguirlo, atteso che il conciono fiscale elide in tutto o in parte, per sua natura, il debito fiscale, ma non opera sui crediti che il contribuente possa vantare nei confronti del fisco, i quali restano soggetti all’eventuale contestazione di parte (v. tra le altre, da ultimo, Cass. n. 375 del 2009, ma anche, in obiter, S.U. n. 14828 del 2008, secondo la quale il condono non impone al contribuente la rinuncia al credito IVA esposto nella dichiarazione, nè preclude all’amministrazione di rimborsarlo, se lo ritiene fondato, o di accertarne la non rimborsabilità – v. Corte cost. ord. n. 340/2005 -). Il ricorso deve essere pertanto accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio ad altro giudice che provveder a decidere la controversia alla luce del principio sopra enunciato ed a liquidare anche le spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese a diversa sezione della C.T.R. Lazio.

Così deciso in Roma, il 22 ottobre 2009.

Depositato in Cancelleria il 26 gennaio 2010

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