LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUPI Fernando – Presidente –
Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –
Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –
Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –
Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 17816/2008 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente –
contro
L’AUTO PER TUTTI SPA, S.P., S.A., R.
G., S.P.L. soci della predetta società;
– intimati –
avverso la sentenza n. 71/2007 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di ROMA, del 3/4/07 depositata il 18/05/2007;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 05/11/2009 dal Consigliere Relatore Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO.
E’ presente il P.G. in persona del Dott. RENATO FINOCCHI GHERSI.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO Considerato che è stata depositata in cancelleria relazione del seguente tenore:
“Con sentenza del 18/5/2007 la Commissione Tributaria Regionale del Lazio respingeva il gravame interposto dall’Agenzia delle entrate di Viterbo nei confronti della pronunzia della Commissione Tributaria Provinciale di Viterbo di accoglimento dell’opposizione proposta dalla contribuente società l’Auto per tutti s.p.a. in relazione ad avviso di accertamento emesso a titolo di I.V.A. ed I.R.A.P. per l’anno d’imposta 1999.
Avverso la suindicata pronunzia del giudice dell’appello l’Agenzia delle entrate propone ora ricorso per cassazione, affidato a 2 motivi.
L’intimata non ha svolto attività difensiva.
Con il 1^ motivo la ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Con il 2^ motivo denunzia insufficiente motivazione su punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
Il ricorso dovrà essere dichiarato inammissibile, in applicazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, art. 366 bis c.p.c. e art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5.
L’art. 366 bis c.p.c., dispone infatti che nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4, l’illustrazione di ciascun motivo deve a pena di inammissibilità concludersi con la formulazione di un quesito di diritto (cfr. Cass., 19/12/2006, n. 27130).
Una formulazione del quesito di diritto idonea alla sua funzione richiede allora che con riferimento ad ogni punto della sentenza investito da motivo di ricorso la parte, dopo avere del medesimo riassunto gli aspetti di fatto rilevanti ed avere indicato il modo in cui il giudice lo ha deciso, esprima la diversa regola di diritto sulla cui base il punto controverso andrebbe viceversa risolto.
Il quesito di diritto deve essere in particolare specifico e riferibile alla fattispecie (v. Cass., Sez. Un., 5/1/2007, n. 36), risolutivo del punto della controversia – tale non essendo la richiesta di declaratoria di un’astratta affermazione di principio da parte del giudice di legittimità (v. Cass., 3/8/2007, n. 17108)-, e non può con esso invero introdursi un tema nuovo ed estraneo (v. Cass., 17/7/2007, n. 15949).
Orbene, nel caso il quesito di diritto risulta formulato in modo difforme rispetto allo schema sopra delineato, in quanto connotato da genericità e mancanza di riferibilità al caso concreto dedotto all’esame della Corte, e pertanto sfornito di collegamento tale da consentire di individuare la soluzione adottata dalla sentenza impugnata e di precisare i termini della contestazione (cfr., da ultimo, Cass., Sez. Un., 19/5/2008, n. 12645; Cass., Sez. Un., 12/5/2008, n. 11650; Cass., Sez. Un., 28/9/2007, n. 20360), sicchè esso non consente di poter circoscrivere la pronuncia nei limiti di un relativo accoglimento o rigetto (cfr., da ultimo, Cass., 23/6/2008, n. 17064).
E’ d’altro canto da escludersi la configurabilità di una formulazione del quesito di diritto implicita nella formulazione del motivo di ricorso, avendo Cass., Sez. Un., 26/3/2007, n. 7258 precisato che una siffatta interpretazione si risolverebbe invero nell’abrogazione tacita della norma.
A fortiori in presenza di una formulazione del motivo come nella specie altresì carente di autosufficienza (cfr., da ultimo, Cass., 23/6/2008, n. 17064).
Quanto al pure denunziato vizio di motivazione, a completamento della relativa esposizione esso deve indefettibilmente contenere la sintetica e riassuntiva indicazione: a) del fatto controverso; b) degli elementi di prova la cui valutazione avrebbe dovuto condurre a diversa decisione; c) degli argomenti logici per i quali tale diversa valutazione sarebbe stata necessaria (art. 366 bis c.p.c.).
Al riguardo, si è precisato che l’art. 366 bis c.p.c., rispetto alla mera illustrazione del motivo impone un contenuto specifico autonomamente ed immediatamente individuabile, ai fini dell’assolvimento del relativo onere essendo pertanto necessario che una parte del medesimo venga a tale indicazione “specificamente destinata” (v. Cass., 18/7/2007, n. 16002).
Orbene, nel caso il 2^ motivo non reca invero la “chiara indicazione” -nei termini più sopra indicati- delle “ragioni” del denunziato vizio di motivazione, inammissibilmente rimettendosene l’individuazione all’attività esegetica di questa Corte, a fortiori non consentita in presenza di formulazione come già più sopra osservato carente di autosufficienza.
I motivi si palesano pertanto privi dei requisiti a pena di inammissibilità richiesti dai sopra richiamati articoli, nella specie applicantisi nel testo modificato dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, essendo stata l’impugnata sentenza pubblicata successivamente alla data (2 marzo 2006) di entrata in vigore del medesimo”;
atteso che la relazione è stata comunicata al P.G. e notificata ai difensori delle parti costituite;
rilevato che la ricorrente ha presentato memoria;
considerato che il P.G. ha condiviso la relazione;
rilevato che a seguito della discussione sul ricorso tenuta nella Camera di consiglio il collegio ha condiviso le osservazioni esposte nella relazione, non infirmate dalle osservazioni dalla ricorrente esposte nella memoria, sostanziantesi nella dedotta idoneità del formulato quesito di diritto e nella “puntuale e schematica” indicazione “delle ragioni che inducono a ritenere che la motivazione della sentenza di appello sia insufficiente”;
considerato, con particolare riferimento al motivo ove viene denunziata violazione di legge, che come esposto nella relazione nel non osservare i requisiti richiesti dallo schema ivi delineato (al riguardo cfr. in particolare Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658;
Cass., Sez. Un., 5/1/2007, n. 36), il quesito di diritto risulta invero nella specie non riferibile alla fattispecie o comunque assolutamente generico, e pertanto sfornito di collegamento tale da consentire, in base alla sua sola lettura (v. Cass., Sez. Un., 27/3/2009, n. 7433; Sez. Un., 14/2/2008, n. 3519; Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658; Cass., 7/4/2009, n. 8463), di individuare la soluzione adottata dalla sentenza impugnata e di precisare i termini della contestazione (cfr. Cass., Sez. Un., 19/5/2008, n. 12645;
Cass., Sez. Un., 12/5/2008, n. 11650; Cass., Sez. Un., 28/9/2007, n. 20360), e di poter circoscrivere la pronunzia nei limiti del relativo accoglimento o rigetto (cfr., Cass., Sez. Un., 26/03/2007, n. 7258);
osservato che la ricorrente nella memoria ex art. 378 c.p.c., indica invero elementi circostanziali non presenti invero nel quesito di diritto recato dal ricorso, e che sarebbero stati viceversa utili al fine di connotarlo in termini di specificità e riferibilità al caso concreto di specie;
considerato che la formulazione del quesito di diritto di cui all’art. 366 bis c.p.c., non può comunque ritenersi integrata con la memoria ex art. 380 bis c.p.c. (quand’anche non sia scaduto il termine per impugnare), ostandovi il principio della consumazione dell’impugnazione con la presentazione del primo ricorso (v., da ultimo, Cass., Sez. Un., 10/9/2009, n. 19444; e già Cass., 24/6/2008, n. 17246);
considerato che l’inidonea formulazione del quesito di diritto equivale alla relativa omessa formulazione, in quanto nel dettare una prescrizione di ordine formale la norma incide invero anche sulla sostanza dell’impugnazione, imponendo al ricorrente di chiarire con il quesito l’errore di diritto imputato alla sentenza impugnata in relazione alla concreta fattispecie (v. Cass., 7/4/2009, n. 8463;
Cass. Sez. un., 30/10/2008, n. 26020; Cass. Sez. un., 25/11/2008. n. 28054), (anche) in tal caso rimanendo invero vanificata la finalità di consentire a questa Corte il miglior esercizio della funzione nomofilattica sottesa alla disciplina del quesito introdotta con il D.Lgs. n. 40 del 2006 (cfr., da ultimo, Cass. Sez. un., 10/9/2009, n. 19444);
ritenuto che il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile;
considerato che non è peraltro a farsi luogo a pronunzia in ordine alle spese del giudizio di cassazione, non avendo l’intimata svolto attività difensiva.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile.
Così deciso in Roma, il 5 novembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 26 gennaio 2010