Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.1411 del 26/01/2010

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – rel. Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 16351/2008 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI N. 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

A.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DI TRASONE 8/12, presso lo studio dell’avvocato FORGIONE Ciriaco, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato ROMANO ANTONIO, giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 137/2006 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DI MILANO, dell’1/12/06, depositata il 24/04/2007;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 19/11/2009 dal Consigliere Relatore Dott. CAMILLA DI IASI;

udito per il controricorrente l’Avvocato Forgiane Ercole (delega Forgione Ciriaco) che si riporta agli scritti;

è presente il P.G. in persona del Dott. RICCARDO FUZIO che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.

IN FATTO E IN DIRITTO 1. L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione nei confronti di A.P. (che resiste con controricorso) e avverso la sentenza n. 131/27/06, depositata il 24-04-07, con la quale, in controversia concernente impugnazione di avviso di accertamento per Iva, Irpef e Irap relativo al 2000, la C.T.R. Lombardia, in accoglimento del ricorso del contribuente, dichiarava che nella specie era intervenuto condono ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 7.

2. Contrariamente a quanto ritenuto dal controricorrente, il ricorso è ammissibile con riguardo alla dedotta mancanza di una manifestazione di volontà del direttore dell’Agenzia delle Entrate di volersi avvalere della rappresentanza processuale (nella specie facoltativa) dell’Avvocatura, posto che tale volontà assume rilevanza giuridica all’esterno solo attraverso il rilascio di una procura, ma nella specie, secondo la giurisprudenza di legittimità, in caso di rappresentanza processuale facoltativa degli enti pubblici da parte dell’Avvocatura dello Stato, non è necessario che l’ente rilasci una specifica procura all’Avvocatura medesima per il singolo giudizio, risultando applicabile anche a tale ipotesi, a norma del R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 45, la disposizione dell’art. 1, comma 2, del R.D. cit., secondo cui gli avvocati dello Stato esercitano le loro funzioni innanzi a tutte le giurisdizioni ed in qualunque sede senza bisogno di mandato (v. SU n. 23020 del 2005 e Cass. n. 11227 del 2007.

Premesso che, secondo la recente giurisprudenza di legittimità, la relazione ex art. 380 bis c.p.c., è priva di valore vincolante e ben può essere disattesa dall’organo giudicante, ossia dal collegio in camera di consiglio, che mantiene pieno potere decisorio – da esprimere anche sulla scorta dei rilievi contenuti nelle memorie di parte e della discussione orale – (v., SU n. 7433 del 2009), il collegio ritiene che l’unico motivo di ricorso (col quale la ricorrente deduce violazione o falsa applicazione della L. n. 289 del 2002, art. 7, comma 3, lett. c, rilevando che nella specie i giudici d’appello avevano errato nell’escludere che la mera consegna del p.v.c. all’interessato fosse ostativa alla definizione) sia da ritenere ammissibile per idoneità del quesito formulato.

Il motivo in esame è da ritenersi inoltre fondato, alla luce della giurisprudenza di questo giudice di legittimità, la quale (pronunciandosi in riferimento all’accertamento con adesione ma esprimendo un principio valevole anche con riguardo alla L. n. 289 del 2002) ha affermato che il riferimento, contenuto nel D.L. n. 564 del 1994, art. 3, come modificato dal D.L. n. 345 del 1995, art. 1, alla notificazione del processo verbale di constatazione, quale fatto ostativo alla definizione, non esclude che la fattispecie impeditiva possa realizzarsi anche attraverso la mera consegna del processo verbale all’interessato; la relativa attestazione, infatti, costituendo prova ufficiale di tale adempimento, è idonea a soddisfare le esigenze di certezza sottese alla forma speciale prescritta affinchè il contenuto dell’atto sia portato a conoscenza dell’interessato, non valendo, in contrario, il riferimento alle modalità previste per l’atto di accertamento, per il quale non sono prescritte forme di comunicazione preliminari o alternative alla notifica (v. Cass. n. 24913 del 2005).

Il ricorso deve essere pertanto accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio ad altro giudice che provvedere a decidere la controversia facendo applicazione del principio sopra esposto.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese a diversa sezione della C.T.R. Lombardia.

Così deciso in Roma, il 19 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 26 gennaio 2010

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