LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUPI Fernando – Presidente –
Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –
Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –
Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –
Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 16715-2008 proposto da:
C.D., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato CURCIO VITTORIA giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE – UFFICIO DI BUSTO ARSIZIO;
– intimata –
avverso la sentenza n. 27/2007 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di MILANO, del 26/3/07 depositata il 19/04/2007;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 05/11/2009 dal Consigliere Relatore Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;
udito per il ricorrente l’Avvocato Vittoria Curcio che si riporta ai motivi del ricorso, e chiede la trattazione dello stesso in pubblica udienza.
E’ presente il P.G. in persona del Dott. RENATO FINOCCHI GHERSI che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO Considerato che è stata depositata in cancelleria relazione del seguente tenore:
“Con sentenza del 19/4/2001 la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia respingeva il gravame interposto dal contribuente sig. C.D. nei confronti della pronunzia della Commissione Tributaria Provinciale di Varese di rigetto dell’opposizione spiegata in relazione ad avvisi di accertamento emessi dall’Agenzia delle entrate di Busto Arsizio a titolo di IVA per gli anni d’imposta dal 1992 al 1995.
Avverso la suindicata pronunzia del giudice dell’appello il C. propone ora ricorso per cassazione, affidato a 2 motivi.
L’intimata non ha svolto attività difensiva.
Con il 1^ motivo il ricorrente denunzia violazione o falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c..
Con il 2^ motivo denunzia omessa motivazione su punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
Il ricorso dovrà essere dichiarato inammissibile, in applicazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, art. 366-bis c.p.c. e art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5.
L’art. 366-bis c.p.c. dispone infatti che nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4 l’illustrazione di ciascun motivo deve a pena di inammissibilità concludersi con la formulazione di un quesito di diritto (cfr. Cass., 19/12/2006, n. 27130).
Una formulazione del quesito di diritto idonea alla sua funzione richiede allora che con riferimento ad ogni punto della sentenza investito da motivo di ricorso la parte, dopo avere del medesimo riassunto gli aspetti di fatto rilevanti ed avere indicato il modo in cui il giudice lo ha deciso, esprima la diversa regola di diritto sulla cui base il punto controverso andrebbe viceversa risolto.
Il quesito di diritto deve essere in particolare specifico e riferibile alla fattispecie (v. Cass., Sez. Un., 5/1/2007, n. 36), risolutivo del punto della controversia – tale non essendo la richiesta di declaratoria di un’astratta affermazione di principio da parte del giudice di legittimità (v. Cass., 3/8/2007, n. 17108), e non può con esso invero introdursi un tema nuovo ed estraneo (v. Cass., 17/7/2007, n. 15949).
Orbene, nel caso i quesiti di diritto risultano formulati in modo difforme rispetto allo schema sopra delineato, in quanto connotati da genericità e mancanza di riferibilità al caso concreto dedotto all’esame della Corte, e pertanto sforniti di collegamento tale da consentire di individuare la soluzione adottata dalla sentenza impugnata e di precisare i termini della contestazione (cfr., da ultimo, Cass., Sez. 16715/08 Un., 19/5/2008, n. 12645; Cass., Sez. Un., 12/5/2008, n. 11650; Cass., Sez. Un., 28/9/2007, n. 20360 ), sicchè esso non consentono di poter circoscrivere la pronuncia nei limiti di un relativo accoglimento o rigetto (cfr., da ultimo, Cass., 23/6/2008, n. 17064).
E’ d’altro canto da escludersi la configurabilità di una formulazione del quesito di diritto implicita nella formulazione del motivo di ricorso, avendo Cass., Sez. Un., 26/3/2007, n. 7258 precisato che una siffatta interpretazione si risolverebbe invero nell’abrogazione tacita della norma.
A fortiori in presenza di una formulazione dei motivi come nella specie altresì carente di autosufficienza (cfr., da ultimo, Cass., 23/6/2008, n. 17064).
Senza sottacersi che in base a principio consolidato in giurisprudenza di legittimità la violazione dell’art. 115 c.p.c. è apprezzabile, in sede di ricorso per cassazione, nei limiti del vizio di motivazione di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – e non anche come nella specie in termini di violazione di legge, dovendo emergere direttamente dalla lettura della sentenza, non già dal riesame degli atti di causa, inammissibile in sede di legittimità.
Quanto al pure denunziato vizio di motivazione, a completamento della relativa esposizione esso deve indefettibilmente contenere la sintetica e riassuntiva indicazione: a) del fatto controverso; b) degli elementi di prova la cui valutazione avrebbe dovuto condurre a diversa decisione; c) degli argomenti logici per i quali tale diversa valutazione sarebbe stata necessaria (art. 366-bis c.p.c.).
Al riguardo, si è precisato che l’art. 366-bis c.p.c. rispetto alla mera illustrazione del motivo impone un contenuto specifico autonomamente ed immediatamente individuabile, ai fini dell’assolvimento del relativo onere essendo pertanto necessario che una parte del medesimo venga a tale indicazione specificamente destinata (v. Cass., 18/7/2007, n. 16002).
Orbene, nel caso il 2^ motivo non reca invero la chiara indicazione – nei termini più sopra indicati – delle ragioni del denunziato vizio di motivazione, inammissibilmente rimettendosene l’individuazione all’attività esegetica di questa Corte, a fortiori non consentita in presenza di formulazione come già più sopra osservato carente di autosufficienza.
I motivi si palesano pertanto privi dei requisiti a pena di inammissibilità richiesti dai sopra richiamati articoli, nella specie applicantisi nel testo modificato dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, essendo stata l’impugnata sentenza pubblicata successivamente alla data (2 marzo 2006) di entrata in vigore del medesimo”;
considerato che il P.G. ha condiviso la relazione;
atteso che il ricorrente ha con atto depositato in Cancelleria anteriormente all’udienza chiesto l’audizione in camera di consiglio e prodotto copia della pronunzia della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia del 9/4/2009 concernente le opposizioni spiegate avverso avvisi di accertamento emessi a titolo di IRPEF ed ILOR per gli anni d’imposta 1992 e 1993;
rilevato che a seguito della discussione sul ricorso tenuta nella camera di consiglio il collegio ha condiviso le osservazioni esposte nella relazione, non infirmate dalle osservazioni del ricorrente, dovendo in ogni caso osservarsi che l’annotazione nella specie nel ed. libretto verde delle ore di lavoro svolte dall’odierno ricorrente non si appalesa invero logicamente contrastante l’annotazione altresì dei pagamenti dal medesimo effettuati in favore di personale dipendente commisurati alle ore lavorate (cd. cottimisti), come ritenuto nell’impugnata sentenza;
ritenuto che il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile;
considerato che non è peraltro a farsi luogo a pronunzia in ordine alle spese del giudizio di cassazione, non avendo l’intimata svolto attività difensiva.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile.
Così deciso in Roma, il 5 novembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 26 gennaio 2010