Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Sentenza n.1596 del 26/01/2010

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – rel. Presidente –

Dott. MONACI Stefano – Consigliere –

Dott. DI NUBILA Vincenzo – Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 19035/2006 proposto da:

MINISTERO DELL’INTERNO, MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona dei Ministri pro tempore, domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope legis;

– ricorrenti –

contro

I.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CARLO POMA 2, presso lo studio dell’avvocato ASSENNATO GIUSEPPE SANTE, che lo rappresenta e difende, giusta delega a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5861/2005 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 10/11/2005 R.G.N. 11123/03;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 10/12/2009 dal Consigliere Dott. ROSELLI Federico;

lette le conclusioni scritte dal Sostituto Procuratore Generale Dott. SGROI Carmelo, che ha concluso chiedendo che la Corte di Cassazione, visto l’art. 375 c.p.c., riunita in camera di consiglio, dichiari il ricorso manifestamente infondato, con le conseguenze di legge.

RITENUTO IN FATTO

che con sentenza del 10 novembre 2005 la Corte d’Appello di Roma confermava la decisione, emessa dal Tribunale di Velletri, di accoglimento della domanda proposta da I.A. contro Ministeri dell’interno e dell’economia e finanza onde ottenere una pensione di inabilità ed un’indennità di accompagnamento;

che contro questa sentenza ricorrono per cassazione i detti Ministeri mentre lo I. resiste con controricorso;

che il Pubblico Ministero ha chiesto il rigetto del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il primo motivo, con cui i ricorrenti lamentano essere stato condannato al pagamento delle spese processuali l’appellato vincitore, è inammissibile per difetto d’interesse, mentre la doglianza di essere stata sul punto un’ordinanza di correzione di errore materiale è inammissibile per genericità ossia per inosservanza dell’art. 366 cod. proc. civ., nn. 3 e 4;

che il secondo motivo è del pari inammissibile poichè la carenza di legittimazione passiva alla causa, con riguardo al Ministero dell’Economia, è stata dichiarata dalla Corte d’Appello, la quale ha osservato anche come nessuna condanna sia stata emessa contro quel Ministero;

che il terzo motivo è inammissibile poichè nessuno dei convenuti, ora ricorrenti, ha mai affermato che l’attore godesse di un reddito di suoi familiari, ed anzi nemmeno che avesse familiari;

che per la condanna alle spese il Collegio d’appello ha esattamente applicato il criterio della soccombenza, il quale vale anche per questo giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali in Euro 10,00, oltre ad Euro tremila/00 per onorario, più spese generali, IVA e CPA, complessivamente.

Così deciso in Roma, il 10 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 26 gennaio 2010

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