Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Sentenza n.27944 del 31/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – rel. Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 22784/2015 proposto da:

A.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MAZZINI, 113, presso lo studio dell’avvocato BIANCA MARIA CASTOLDI, rappresentato e difeso dagli avvocati GIANDOLFO REDINI, ROBERTO ALLOTTA;

– ricorrente –

contro

CASSA NAZIONALE DI PREVIDENZA ED ASSISTENZA FORENSE, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DI VILLA PAMPHILI, 59, presso lo studio dell’avvocato MARIA SALAFIA, rappresentata e difesa dall’avvocato LEONARDO CARBONE, giusta delega in atti;

– controricorrente –

e contro

ASSOCIAZIONE CASSA NAZIONALE DEL NOTARIATO, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA FLAMINIA N. 160, presso lo studio dell’Avvocato ONOFRIO SPINOSO, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 154/2015 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 23/03/2015 R.G.N. 1166/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15/05/2018 dal Consigliere Dott. UMBERTO BERRINO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. VISONA’ Stefano, che ha concluso per inammissibilità, rigetto;

è comparso l’Avvocato A.R.;

udito l’Avvocato ONOFRIO SPINOSO udito l’Avvocato LEONARDO CARBONE.

FATTI DI CAUSA

Oggetto del presente ricorso è l’impugnazione della sentenza della Corte d’appello di Palermo n. 154/2015 con la quale è stata rigettata l’istanza di revocazione presentata dall’avv. A.R. avverso la sentenza n. 2940/2013 della stessa Corte territoriale, la quale aveva confermato la decisione del primo giudice di respingere la domanda del legale volta al riconoscimento del diritto alla retrodatazione dell’iscrizione alla Cassa Nazionale Forense fin dalla data di iscrizione all’Albo dei praticanti procuratori abilitati al patrocinio (18.2.1971) e – previa totalizzazione del riscatto degli anni universitari e di quelli di contribuzione alla predetta Cassa ed alla Cassa del Notariato – all’accertamento del diritto alla pensione di anzianità per il raggiungimento del requisito dei quarant’anni di contribuzione alla data del 10.2.2007.

La Corte territoriale ha osservato che nella fattispecie non era ravvisabile alcuna ipotesi di errore revocatorio e che era inammissibile il tentativo del ricorrente di introdurre per la prima volta nel giudizio la deduzione basata sul prolungamento dell’anzianità contributiva comprensiva del periodo 10.2.2007 – 17.7.2009 non costituente oggetto dell’accertamento inizialmente richiesto. Per la cassazione della sentenza propone ricorso A.R. con diciotto motivi, cui resistono con controricorso la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense e la Cassa Nazionale del Notariato.

Le parti depositano memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo il ricorrente lamenta la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, art. 118 disp. att. c.p.c., commi 1 e 2 e art. 111 Cost., comma 6 (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), assumendo che dalla lettura della sentenza non è dato comprendere in alcun modo quali sono le ragioni giuridiche in base alle quali la sua istanza di revocazione è stata rigettata.

2. Col secondo motivo, dedotto per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, art. 118 disp. att. c.p.c., commi 1 e 2 e art. 111 Cost., comma 6 (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), il ricorrente denunzia i predetti vizi in via subordinata, per l’eventualità che questa Corte dovesse ritenere che il primo motivo non rientri nel paradigma della nullità processuale, per cui lo ripropone sotto forma di violazione di legge.

3. Col terzo motivo, col quale si prospetta la nullità della sentenza per violazione dell’art. 24 Cost., il ricorrente lamenta che dalla lettura dell’impugnata sentenza non è dato comprendere se ci si trovi in presenza di un error in procedendo o di un error in iudicando, se siano state o meno violate norme di legge e, in caso positivo, per quali ragioni.

4. Col quarto motivo, col quale è denunziata la nullità della sentenza per violazione degli artt. 24 e 111 Cost., dei principi del giusto processo e dell’art. 101 c.p.c., comma 2 (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), si assume che la Corte territoriale non ha rispettato la procedura contemplata da quest’ultima norma di rito, nè le altre norme poste a garanzia del diritto di difesa, nel momento in cui, rilevando la superiore questione d’ufficio, non ha assegnato previamente alle parti alcun termine per il deposito di eventuali osservazioni.

5. Col quinto motivo, formulato per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), il ricorrente spiega che il presente motivo viene proposto per l’eventualità che la parte della sentenza impugnata, oggetto della prima censura, dovesse essere interpretata nel senso della mancata configurazione, nella fattispecie, del vizio revocatorio. In tal caso si denunzia l’omesso esame della fattispecie formativa di tutti i presupposti previsti dall’art. 395 c.p.c., n. 4 e del conseguente diritto del ricorrente all’invocata revocazione (in particolare era stato dedotto l’esercizio della professione di notaio fino al 2/2/2013).

6. Col sesto motivo, formulato per falsa applicazione dell’art. 395 c.p.c., n. 4 e art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), si contesta il fatto che la Corte territoriale ha negato la sussumibilità della fattispecie in esame nel disposto dell’art. 395 c.p.c., n. 4, rigettando di conseguenza la domanda di revocazione.

7. Il settimo motivo viene dedotto, in subordine, come denunzia di nullità dovuta a violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 e art. 395 c.p.c., n. 4 (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), nell’ipotesi in cui possa ritenersi che il precedente motivo abbia per oggetto la segnalazione di un error in procedendo.

8. Con l’ottavo motivo, proposto per violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 e art. 395 c.p.c., n. 4 (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), si assume che nella fattispecie era stata segnalata chiaramente l’ipotesi di reale travisamento del fatto in cui era incorsa la Corte di merito, per cui la medesima avrebbe dovuto ravvisare la sussistenza del vizio revocatorio ed accogliere la relativa domanda.

9. Col nono motivo il ricorrente lamenta l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), con riferimento al contenuto della sentenza n. 2940/2013 nella parte riguardante le ipotesi di iscrizione obbligatoria e facoltativa alla Cassa forense, cioè d’ufficio e su domanda.

10. Col decimo motivo, formulato per violazione dell’art. 2909 c.c. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), il ricorrente evidenzia che dalla lettura della sentenza n. 2940/2013 emergeva che egli aveva diritto all’iscrizione d’ufficio alla Cassa Forense sin dal 24.5.1973 (data in cui era stato iscritto all’Albo con la qualifica di procuratore legale) e che non vi era motivo alcuno per discostarsi da tale interpretazione letterale, anche perchè il diritto alla retrodatazione dell’iscrizione al 24.5.1973 costituiva un minus ricompreso nella domanda di retrodatazione della stessa al 18.2.1971, espressamente formulata. Quindi, essendo identici i soggetti e la causa petendi, il predetto minus costituiva oggetto della pronunzia n. 2940/2013, con la conseguenza che non avrebbe potuto essere disatteso il giudicato formatosi in ordine all’affermazione del diritto alla predetta retrodatazione.

11. Con l’undicesimo motivo il ricorrente sostiene di voler riproporre il precedente motivo come violazione dell’art. 2909 c.c. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) ove si ritenga che lo stesso non rientri nel paradigma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

12. Col dodicesimo motivo si denunzia la nullità della sentenza per violazione degli artt. 24 e 111 Cost., dei principi del giusto processo e dell’art. 101 c.p.c., comma 2 (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4) in relazione all’affermazione contenuta al rigo 25 di pagina 3 dell’impugnata sentenza in cui è testualmente scritto “pretesa retroattiva dell’iscrizione (il cui diritto è, peraltro, allo stato sub iudice)”. Si sostiene, in pratica, che tale affermazione è stata adottata dalla Corte territoriale d’ufficio senza l’assegnazione alle parti di un termine per il deposito di osservazioni attraverso le quali sarebbe stato possibile dimostrare che non era vero che la predetta questione era ancora sub iudice, perchè la citata sentenza n. 2940/2013 era già passata in giudicato su tale punto.

13. Col tredicesimo motivo, formulato per violazione dell’art. 324 c.p.c. e art. 329 c.p.c., u.c. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), il ricorrente asserisce che, come dimostrato col decimo motivo, la statuizione sul diritto alla predetta retrodatazione dell’iscrizione alla Cassa Forense non era stata impugnata dalle controparti, per cui la stessa era passata in giudicato.

14. Col quattordicesimo motivo, dedotto per violazione dell’art. 395 c.p.c., n. 4 (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), si assume che, anche se il diritto in questione fosse stato per ipotesi ancora sub iudice, la Corte territoriale non avrebbe potuto, comunque, esimersi dall’accertare il denunziato vizio revocatorio.

15. Col quindicesimo motivo il ricorrente deduce la nullità della sentenza per violazione dell’art. 395 c.p.c., n. 4 (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4) subordinatamente all’eventualità che questa Corte dovesse ritenere che il precedente motivo non rientri nel paradigma della violazione di legge.

16. Col sedicesimo motivo l’ A. denunzia l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), contestando la parte dell’impugnata sentenza in cui si è affermato che non poteva trovare ingresso nel giudizio, in quanto nuova, la questione concernente il prolungamento dell’anzianità contributiva attraverso l’inclusione del periodo lavorativo 10.2.2007 – 17.7.2009. Sostiene, al contrario, il ricorrente di aver già esposto, nel ricorso depositato il 12.4.2010, di esercitare ancora a quella data la professione di Notaio e di aver richiesto la condanna delle Casse convenute a corrispondergli gli importi della pensione a decorrere dalla domanda (20.7.2007).

17. Col diciassettesimo motivo si segnala la violazione dell’art. 112 c.p.c. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), per avere la Corte territoriale omesso di pronunziarsi sulla domanda di cui al precedente motivo che non poteva considerarsi nuova per le ragioni sopra esposte.

18. Col diciottesimo motivo, dedotto per violazione dell’art. 112 c.p.c. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), il ricorrente spiega di voler riproporre il precedente motivo come violazione di legge laddove questa Corte ritenga che lo stesso non rientri nel paradigma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

19. Osserva la Corte che i diciotto motivi, che per ragioni di connessione possono essere trattati congiuntamente, denotano evidenti profili di inammissibilità e di infondatezza, per cui il ricorso non può che essere rigettato.

Anzitutto, corre obbligo rilevare l’assoluta genericità dei motivi proposti ripetutamente in via subordinata, in quanto attraverso gli stessi il ricorrente si limita a prospettare sotto diversa forma le censure dedotte in via principale, senza spiegare, tuttavia, le ragioni specifiche per le quali la stessa questione dovrebbe intendersi denunziata in base ad un’ipotesi di asserita violazione alternativa, con la conseguenza che tali doglianze finiscono per tradursi in affermazioni apodittiche, oltre che lesive del principio di autosufficienza che contraddistingue il giudizio di legittimità.

Ma anche le censure prospettate in via principale difettano di autosufficienza, in quanto non sono rappresentate le ragioni specifiche per le quali la Corte d’appello si sarebbe discostata ed in quale maniera dall’applicazione delle norme richiamate, risolvendosi le stesse doglianze, in ultima analisi, in una inammissibile riproposizione dei motivi del gravame, già disattesi dalla Corte di merito con motivazione adeguata ed esente da rilievi di legittimità, in quanto priva di vizi logici e giuridici.

20. Quanto ai motivi attraverso i quali si contesta il rigetto dell’istanza di revocazione, si osserva, al contrario, che la Corte di merito ha ben illustrato le ragioni che portavano ad escludere la sussistenza nella fattispecie di un errore revocatorio, richiamando, al riguardo, la giurisprudenza di legittimità formatasi sul punto (in particolare v. Cass. sez. 1, n. 22080 del 26.9.2013 su individuazione dell’errore di fatto, quale motivo di revocazione della sentenza ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4, nelle ipotesi di falsa percezione di quanto emerge dagli atti direttamente con carattere di assoluta immediatezza e semplice e concreta rilevabilità, con esclusione di ogni apprezzamento in ordine alla valutazione in diritto delle risultanze processuali).

In concreto, l’appellante avrebbe avuto l’onere di impugnare la sentenza con la revocazione ordinaria ove l’asserito errore fosse dipeso da una falsa percezione della realtà ovvero da una svista obiettivamente ed immediatamente rilevabile, tale da indurre il giudicante ad affermare o supporre l’esistenza di un fatto decisivo, incontestabilmente escluso dagli atti e documenti, ovvero l’inesistenza di un fatto decisivo, risultato positivamente accertato dagli atti o dai documenti, senza coinvolgere in nessun modo l’attività valutativa del giudice di situazioni processuali esattamente percepite nella loro oggettività.

Ma nella fattispecie emerge chiaramente dall’impugnata sentenza che non poteva sussistere un’ipotesi di errore revocatorio a fronte della valutazione dell’oggetto della decisione rappresentato dalla pretesa dell’ A. al riconoscimento di efficacia della domanda di retrodatazione dell’iscrizione alla Cassa Forense ad onta dell’iscrizione d’ufficio operata dalla Cassa a far data dal 1980.

21. Oltretutto, la Corte territoriale ha esattamente rilevato l’infondatezza della domanda di revocazione anche sotto il profilo della deduzione in sede di appello di una nuova circostanza, quale quella del prolungamento dell’anzianità contributiva necessaria all’integrazione del requisito normativo, attraverso la comprensione di un periodo che non formava oggetto dell’accertamento inizialmente richiesto, mentre la revocazione di una sentenza, quale mezzo straordinario di impugnazione, postula che il tema della decisione resti circoscritto al petitum originariamente azionato.

22. Infine, è infondata la questione della prospettata esistenza di un giudicato sul diritto alla iscrizione alla Cassa Forense dal 24.5.1973, in quanto non solo una tale statuizione non è rinvenibile nella sentenza n. 2940/2013 oggetto di revocazione, ma quanto affermato dal ricorrente attraverso il decimo e l’undicesimo motivo è contraddetto proprio dal fatto che la Corte di merito ha escluso il diritto all’invocata retrodatazione.

23. In definitiva, il ricorso va rigettato.

Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza del ricorrente e vanno liquidate come da dispositivo.

Ricorrono i presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, per porre a carico del ricorrente il pagamento del contributo unificato come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento in favore di ognuna delle controricorrenti delle spese nella misura di Euro 2700,00, di cui Euro 2500,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 15 maggio 2018.

Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2018

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