LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PAPA Enrico – Presidente –
Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –
Dott. PARMEGGIANI Carlo – rel. Consigliere –
Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –
Dott. MELONCELLI Achille – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 16829-2005 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente –
F.O.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 37/2004 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di PARMA, depositata il 18/05/2004;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/12/2009 dal Consigliere Dott. CARLO PARMEGGIANI;
lette le conclusioni scritte dal P.M. in persona del SOSTITUTO PROCURATORE GENERALE Dott. DE NUNZIO Wladimiro, con cui si chiede che la Corte Suprema di Cassazione, in camera di consiglio accolga il ricorso con le conseguenti determinazioni.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
F.O., dottore commercialista, impugnava innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Parma il silenzio-rifiuto della Amministrazione in ordine alla istanza di rimborso delle somme versate a titolo di IRAP per gli anni 1998 e 1999.
La Commissione respingeva il ricorso, ritenendo che il contribuente fosse dotato di autonoma organizzazione.
Appellava il contribuente, e la Commissione Tributaria Regionale della Emilia-Romagna con sentenza n. 37/55/04 in data 27-4-2004, depositata in data 18-5-2004, accoglieva il gravame, dichiarando legittima la richiesta di rimborso.
Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione la Agenzia delle Entrate, con due motivi.
Il contribuente non svolge attività difensiva.
Il P.G. conclude per la manifesta fondatezza del ricorso, ex art. 375 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la Agenzia deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2 e 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Sostiene l’Ufficio che la Commissione ha errato nel ritenere che le attività di lavoro autonomo siano assoggettabili ad IRAP solo quando non siano svolte da professionisti iscritti in appositi albi, sul rilievo della essenzialità dell’apporto personale del professionista in ordine alla attività espletata, che non potrebbe mai essere surrogata da una struttura organizzativa, che pertanto non potrebbe mai acquisire carattere di autonomia.
Ad avviso dell’Ufficio, tale tesi è in contrasto con la lettera e lo spirito della legge istitutiva dell’IRAP, anche in relazione alla pronuncia n. 156/2001 della Corte Costituzionale, risolvendosi in una abrogazione tacita parziale della normativa, che risulterebbe inapplicabile per la intera categoria di professionisti sopra citata.
Con il secondo motivo, deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 662 del 1996, art. 3, comma 144, D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2, 3, 8, 27 e 36, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.
Sostiene a tale proposito che la legge assoggetta all’imposta, in via di principio, coloro che esercitano attività libero-professionale, e quindi non esiguità di mezzi per lo svolgimento della attività, oltre che, come sopra, su una asserita prevalenza delle capacità personali rispetto alla struttura organizzativa. In sostanza, ad avviso dell’Ufficio, il requisito della “autonoma organizzazione” vale ad escludere dalla applicazione della imposta solo alcune categorie di soggetti, quali i collaboratori che svolgono attività coordinata e continuativa, facenti parte di una organizzazione diretta da altri, rimanendo sottoposti ad imposizione tutti gli esercenti arti e professione, a prescindere dalla natura e tipo della organizzazione di cui dispongono. Il primo motivo è palesemente fondato.
E’ infatti principio consolidato che in tema di IRAP la esistenza di una autonoma organizzazione, che costituisce il presupposto per l’assoggettamento ad imposizione dei soggetti esercenti arti o professioni indicati nel D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 49, comma 1, postula che la attività abituale ed autonoma del contribuente si avvalga di una organizzazione dotata di un minimo di autonomia che potenzi ed accresca la sua attività produttiva; non è invece necessario che la struttura organizzata sia in grado di funzionare in assenza del titolare, nè assume alcun rilievo, ai fini della esclusione di tale presupposto, la circostanza che l’apporto del titolare sia insostituibile per ragioni giuridiche o perchè la clientela si rivolga alla struttura in considerazione delle sue particolari capacità. (v. Cass. n. 5001 del 2007;
Cass. n. 3677/2007). Ne consegue che la motivazione della sentenza impugnata, che fonda la esenzione del professionista dall’IRAP sulla essenzialità dell’apporto dello stesso nello svolgimento della attività, non sostituibile da una struttura organizzativa, è affetta dal contestato vizio di violazione di legge.
Il secondo motivo è invece infondato, in quanto l’assunto dell’Ufficio prescinde completamente dal requisito dell’autonomia della organizzazione, presumendola in capo ad ogni esercente arte o professione, per il solo fatto di svolgere una attività in proprio.
A tale proposito, deve citarsi la recente pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte, n. 12111 del 2009, secondo cui in tema di IRAP il professionista “è escluso dalla imposta soltanto qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata. Il requisito della autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al Giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente a) sia sotto qualsiasi forma, il responsabile della organizzazione, e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità od interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio della attività in assenza di organizzazione oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui. Costituisce onere del contribuente, che chieda il rimborso della imposta asseritamente non dovuta, dare la prova della assenza delle predette condizioni”.
Alla stregua delle espresse considerazioni, che si condividono, la sussistenza del presupposto impositivo (il carattere di autonomia della organizzazione) deve quindi essere sempre valutata in concreto, e non può quindi essere presunta in forza di considerazioni astratte di carattere generale.
In relazione all’accoglimento del primo motivo, la sentenza deve essere cassata, e rinviata per nuovo esame a diversa sezione della Commissione Regionale della Emilia Romagna, che applicherà i principi sopra esposti e provvederà anche sulla spese di questa fase di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, respinge il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, a diversa sezione della Commissione Tributaria Regionale della Emilia-Romagna.
Così deciso in Roma, il 18 dicembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 26 gennaio 2010