LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI NANNI Luigi Francesco – rel. Presidente –
Dott. FEDERICO Giovanni – Consigliere –
Dott. AMATUCCI Alfonso – Consigliere –
Dott. URBAN Giancarlo – Consigliere –
Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 14072/2005 proposto da:
E.G. *****, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LUDOVISI 35, presso lo studio dell’avvocato LAURO Massimo, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato MANENTI ROBERTA giusta delega a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
SIGNORELLI EDOARDO & C. S.A.S. ***** in persona del legale rappresentante S.E., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA UGO BARTOLOMEI 23, presso lo studio dell’avvocato IVELLA Enrico, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato BENDINELLI PAOLO giusta delega a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 449/2004 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, SEZIONE AGRARIA, emessa il 5/3/2004, depositata il 24/05/2004, R.G.N. 1673/2003;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 18/12/2009 dal Consigliere Dott. LUIGI FRANCESCO DI NANNI;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. ABBRITTI Pietro, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. La sas Signorelli Edoardo & C.,proprietaria di un fondo agricolo in Comune di ***** per averlo acquistato da M.A., con ricorso del 18 febbraio 2002 ha chiesto al tribunale di Bergamo, sezione specializzata agraria, di dichiarare che E.G. non era affittuario del suo fondo.
Il convenuto si è costituito nel giudizio ed ha resistito alla domanda, dichiarando di avere diritto alla conduzione del fondo in forza di contratto di affitto stipulato l’8 aprile 1998 con M. A..
2. Il tribunale ha accolto la domanda ed ha condannato lo E. al rilascio del fondo.
3. La Corte di appello di Brescia, sezione specializzata agraria, con sentenza del 24 maggio 2004, ha confermato la decisione, dichiarando lo E. semplice detentore.
In particolare, la Corte ha ritenuto che la proposta contrattuale dello E., priva della indicazione della durata, si doveva considerare fatta per la durata legale di cinque anni e che essa non corrispondeva al quella indicata dalla M., la quale si era dichiarata disposta all’affitto solo per un anno, ed ha dichiarato che il contratto di affitto non si era mai perfezionato, perchè la proposta contrattuale sostanzialmente non era stata accettata dall’altra parte.
Secondo la Corte di Brescia si doveva anche escludere che il contratto di affitto si fosse perfezionato per la durata di un solo anno, giacchè l’assunto non trovava riscontro in causa.
4. E.G. ha proposto ricorso per cassazione, illustrato con memoria.
La sas Signorelli Edoardo & C. ha resistito con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il ricorso, affidato a cinque motivi di censura, è rigettato in base alle considerazioni di seguito indicate.
2. E.G., con i primi quattro motivi, addebita alla sentenza impugnata una serie di errori, tutti riconducibili alla violazione degli artt. 1326, 1339, 1366, 1367, e 1419 cod. civ., ed all’omessa insufficiente motivazione su punto decisivo della controversia.
Il ricorrente sostanzialmente afferma che dagli atti di causa si doveva trarre la conclusione dell’avvenuta stipulazione in suo favore di un contratto di affitto agrario con l’originaria proprietaria del fondo M.A. della durata di quindici anni; contratto opponibile alla Società Signorelli, nuova proprietaria del fondo.
I motivi non sono fondati.
2.1. E’ necessario premettere che nel sistema vigente la violazione o la falsa applicazione di legge ha carattere descrittivo e rispecchia i tipi delle violazioni che possono inficiare il giudizio di diritto, il quale si articola in due momenti, logicamente distinti, concernenti, il primo, la ricerca e l’interpretazione della norma regolatrice il caso concreto, il secondo, l’applicazione di essa al caso concreto.
Con riferimento al primo momento, il vizio investe immediatamente la regola di diritto, giacchè può risolversi nel negare o nell’affermare, rispettivamente, una norma esistente o non esistente, ovvero nell’attribuire alla norma un contenuto che non ha, con riferimento alla fattispecie o al precetto in essa delineato.
Con riferimento al secondo momento, l’errore di diritto solo apparentemente è limitato alla vicenda concreta, perchè o consiste nell’assumere il singolo caso in una norma che non gli si addice, perchè questa contempla una fattispecie diversa, oppure perchè riguarda gli effetti che il giudice collega al paradigma normativo prescelto, nel senso particolare che, pur avendo correttamente individuato e interpretato la norma applicabile, trae da questa conseguenze diverse da quelle che essa consente, perciò adottando statuizioni errate.
Da questi principi si ricava che:
a) il vizio di falsa applicazione della legge si risolve in un giudizio sul fatto contemplato dalla norma di diritto applicabile al caso concreto. La denuncia di questo vizio deve avvenire mediante la specifica indicazione dei punti della sentenza impugnata, che si assumono essere in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse, forniti dalla giurisprudenza di questa Corte e/o della dottrina prevalente (Cass. 11 aprile 2000, n. 8153), confrontati con i motivi per i quali si chiede la cassazione, i quali devono avere i caratteri della specificità, della completezza e della riferibilità alla decisione impugnata (Cass. 11 giugno 2003, n. 9371, esemplificativamente;
b) il vizio è diverso da quello dell’incongruità della motivazione, la quale comporta un giudizio sulla ricostruzione del fatto giuridicamente rilevante;
c) tra i due momenti non vi possono essere giustapposizioni .
2.2. Nella specie, i quattro motivi che si stanno esaminando non rispondono a questi principi, perchè sotto l’apparente denuncia di violazione di legge, in realtà si risolvono in una non consentita richiesta di ricostruire la volontà della parti, con il risultato che è valido per il solo fatto di corrispondere agli interessi del proponente.
3. Con l’ultimo motivo del ricorso è denunciata nuovamente violazione di legge e difetto di motivazione, sotto il profilo della mancata ammissione di prova testimoniale.
3.1. Il ricorrente si riferisce ad una sua richiesta di ritenere che il contratto di affitto si doveva considerare stipulato anche alle condizioni dettate dall’originaria proprietaria M.A., la quale si era dichiarata disposta all’affitto per un solo anno.
Egli sostiene che nella conclusioni dell’atto di appello aveva chiesto la nuova escussione di tale M.P. come teste sulla circostanza che egli aveva accettato che il contratto di affitto avesse la durata di un anno così come richiesto da sua sorella M.A. e si duole del fatto che la richiesta non è stata accolta con motivazione errata in diritto.
Anche questo motivo non è fondato.
3.2. Sulla formazione di un contratto di affitto della durata non superiore ad un anno la Corte di appello, tra i vari profili del rigetto della domanda di avvenuta stipulazione dell’affitto, ha ritenuto che valeva anche quello che, trattandosi di contratto in deroga alla disciplina legale, la stipulazione non poteva essere quella verbale.
3.3. Il ricorrente trascura totalmente questo profilo della decisione e si attarda a sostenere la tesi dell’avvenuta stipulazione verbale di un contratto di affitto della durata di un anno, la quale è in netto contrasto con la premessa del ragionamento della Corte, che è quello che alcuna stipulazione di contratto era consentita se fatto per la durata diversa da quella legale.
In questo senso la mancata ammissione della prova testimoniale, quindi, era pienamente giustificata.
4. In conclusione l’intero ricorso è rigettato.
Le spese di questo giudizio sono poste a carico del ricorrente in base alla regola della soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese di questo giudizio, che liquida in Euro 1.700,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre rimborso forfetario, spese generali ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 18 dicembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 26 gennaio 2010