Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Sentenza n.1602 del 26/01/2010

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCIARELLI Guglielmo – Presidente –

Dott. MONACI Stefano – Consigliere –

Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere –

Dott. DI NUBILA Vincenzo – Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 4434/2008 proposto da:

ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO S.P.A. in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA G. VERDI 10, presso lo studio dell’ avvocato CHIARA TURCO, (c/o l’Ufficio della Funzione Affari Legali e Societari), che lo rappresenta e difende giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

M.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GERMANICO 172, presso io studio dell’avvocato PANICI PIER LUIGI, che lo rappresenta e difende, giusta mandato a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6408/2006 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 31/01/2007 r.g.n. 8837/04;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22/12/2009 dal Consigliere Dott. GIANFRANCO BANDINI;

udito l’Avvocato TURCO CHIARA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SEPE Ennio Attilio, che ha concluso per improcedibilità in subordine rigetto.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 27.9.2006 – 31.1.2007, la Corte d’Appello di Roma, pur accogliendo parzialmente il gravame proposto dall’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato spa nei confronti di M. G., confermò, per quanto qui ancora specificamente rileva, la sentenza di prime cure che aveva riconosciuto il diritto del M. al ricalcolo delle indennità di fine rapporto per effetto dell’inclusione nella base di calcolo del compenso per lavoro straordinario e dell’indennità carte valori, osservando al riguardo che la disciplina pattizia, anche con riferimento a quella di cui al CCNL del 1992 e successivi, non aveva derogato al criterio di calcolo legislativamente previsto. Avverso la suddetta sentenza della Corte territoriale l’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato spa ha proposto ricorso per cassazione fondato su un motivo e illustrato con memoria. L’intimato M.G. ha resistito con controricorso, eccependo preliminarmente la tardività dell’impugnazione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Secondo il condiviso orientamento di questa Corte, a seguito delle decisioni della Corte costituzionale n. 477 del 2002, nn. 28 e 97 del 2004 e n. 154 del 2005, circa il principio della scissione fra il momento del perfezionamento della notificazione per il notificante e per il destinatario, deve ritenersi che la notificazione si perfeziona nei confronti del notificante al momento della consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario, con la conseguenza che, ove tempestiva, quella consegna evita alla parte la decadenza correlata all’inosservanza del termine perentorio entro il quale la notifica andava effettuata e consente alla medesima parte notificante, una volta conosciuto il motivo dell’esito negativo della notificazione per causa indipendente dalla sua volontà, di procedere legittimamente, in un tempo ragionevole, alla sua rinnovazione nei confronti dell’avente diritto anche oltre il suddetto termine previsto per la proposizione dell’atto processuale (cfr, ex plurimis, Cass., n. 6360/2007).

Nel caso di specie, come evincibile ex actis (giusta le date indicate sui timbri cosiddetti cronologici apposti in calce al ricorso), la parte ricorrente consegnò l’atto da notificare all’Ufficiale Giudiziario il 29.1.2008 (nel rispetto quindi del termine annuale di cui all’art. 327 c.p.c. nel testo all’epoca vigente), provvedendo poi in tempo ragionevole (mediante riconsegna dell’atto all’Ufficiale Giudiziario in data 7.2.2008) alla rinnovazione della notifica a seguito dell’esito negativo della prima, determinato dall’avvenuto trasferimento del difensore domiciliatario del notificando.

Va quindi disattesa l’eccezione di tardività de ricorso svolta dal controricorrente.

2. Con l’unico motivo la parte ricorrente denuncia violazione del CCNL grafici del 1992, nonchè degli artt. 2120 e 1322 c.c., dolendosi che la Corte territoriale abbia ritenuto il diritto all’inclusione del compenso per lavoro straordinario nella base di calcolo ai fini del trattamento di fine rapporto anche dopo l’entrata in vigore del CCNL del 1992, in forza di un’erronea interpretazione degli artt. 21 e 34 di tale contratto, in particolare ritenendo che le parti collettive non avessero inteso derogare alle disposizioni di cui all’art. 2120 c.c., così come modificato dalla L. n. 297 del 1982.

3. Deve premettersi che, prevedendo l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 nel testo novellato dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 2 (applicabile ratione temporis alla presente controversia) il ricorso per cassazione anche per violazione o falsa applicazione dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro, in tali ipotesi questa Corte, analogamente a quanto già in precedenza stabilito in tema di interpretazione dei contratti collettivi nazionali di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 40, può procedere alla diretta interpretazione dei contratti, secondo i criteri di cui agli artt. 1362 e seg. c.c., procedendo all’esame dell’intero contratto ex art. 1363 c.c. e non delle sole clausole denunciate.

4. Deve preliminarmente affrontarsi la questione, sollevata dal PG e, comunque, rilevabile d’ufficio, inerente al deposito per intero dei contratti collettivi su cui il ricorso si fonda, essendosi la parte ricorrente limitata a riportare in ricorso il testo di alcuni articoli, o di loro parti, e di allegare al ricorso medesimo solo parti dei predetti contratti.

L’art. 369 c.p.c., comma 2, (nel testo attualmente vigente, applicabile nella presente controversia ratione temporis) recita che:

“Insieme con il ricorso debbono essere depositati sempre a pena di improcedibilità… 4) gli atti processuali, i documenti, i contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda”.

Questa Corte ha già avuto modo di osservare che tale norma impone alla parte un onere di produzione che ha per oggetto il contratto nel suo testo integrale (cfr, ex plurimis, Cass., n. 15495/2009), riferendosi ai “contratti o accordi collettivi” senza fornire alcun elemento che possa consentire di effettuare una produzione parziale, limitata a singole clausole, singoli articoli o parti di articoli del contratto, dovendo inoltre essere letta congiuntamente al disposto dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, laddove è previsto che il ricorso deve contenere “la specifica indicazione… dei contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda”.

Tale scelta legislativa è coerente con i principi generali dell’ordinamento, che non consentono a chi invoca in giudizio un contratto di produrre solo una parte del documento, nonchè con i canoni di ermeneutica contrattuale (art. 1362 e seg. c.c.) e, in particolare, con la regola di interpretazione complessiva delle clausole (art. 1363 c.c.), che implica la necessità di avere a disposizione il testo nella sua interezza.

Ne consegue che, nonostante l’avvenuta riproduzione nel ricorso delle disposizioni che regolano la materia per cui è causa, proprio la mancanza del testo integrale non consente di escludere che in altre parti del contratto vi siano disposizioni indirettamente rilevanti per l’interpretazione esaustiva dell’argomento trattato.

5. Il ricorso va dunque dichiarato improcedibile. La non ancora avvenuta formazione, al momento della proposizione del ricorso, di un preciso orientamento ermeneutico in ordine alla portata del disposto dell’art. 369 c.p.c., comma 2, consiglia la compensazione delle spese.

P.Q.M.

La Corte dichiara improcedibile il ricorso e compensa le spese.

Così deciso in Roma, il 22 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 26 gennaio 2010

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