LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente –
Dott. MENSITIERI Alfredo – Consigliere –
Dott. MALZONE Ennio – Consigliere –
Dott. GOLDONI Umberto – rel. Consigliere –
Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 295-2005 proposto da:
P.D. C.F. *****, M.M. C.F.
*****, PR.LU. C.F. *****, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA PAOLO ZACCHIA 7, presso lo studio dell’avvocato FAGETAN ANNA MARIA, rappresentati e difesi dall’avvocato GUIDA ANTONIO;
– ricorrenti –
contro
C.N. C.F. *****, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA BORGHESE 3, presso lo studio dell’avvocato CALANDRELLI VALENTINO, rappresentato e difeso dall’avvocato DEL RE UMBERTO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 626/2004 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositata il 03/09/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 03/12/2009 dal Consigliere Dott. UMBERTO GOLDONI;
udito l’Avvocato ANTONIO GUIDA difensore dei ricorrenti che ha chiesto si riporta alle conclusioni in atti già depositati;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CARESTIA ANTONIETTA, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso relativamente al primo motivo assorbiti gli altri.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto del 1988, P.D., M.M. e Pr.Lu. convenivano di fronte al pretore di Casalbordino C.N. assumendo di essere proprietari e possessori di due appezzamenti di terreno attigui alle loro case; stante che il C. aveva ottenuto una concessione edilizia per costruire in luogo del preesistente sottotetto, un appartamento posto a confine con le loro proprietà, in violazione delle disposizioni vigenti in materia di distanze, anche in relazione all’avvenuta realizzazione di nuove vedute, chiedevano, previo accertamento del loro pacifico possesso delle suddette aree, l’arretramento a mt. 10 dal loro fabbricato dell’opera in costruzione o quanto meno l’eliminazione della veduta e dell’apertura situate sul confine.
Il resistente, costituitosi, sosteneva la regolarità delle opere realizzate, anche in relazione al fatto che le aree in questione erano demaniali: l’adito Pretore non concedeva il richiesto provvedimento interinale e, successivamente, conclusa la fase di merito, con sentenza del 1999, rigettava la domanda.
Avverso tale decisione gli originari attori proponevano impugnazione, cui resisteva il C..
La Corte di appello de L’Aquila, con sentenza in data 11.11.2003/3.9.2004, dichiarata l’inammissibilità della produzione di una sentenza del tribunale di Vasto effettuata dagli appellanti solo con la comparsa conclusionale, rilevava che gli stessi avevano acquistato un immobile confinante per tre lati con strade demaniali (come risultava dal rogito relativo), avendo così consapevolezza della demanialità di tali fondi, nè la CTU aveva concluso in maniera diversa, come sostenuto dagli appellanti, atteso che il consulente aveva ritenuto che dal 1937 in poi le mappe catastali e gli atti pubblici contenevano la classificazione dei siti in questione come strade pubbliche. Quanto poi alla pretesa limitazione, da parte del resistente, della demanialità solo ad un tratto di cinque metri del sito de quo, nulla eccependo sul restante tratto di nove metri, la Corte abruzzese ha rilevato che erano state invece contestate in toto le pretese avversarie.
Per la Cassazione di tale sentenza ricorrono, sulla base di cinque motivi, illustrati anche con memoria, P.D., M.M. e Pr.Lu.; resiste con controricorso C.N..
MOTIVI DELLA DECISIONE
I primi tre motivi del ricorso devono essere esaminati congiuntamente, attese le reciproche implicazioni; con il primo di essi ci si duole sostanzialmente di violazione dell’art. 112 c.p.c., in ragione del fatto che la addotta demanialità del terreno adiacente alla striscia di terreno della larghezza di cinque metri era stata addotta esclusivamente per la lunghezza di metri cinque, mentre i restanti metri nove risultavano pacificamente in possesso della Pr.; a tale considerazione, la Corte abbruzzese sì era limitata a rispondere che le controparti avevano addotto la demanialità per l’intera lunghezza della striscia.
Con il secondo motivo, si lamenta in buone sostanza che non sarebbe stata affatto raggiunta la prova della demanialità dei terreni confinanti con le proprietà degli odierni ricorrenti, atteso che gli elementi addotti a tale fine risultavano inopponibili quanto meno ad una delle parti in causa e comunque insufficienti al fine, mentre il richiamo ad una CTU svolta in sede penale, appariva incongruo ed inconferente. Con il terzo mezzo, si adduce che la Corte territoriale avrebbe sostanzialmente omesso di prendere in esame le risultanze di sentenze che si sono occupate della vicenda ed hanno concluso per la esclusione della demanialità delle aree confinanti con i fondi dei ricorrenti.
Ovviamente, le articolate doglianze dei ricorrenti si imperniano sulla natura demaniale o meno delle zone destinate a strada pubblica che costeggiano le particelle di loro proprietà o in loro possesso e insistono per un verso sulla mancata o comunque assolutamente immotivata pronuncia che, relativamente alla striscia di terreno larga cinque metri e su cui sono state aperte una porta ed una finestra, si era limitata ad affermare che le controparti avevano assunto la demanialità dell’intera striscia di terreno e non di soli cinque metri di essa, e per altro verso, sulla carenza di prova relativamente alla assunta demanialità delle altre zone confinanti.
Il primo profilo merita accoglimento; anche in base alle risultanze della espletata CTU, emerge infatti, in maniera non revocabile in dubbio, che la sola particella ***** era confinante con strada comunale e quindi con terreno demaniale; a fronte della precisa allegazione degli odierni ricorrenti, secondo cui, per una lunghezza di metri nove, non era stata un alcun modo provata la natura demaniale del terreno confinante, la Corte distrettuale in realtà non ha fornito che una motivazione meramente apparente, essendosi limitata a rilevare che le controparti avevano sostenuta la demanialità dell’intera striscia confinante.
Tale asserzione, anche se in ipotesi rispondente al vero, è assolutamente inidonea a fondare la decisione assunta, atteso che la demanialità di un terreno non può essere certamente affermata sulla base di una dichiarazione di parte, ma soggiace a precise regole probatorie, nella specie, non verificate in alcun modo in concreto, per cui devesi concludere che la Corte territoriale ha sostanzialmente omesso di pronunciarsi al riguardo e che il relativo profilo dovrà essere esaminato in sede di rinvio. Come pure in sede di rinvio dovrà essere esaminata la tematica relativa alla effettiva valenza degli altri elementi utilizzati per pervenire alla declaratoria incidentale della demanialità degli altri terreni confinanti con le aree di cui gli odierni ricorrenti sono proprietari e/o possessori.
Il riferimento all’atto di compravendita dei terreni di cui sono proprietari i P., in cui si asserisce che detti terreni sono confinati con strade comunali, a parte la considerazione che un fatto del genere può, in ipotesi, operare nei soli confronti delle parti di quel rogito (e non quindi della Pr.), non riguarda certo anche le aree di cui gli stessi P. si assumono solo possessori e la cui individuazione, ai fini che ne occupano, non risulta essere stata affrontata specificamente nella sentenza impugnata. Anche il rilievo probatorio conferito al riguardo nella sentenza impugnata ad una CTU effettuata in sede penale, ed alle risultanze delle stessa, non appare sufficientemente approfondito, in ragione del fatto che, come non è contestato, il procedimento si concluse con una assoluzione e che non può certo dirsi che nel processo penale esistano parti nel senso di cui si parla in sede civile, per cui l’affermazione, che a quel processo avevano preso parte le stesse parti appare quanto meno imprecisa.
La stessa circostanza, contenuta nella CTU, secondo cui le aree predette dal 1937 erano catastalmente qualificate come demaniali, pur di rilievo, non appare sufficiente ad esaurire il problema, che andava esaminato anche alla luce di eventuali eventi successivi.
Resta il profilo afferente alle sentenze che in sede amministrativa e civile si sono occupate del profilo della demanialità e della eventuale valenza delle stesse nel presente procedimento, che va risolto alla luce del preminente principio secondo cui va in primo luogo stabilita la sussistenza o meno della pregiudizialità delle stesse rispetto al presente procedimento che il giudice del rinvio dovrà esaminare prima di affrontare l’ulteriore tematica relativa al se le dette sentenze siano state o meno correttamente richiamate e se fossero, e in che modo, eventualmente acquisibili al processo, e che risulta totalmente omessa.
In base alle pregresse argomentazioni, i primi tre motivi di ricorso devono essere accolti nei limiti di cui alle considerazioni svolte, e l’impugnata sentenza va cassata in relazione ai profili esaminati, con rinvio alla Corte di appello de L’Aquila in altra composizione;
ovviamente il quarto ed il quinto motivo risultano assorbiti, in ragione della pregnanza dei mezzi fin qui oggetto di esame; il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del presente procedimento per Cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie i primi tre motivi di ricorso, assorbiti gli altri.
Cassa e rinvia alla Corte di appello de L’Aquila in altra composizione.
Così deciso in Roma, il 3 dicembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 26 gennaio 2010