LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –
Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –
Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –
Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –
Dott. CALAFIORE Daniela – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 12656-2013 proposto da:
I.N.P.S. ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F. *****, in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. Società di Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S. C.F. *****, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati ANTONINO SGROI, DE ROSE EMANUELE, CARLA DALOISIO, LELIO MARITATO, giusta delega in atti;
– ricorrenti –
contro
P.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ANTONIO GRAMSCI 9, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO MARTINO, rappresentata e difesa dall’avvocato GIOVANFRANCESCO CONFORTI, giusta delega in atti;
– controricorrente –
e contro
EQUITALIA SUD S.P.A.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 1081/2012 della CORTE D’APPELLO di SALERNO, depositata il 06/11/2012 R.G.N. 164/2011.
RILEVATO
che:
la Corte d’Appello di Salerno rigettando, con sentenza n. 1081 del 2012, l’appello proposto dall’INPS anche quale mandatario della S.C.C.I. s.p.a. nei confronti di Equitalia ETR s.p.a e di P.A., avverso la sentenza del Tribunale della stesse sede, ha confermato l’accoglimento della opposizione a cartella esattoriale, proposta dalla stessa P., avente ad oggetto contributi, somme aggiuntive ed accessori dovuti alla Gestione Commercianti, in ragione dell’iscrizione d’ufficio da parte dell’Istituto ai sensi della L. n. 662 del 1996, art. 1, commi 202 e 203;
la Corte territoriale ha ritenuto fondata l’eccezione della parte opponente relativa alla circostanza che la società An.Pa.Ca & c. s.a.s., di cui la stessa P. era accomandataria, aveva ad oggetto esclusivo la locazione di un unico bene immobile, per cui non era svolta alcuna attività d’impresa ma di mero godimento dell’unico bene immobile;
avverso tale sentenza l’INPS ricorre per cassazione con unico articolato motivo con il quale denunzia la violazione e/o falsa applicazione della L. 22 luglio 1966, n. 613, art. 1, della L. 27 novembre 1960, n. 1397, art. 1, così come modificato dalla L. n. 662 del 1996, in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., n. 3;
P.A. resiste con controricorso illustrato da memoria;
Equitalia sud s.p.a. (già Equitalia ETR s.p.a.) è rimasta intimata.
CONSIDERATO
Che:
il motivo di ricorso risulta fondato sulla pretesa di desumere l’obbligo di iscrizione alla gestione commercianti da elementi di carattere meramente presuntivo, che (come osservato già da questa Corte di legittimità da ultimo con Cass. n. 17643 del 2016) non rilevano sul piano previdenziale e che non scalfiscono la validità della “ratio decidendi” della sentenza impugnata che è correttamente incentrata sulla rilevata insussistenza dello svolgimento di un’attività commerciale da parte della P., essendo stato ben evidenziato che quest’ultima si limitava a riscuotere i canoni dell’immobile di proprietà della s.a.s. An.Pa.Ca, cioè a goderne i frutti;
in concreto, secondo il condiviso ragionamento dei giudici d’appello, si trattava di un’attività che non era finalizzata alla prestazione di servizi in favore di terzi, nè ad atti di compravendita o di costruzione, per cui la stessa non esorbitava da quella che era la semplice gestione dell’immobile concesso in locazione;
che, infatti, il presupposto per l’iscrizione alla gestione commercianti è lo svolgimento da parte dell’interessato di attività commerciale, che nella specie non risulta;
quanto alla gestione assicurativa degli esercenti attività commerciali e del terziario, la disciplina previgente è stata modificata dalla L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 1, comma 203 che così sostituisce la L. 3 giugno 1975, n. 160, art. 29,comma 1: “L’obbligo di iscrizione nella gestione assicurativa degli esercenti attività commerciali di cui alla L. 22 luglio 1966, n. 613, e successive modificazioni ed integrazioni, sussiste per i soggetti che siano in possesso dei seguenti requisiti: a) siano titolari o gestori in proprio di imprese che, a prescindere dal numero dei dipendenti, siano organizzate e/o dirette prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti la famiglia, ìvi compresi i parenti e gli affini entro il terzo grado, ovvero siano familiari coadiutori preposti al punto di vendita; b) abbiano la piena responsabilità dell’impresa ed assumano tutti gli oneri ed i rischi relativi alla sua gestione e tale requisito non è richiesto per i familiari coadiutori preposti al punto di vendita nonchè per i soci di società a responsabilità limitata; c) partecipino personalmente al lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza; d) siano in possesso, ove previsto da leggi o regolamenti, di licenze o autorizzazioni e/o siano iscritti in albi, registri e ruoli”;
quindi il presupposto imprescindibile è che per l’iscrizione alla gestione commercianti vi sia un esercizio commerciale, la gestione dello stesso come titolare o come familiare coadiuvante o anche come socio di s.r.l che abbia come oggetto un esercizio commerciale (v. in tal senso Cass. sez. 6 – Lav., Ordinanza n. 3145 del 2013; Cass. n. 12981 del 2018; Cass. 27376 del 2016) e tale presupposto non ricorre nella specie come descritta in fatto dalla sentenza impugnata, contraddistinta dallo svolgimento della sola attività di riscossione dei canoni di un solo immobile concesso in locazione;
va, quindi, esclusa la ricorrenza dell’attività a cui la legge ricollega l’obbligo di iscrizione e il versamento di contribuzione alla gestione commercianti, a prescindere da ogni considerazione sulla attività prevalente ed in definitiva il ricorso va rigettato;
le spese di lite del presente giudizio seguono la soccombenza del ricorrente e vanno liquidate come da dispositivo;
ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 11, comma 1-bis.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 1500,00 per compensi, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, spese forfettarie nella misura del 15% e spese accessorie di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, il 23 maggio 2018.
Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2018