Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.1406 del 26/01/2010

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 19670/2008 proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

G.A., in qualità di titolare della Ditta “L.S.S. di A. Giammaria”, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLE QUATTRO FONTANE 10, presso lo studio dell’avvocato CIARDO DANIELA,(studio Ghia), rappresentato e difeso dall’avvocato D’IPPOLITO Armando, giusta mandato a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 75/2007 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di BARI del 15/05/07, depositata il 29/05/2007;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 05/11/2009 dal Consigliere Relatore Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;

è presente il P.G. in persona del Dott. RENATO FINOCCHI GHERSI.

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO Considerato che è stata depositata in cancelleria relazione del seguente tenore:

“Con sentenza del 29/5/2007 la Commissione Tributaria Regionale della Puglia respingeva il gravame interposto dall’Agenzia delle entrate Bari ***** nei confronti della pronunzia della Commissione Tributaria Provinciale di Bari di accoglimento dell’opposizione spiegata dal contribuente Sig. G.A. in relazione ad avvisi di recupero di crediti d’imposta relativi agli anni d’imposta 2001 e 2002.

Avverso la suindicata pronunzia del giudice dell’appello il Ministero dell’economia e delle finanze e l’Agenzia delle entrate propongono ora ricorso per cassazione, affidato ad unico motivo, con il quale denunziano difetto di motivazione su punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Resiste con controricorso il G..

Il ricorso dovrà essere dichiarato inammissibile, in applicazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, art. 366 bis c.p.c. e art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5.

L’art. 366 bis c.p.c., dispone che allorquando si denunzia vizio di motivazione, a completamento della relativa esposizione il motivo deve indefettibilmente contenere la sintetica e riassuntiva indicazione: a) del fatto controverso; b) degli elementi di prova la cui valutazione avrebbe dovuto condurre a diversa decisione; c) degli argomenti logici per i quali tale diversa valutazione sarebbe stata necessaria (art. 366 bis c.p.c.).

Al riguardo, si è precisato che l’art. 366 bis c.p.c., rispetto alla mera illustrazione del motivo impone un contenuto specifico autonomamente ed immediatamente individuabile, ai fini dell’assolvimento del relativo onere essendo pertanto necessario che una parte del medesimo venga a tale indicazione specificamente destinata (v. Cass., 18/7/2007, n. 16002).

Orbene, nel caso avuto riguardo alla parte ove si denunzia vizio di motivazione il ricorso non reca la chiara indicazione – nei termini più sopra indicati – delle ragioni del denunziato vizio di motivazione, inammissibilmente rimettendosene l’individuazione all’attività esegetica di questa Corte, a fortiori non consentita in presenza di formulazione come nella specie altresì carente di autosufficienza.

Il motivo si palesa pertanto privo dei requisiti a pena di inammissibilità richiesti dai sopra richiamati articoli, nella specie applicantisi nel testo modificato dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, essendo stata l’impugnata sentenza pubblicata successivamente alla data (2 marzo 2006) di entrata in vigore del medesimo”;

atteso che la relazione è stata comunicata al P.G. e notificata ai difensori delle parti costituite;

rilevato che i ricorrente non ha presentato memoria, nè vi è stata richiesta di audizione in Camera di consiglio;

considerato che il P.G. ha condiviso la relazione;

rilevato che a seguito della discussione sul ricorso tenuta nella Camera di consiglio il collegio ha condiviso le osservazioni esposte nella relazione, dovendo in ogni caso osservarsi che, diversamente da quanto affermato nell’impugnata sentenza e come questa Corte ha invero già avuto modo di precisare, gli avvisi di recupero di crediti di imposta illegittimamente compensati, oltre ad avere una funzione informativa dell’insorgenza del debito tributario, costituiscono manifestazioni della volontà impositiva da parte dello Stato al pari degli avvisi di accertamento o di liquidazione, e come tali sono impugnabili innanzi alle Commissioni tributarie, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, anche se emessi anteriormente all’entrata in vigore della L. n. 311 del 2004, che ha espressamente annoverato l’avviso di recupero quale titolo per la riscossione di crediti indebitamente utilizzati in compensazione (cfr. Cass., 3/2/2009, n. 4968), e che l’interesse in capo al contribuente destinatario a ricorrere alla tutela del giudice tributario avverso tutti gli atti adottati dall’ente impositore, con l’esplicazione delle concrete ragioni (fattuali e giuridiche) che la sorreggono, al fine di ottenere una pronunzia idonea ad acquistare effetti non più modificabili che accerti la sua posizione in ordine alla pretesa tributaria (art. 100 c.p.c.), insorge invero al momento non già dell’adozione dell’atto amministrativo da parte dell’A.F. bensì solamente al momento della relativa ricezione (cfr. Cass., 8/10/2007, n, 21045 e, conformemente, Cass., 18/11/2008, n. 27385);

ritenuto che il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile;

considerato che le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento, in solido, delle spese del giudizio di Cassazione, che liquida in complessivi Euro 2.200,00, di cui Euro 2.000,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 5 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 26 gennaio 2010

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