Corte di Cassazione, sez. III Civile, Sentenza n.1520 del 26/01/2010

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI NANNI Luigi Francesco – Presidente –

Dott. PETTI Giovanni Battista – rel. Consigliere –

Dott. URBAN Giancarlo – Consigliere –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

Dott. LANZILLO Raffaella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 25689-2005 proposto da:

ZELLSTOFF POLS AKTIENGESELLSCHAFT società di diritto ***** in persona dei propri legali rappresentanti Dott. K.M. e Ing.

H.R., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LAZIO 20-C, presso lo studio dell’avvocato COGGIATTI CLAUDIO, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati DASSI ANNA, SARDO GAETANO con procura speciale del Notaio Dott.DIETER NEUWIRTH in POLS il 10/10/2005;

– ricorrente –

contro

UNIONE SARDA SPA in persona del Presidente Dott. Z.S., elettivamente domiciliata in ROMA, LARGO TONIOLO 6, presso lo studio dell’avvocato MORERA UMBERTO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato RACUGNO GABRIELE con delega a margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

ARBATAX 2000 SPA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 257/2004 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI, emessa il 14/05/2004; depositata il 14/07/2004; R.G.N. 566/2002;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 29/10/2009 dal Consigliere Dott. GIOVANNI BATTISTA PETTI;

udito l’Avvocato GAETANO SARDO; udito l’Avvocato GABRIELE RACUGNO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GOLIA AURELIO che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La presente lite deriva da due distinti atti di citazione, proposti dalla spa Unione Sarda nei confronti della società ZELLSTOFF P.A.G. con sede in *****, in relazione alla prestazione di una garanzia, derivante da un contratto concluso il 17 aprile 1996 dal direttore e legale rappresentante della Unione sarda, che aveva garantito la società austriaca, fornitrice di cellulosa, in relazione a fatture scadute e non pagate dalla società Arbatax. La società fornitrice con due diffide comunicate alla debitrice Arbataz ed alla Unione quale garante, aveva chiesto il pagamento dei relativi importi, e la Unione provvedeva a citare con due distinti atti la società austriaca chiedendo lo accertamento della nullità del contratto di fideiussione omnibus alla luce del testo novellato dell’art. 1938 c.c., e deduceva che in ogni caso le parti ne avevano concordato la risoluzione nel corso del dicembre 1996 (come da documentazione allegata). L’Unione non estendeva il contraddittorio al debitore Arbataz.

La Zellstoff si costituiva, dapprima contestando la giurisdizione italiana, quindi accettava il contraddittorio e la competenza del tribunale adito e chiedeva il rigetto delle domande sul rilievo che il rapporto di garanzia era qualificabile come patronage, ed in via riconvenzionale chiedeva la condanna della Unione al pagamento delle somme richieste in moneta nazionale o in equivalente in lire, oltre ulteriori danni.

2. Il Tribunale di Cagliari, con sentenza del 23 ottobre 2001 così decideva:

– dichiara la mancata instaurazione del rapporto processuale nei confronti della soc. ARBATAX 2000;

– dichiara la nullità del contratto di fideiussione, di cui alla lettera del 17 aprile 1996;

– rigetta la domanda riconvenzionale;

– compensa le spese di lite.

3. Contro la decisione ha proposto appello la ZELLSTOFF, sulla base di tre motivi, chiedendo la riforma della decisione; ha resistito la Unione Sarda chiedendo il rigetto del gravame.

4. La Corte di appello di Cagliari con sentenza del 14 luglio 2004, ha rigettato l’appello compensando tra le parti le spese processuali.

E’ da precisare che la Corte dì appello ha considerato esistente il contraddittorio unicamente tra l’appellante Zellstoff e l’appellata Unione, sul rilievo della mancata instaurazione del rapporto processuale con la Arbatax verso la quale nessuna delle due parti in lite ha preso conclusioni o iniziative di chiamata in lite.

5. Contro la sentenza della Corte di appello propone ricorso per cassazione la detta ZELLSTOFF sulla base di tre motivi illustrati da memoria, resiste la Unione sarda con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

6. Il ricorso non merita accoglimento in ordine ai dedotti motivi, i quali, per chiarezza espositiva, vengono interpretati e sinteticamente descritti come segue:

nel primo e nel secondo motivo, che il ricorrente finisce con il trattare congiuntamente, si deduce dapprima il vizio della motivazione, contraddittoria e insufficiente su punti decisivi, e quindi gli errores in iudicando su tali punti, per la violazione delle norme codificate in tema di clausole contrattuali (art. 1333 c.c.) trattative contrattuali (art. 1337 c.c.), conoscenza delle cause di invalidità (art. 1338 c.c.) e art. 1933 c.c. (lapsus calami) e art. 1938 c.c. per la disciplina del rapporto o la configurazione della fattispecie come fideiussione o come garanzia atipica (patronage).

Tali motivi vengono poi argomentati (da ff 19 a ff 32 del ricorso) con una ricostruzione delle vicende tra le parti e la proposta interpretativa della qualificazione del rapporto in termini di garanzia atipica di patronage, con il richiamo a precedenti di questa Corte (ff 24 del ricorso in particolare); si procede quindi a censurare la interpretazione che i giudici del merito hanno dato alla lettera del 17 aprile 1996 (motivo poi sviluppato come terzo) e si sostiene che al rapporto comunque non si applica l’art. 1938 c.c. neppure in via analogica (senza dar conto di precedenti), infine si deduce come erronea la esclusione data dai giudici in ordine alla responsabilità precontrattuale della Unione, che ben poteva informare la controparte in ordine alla invalidità della garanzia prestata.

Nel terzo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 1362 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 come error in iudicando, sempre con riguardo alla interpretazione del “contratto” in relazione ad uno schema negoziale disposto da una parte italiana e recepito dalla controparte austriaca sulla base di una atipicità che avrebbe dovuto condurre alla qualificazione di una fideiussio indemmitatis.

Nel quarto motivo si deduce ancora l’error in iudicando per la violazione dell’art. 1367 c.c. per sostenere la tesi che in relazione alle obbiettive incertezze in merito alla natura giuridica ed alla qualificazione del rapporto, doveva prevalere il principio della sua conservazione e non quella della invalidazione per nullità. (ff. 34 del ricorso).

Così riassunti e interpretati i motivi, comparandoli ai tre motivi già svolti in sede di appello, si osserva che essi ne costituiscono una sostanziale ripetizione, e che la Corte di appello ha già dato esaurienti e corrette risposte alle censure oggi nuovamente all’esame.

I primi due motivi, proprio per l’esposizione congiunta, disvelano le difficoltà della linea difensiva del ricorrente, che non riesce a rendere l’autonomia e la specificità del singolo mezzo di impugnazione, come è richiesto dalla configurazione generale dei motivi di ricorso (cfr. art. 360 c.p.c. e cfr. Cass. 26 gennaio 2004 n. 1317 e Cass. 19 gennaio 2005 n. 1063 tra le significative). Il giudizio per cassazione, affermano congiuntamente dottrina e giurisprudenza consolidata, è giudizio a critica vincolata, delimitato e vincolato dai motivi di ricorso, la cui elencazione non è soltanto tassativa, ma specifica, per cui ciascun motivo deve essere dotato di autonomia e di autosufficienza.

Orbene, prima ancora di determinare la insufficienza motivazionale, il ricorrente avrebbe dovuto dedurre e dar conto della errata qualificazione giuridica del rapporto, mentre il primo motivo denuncia confusamente e la responsabilità precontrattuale (che avvince la buona fede di entrambe le parti) ed una norma, quella dell’art. 1938 c.c. nel testo novellato (dalla L. n. 154 del 1992, n. 154, art. 10), che pur essendo inserita nella disciplina tipica dello istituto della fideiussione, introduce un principio generale di garanzia e di ordine pubblico economico, suscettibile di valenza generale anche per le garanzie personali atipiche e tra queste quelle di patronage ed è relativa ad una norma che presuppone un contratto in essere ma con obbligazione o clausola condizionale nulla per contrarietà a precetto imperativo. Ed in vero la delimitazione della obbligazione condizionale futura con la previsione, in questo ultimo caso, dello importo massimo garantito, è stata introdotta dal legislatore italiano in adesione agli artt. 85 e 86 del trattato CEE, come chiarito dalla stessa Corte di Giustizia CEE con la sentenza 21 gennaio 1998 (nelle cause riunite C 216/96 e 216/96), di guisa che il legislatore italiano, con la novellazione del 1992 ha aderito alla conformazione della normativa italiana alle superiori regole comunitarie derivanti dal trattato. (Cfr. anche Cass. 13 aprile 2000 n. 4801 e 9 marzo 2005 n. 5166). Sulla base di tali puntualizzazioni mentre il vizio denunciato di insufficiente motivazione risulta all’evidenza inammissibile, poichè privo di una chiara autosufficienza in ordine al contesto motivazionale della Corte di appello (cfr. ff 19 a 25, con particolare riferimento al ff 23 per la valutazione della condotta extraprocessuale delle parti), il vizio per error in iudicando risulta infondato in ordine alla inesattezza ed inconferenza delle censure: vuoi perchè la società austriaca aveva una vasta esperienza internazionale e bilaterale in ordine alle garanzie atipiche con lettera di patronage, vuoi perchè ha accettato la disciplina sostanziale del rapporto, secondo le regole del diritto vigente italiano, che includeva, si ripete, il principio generale di garanzia del limite dello importo massimo di legge. Non senza rilevare che, contrariamente all’assunto del ricorrente, i giudici dell’appello, sulla base del contesto probatorio e delle condotte (ff. 23 della motivazione) correttamente riconducono la fattispecie negoziale sotto la figura tipica di una fideiussione, di guisa che la regola dello art. 1938 è stata applicata come regola iuris, direttamente e senza alcun ricordo alla analogia.

Inammissibile il motivo per vizio della motivazione, infondato il motivo per error in iudicando.

Assorbito il terzo motivo, per le ragioni anzidette, posto che correttamente è stata presa in considerazione la volontà delle parti contraenti, dotate di alta professionalità e assistenza giuridica per la stipula di rapporti economici di elevata consistenza patrimoniale.

Infondato ed assorbito anche il quarto motivo, posto che la Corte di appello ha deciso senza incertezze di merito, come si evince dalla chiara ed esaustiva motivazione (ff. 23 in fine della sentenza).

Al rigetto del ricorso segue la condanna della ricorrente alla rifusione delle spese del grado, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente ZELSTOFF in favore della resistente Unione Sarda spa, alla rifusione delle spese di questo giudizio di cassazione, che liquida in Euro 12.200,00 di cui Euro 12.000,00 per onorari oltre accessori e spese generali come per legge.

Così deciso in Roma, il 19 ottobre 2009.

Depositato in Cancelleria il 26 gennaio 2010

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