Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.27946 del 31/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12707-2013 proposto da:

R.G., *****, T.A., *****, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA TIRSO 90, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI PATRIZI, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato CARLO PAOLESSI, giusta delega in atti;

– ricorrenti –

contro

I.N.P.S. ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F. *****, in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. – Società di Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S., C.F. *****, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati ANTONINO SGROI, DE ROSE EMANUELE, CARLA DALOISIO, LELIO MARITATO, giusta delega in atti;

– controricorrenti –

e contro

EQUITALIA SESTRI S.P.A. (oggi EQUITALIA NORD S.P.A.);

– intimata –

avverso la sentenza n. 1094/2012 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, depositata il 09/11/2012 r.g.n. 529/2012;

Il P.M. ha depositato conclusioni scritte.

RILEVATO

che:

1. con sentenza in data 9 novembre 2012, la Corte di Appello di Genova ha rigettato il gravame svolto da R.G. e T.A. avverso la decisione di primo grado, che aveva rigettato le opposizioni separatamente proposte avverso plurime cartelle di pagamento di somme per contributi previdenziali per la Gestione Commercianti;

2. la Corte territoriale riteneva dimostrata la sussistenza dei presupposti necessari ai fini della iscrizione dei predetti R. e T. nella Gestione Commercianti, in riferimento al periodo contestato, essendo emerso lo svolgimento di compiti operativi presso la s.r.l. Agras, della quale R. era presidente, ed amministratore, e T. amministratore (carica da quest’ultimo rivestita anche in numerose altre società), con partecipazione quotidiana al lavoro aziendale e in misura prevalente rispetto ad ogni altra;

3. per la Cassazione di tale decisione propongono ricorso R.G. e T.A., affidato a tre motivi, cui resiste l’INPS, in proprio e nella qualità di mandatario della S.C.C.I. s.p.a., con controricorso, ulteriormente illustrato con memoria;

4. Equitalia Sestri s.p.a., ora Agenzia delle Entrate Riscossione, è rimasta intimata;

5. il Procuratore generale ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

CONSIDERATO

che:

6. i ricorrenti, con i motivi di ricorso, deducono violazione di legge, omesso esame di un fatto decisivo, per avere la Corte di merito omesso ogni valutazione sulla sussistenza del requisito della prevalenza della presunta attività esecutiva rispetto agli altri fattori produttivi della società; omesso, altresì, di dare atto delle ragioni a fondamento del ragionamento decisorio e disatteso le testimonianze acquisite, nel senso dello svolgimento di attività meramente direttiva tipica degli amministratori, omissioni per le quali viene denunciata anche la nullità della sentenza; denunciano, infine, il mancato esame dell’attività svolta dagli amministratori ai fini della valutazione degli elementi distintivi tra attività di amministrazione e partecipazione all’attività esecutiva della società commerciale;

7. il ricorso è infondato alla luce dei numerosi precedenti di questa Corte (fra i tanti, Cass. 9 maggio 2017, n. 11242; Cass. 23 dicembre 2016, n. 26976; Cass. 28 novembre 2016, n. 24103) nei quali è stato chiarito che per il doppio onere occorre una coesistenza di attività riconducibili, rispettivamente, al commercio e all’amministrazione societaria e che la verifica della sussistenza dei requisiti di legge per tale coesistenza è compito del giudice di merito e deve essere effettuata in modo puntuale e rigoroso, indispensabile essendo che l’onere probatorio (gravante, secondo le ordinarie regole, sull’ente previdenziale, tenuto a provare i fatti costitutivi dell’obbligo contributivo, cfr., ex multis, Cass. 20 aprile 2002, n. 5763; Cass. 6 novembre 2009, n. 23600) venga compiutamente assolto;

8. in continuità con i recenti arresti indicati, i requisiti congiunti di abitualità e prevalenza dell’attività del socio di società a responsabilità limitata (l’onere della prova dei quali è a carico dell’INPS) sono da riferire all’attività lavorativa espletata dal soggetto considerato in seno all’impresa che costituisce l’oggetto della società, ovviamente considerata a prescindere dall’attività eventualmente esercitata in quanto amministratore, per la quale, semmai, ricorre l’obbligo dell’iscrizione alla gestione separata di cui alla L. n. 335 del 1995, in modo che sia assicurato alla gestione commercianti il socio di società a responsabilità limitata che si dedica abitualmente e prevalentemente al lavoro in azienda, indipendentemente dal fatto che il suo apporto sia prevalente rispetto agli altri fattori produttivi (naturali, materiali e personali) dell’impresa (v., fra le tante, Cass. 17 luglio 2017, n. 17639 e numerose successive conformi);

9. nel caso di specie, con valutazione in fatto insindacabile in questa sede di legittimità, la Corte territoriale ha accertato la partecipazione pressochè quotidiana dei due soci amministratori al lavoro aziendale, in misura prevalente rispetto ad ogni altra, con ciò riconoscendo i presupposti per la doppia iscrizione;

10. quanto alle plurime censure per omesso esame di un fatto decisivo, vale ribadire, con le Sezioni unite della Corte, sentenza 7 aprile 2014, n. 8053, che, alla stregua del novellato vizio di motivazione, applicabile ratione temporis, l’omesso esame di elementi istruttori non integra di per sè il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, benchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie;

11. in sede di legittimità non è data ora (come del resto non era altrimenti data allora, vigente il testo precedente dell’art. 360 c.p.c., n. 5) la possibilità di censurare che la prova di un dato fatto sia stata tratta o negata dall’apprezzamento o dalla obliterazione di un determinato elemento istruttorio, atteso che una tale critica ha ad oggetto non già un fatto storico, ma la stessa attività di valutazione del corredo probatorio, che solo al giudice di merito compete;

12. inoltre, con orientamento consolidato, questa Corte afferma che i verbali ispettivi fanno piena prova, fino a querela di falso, dei fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti, ivi compresa l’esistenza e provenienza delle dichiarazioni raccolte a verbale ma non anche delle valutazioni dell’ispettore o dei fatti non percepiti direttamente ma affermati dall’ispettore in base ad altri fatti (cfr., fra le tante, Cass. 11 maggio 2016, n. 9632);

13. del pari consolidato è il principio per cui i verbali redatti dai funzionari degli enti previdenziali e assistenziali o dell’Ispettorato del lavoro fanno piena prova dei fatti che i funzionari stessi attestino avvenuti in loro presenza, mentre, per le altre circostanze di fatto che i verbalizzanti segnalino di avere accertato, il materiale probatorio è liberamente valutabile e apprezzabile dal giudice, il quale può anche considerarlo prova sufficiente, qualora il loro specifico contenuto probatorio o il concorso d’altri elementi renda superfluo l’espletamento di ulteriori mezzi istruttori (cfr., fra le tante, Cass. 22 febbraio 2005, n. 3525; v., sulla insindacabilità, in sede di legittimità, del peso probatorio di alcune testimonianze rispetto ad altre, in base al quale il giudice di secondo grado sia pervenuto ad un giudizio logicamente motivato Cass. 10 giugno 2014, n. 13054);

14. il ricorso va rigettato;

15. le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo; non si provvede alla regolazione delle spese per la parte che non ha svolto attività difensiva;

16. la circostanza che il ricorso sia stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013 impone di dar atto dell’applicabilità del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1,comma 17 (sulla ratio della disposizione si rinvia a Cass., Sez. U., 17 ottobre 2014, n. 22035 e alle numerose successive conformi).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 200,00 per esborsi, Euro 5.000,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del /2002, art. 13,comma 1-quater, dichiara sussistenti i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso ex art. 13,comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 23 maggio 2018.

Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2018

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