Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Sentenza n.27949 del 31/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 10107-2013 proposto da:

ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA GIORNALISTI ITALIANI GIOVANNI AMENDOLA INPGI C.F. *****, in persona del legale rappresentante pro tempore elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA COLA DI RIENZO 69, presso lo studio dell’avvocato BRUNO DEL VECCHIO, che lo rappresenta e difende giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

PERIODICI SAN PAOLO S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA G MAZZINI 27, presso lo studio dell’avvocato STUDIO TRIFIRO’ & PARTNERS AVVOCATI, rappresentata e difesa dagli avvocati PAOLO ZUCCHINALI, GIACINTO FAVALLI giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1244/2012 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 17/04/2012 R.G.N. 10915/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 05/06/2018 dal Consigliere Dott. DANIELA CALAFIORE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. VISONA’ STEFANO che ha concluso per l’inammissibilità o in subordine rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato DEL VECCHIO BRUNO;

udito l’Avvocato ZUCCHINALI PAOLO.

FATTI DI CAUSA

1. A seguito di un accertamento ispettivo conclusosi in data 5 marzo 2007, l’Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti Italiani “Giovanni Amendola” (INPGI) chiese ed ottenne un decreto ingiuntivo nei confronti della Periodici San Paolo s.r.l. per il pagamento di contributi previdenziali e somme aggiuntive relativi alle somme erogate dalla società a tre lavoratori a titolo d’ incentivazione all’esodo per complessivi Euro 378.045,00. Il decreto fu opposto dalla debitrice dinanzi al Tribunale di Roma che, con sentenza del 18 giugno 2010, rigettò l’opposizione.

2. La Periodici San Paolo s.r.l. propose quindi appello e, con sentenza depositata in data 17 aprile 2012, la Corte d’appello di Roma lo ha accolto, accogliendo altresì l’opposizione e revocando il decreto ingiuntivo opposto. La Corte territoriale, per quel che rileva in questa sede, ha dissentito dal ragionamento del Tribunale, il quale, sulla base dei documenti esaminati, aveva affermato che le erogazioni fatte ai lavoratori, tutti giornalisti, non costituivano reali incentivi all’esodo, non essendo legati al rapporto di lavoro in via meramente occasionale, per cui mantenevano il collegamento funzionale con il predetto rapporto di lavoro e la natura retributiva. Ad avviso della Corte il testuale ed univoco riferimento nel verbale di conciliazione sindacale intercorso con il dipendente S. e sui prospetti paga di M. e C., all’incentivo all’esodo ed alla integrazione indennità di anzianità non obbligatoria, erano rimaste imputazioni non superate dalla prova del loro carattere fittizio che avrebbe dovuto fornire INPGI; pertanto le dette somme non potevano che essere escluse dalla retribuzione imponibile.

3. Contro la sentenza, INPGI propone ricorso per cassazione fondato su di un unico ed articolato motivo, a cui resiste con controricorso la Società. Le parti hanno depositato memorie ex art. 378 cod. proc. civ..

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico complesso motivo di ricorso, INPGI denuncia la violazione e falsa applicazione della L. n. 153 del 1969, art. 12 e dell’art. 2697 cod. civ., nonchè insufficiente ed illogica motivazione circa un fatto decisivo e controverso per il giudizio che ravvisa nell’aver ritenuto provata la natura di incentivo all’esodo delle somme erogate ai lavoratori, trascurando la stretta correlazione dell’erogazione in oggetto con il rapporto di lavoro di ciascuno dei dipendenti.

2. Il ricorrete lamenta che la Corte territoriale, sul presupposto che tutti i dipendenti si fossero dimessi a condizione di ricevere l’erogazione in parola, abbia fatto riferimento esclusivo, per il S., al verbale di conciliazione sindacale del 30 settembre 2002 ove l’erogazione della somma era giustificata con l’indicazione dell’occasione della cessazione anticipata del rapporto di lavoro ed a titolo di incentivazione all’esodo, e, per M. e C., alla dicitura apposta alle buste paga che si riferiva alla voce “integrazione indennità di anzianità non obbligatoria”. Con ciò lasciando ad una scelta delle parti del rapporto di lavoro, salva la prova a carico dell’Istituto della natura fittizia della imputazione, la concreta esclusione delle somme erogate dalla base contributiva. La Corte, ad avviso del ricorrente, esclusa la rilevanza della effettiva volontà delle parti, avrebbe dovuto procedere ad un doveroso accertamento della riconducibilità delle erogazioni di cui si discute ad un titolo autonomo e diverso, distinto dal rapporto di lavoro, che giustifichi la corresponsione con onere della prova a carico del datore di lavoro in applicazione della L. n. 153 del 1969 e successive modifiche, art. 12, comma 1, ai sensi del D.Lgs. n. 314 del 1997, che era stato interpretato autenticamente dalla legge del primo giugno 1991 (non ulteriormente indicata dal ricorrente), e degli artt. 1,46 e 48 del TUIR.

3. Il motivo è infondato.

4. Questa Corte di cassazione (Cass. n. 3685 del 17 febbraio 2014; n. 13057 del 2016) ha di recente avuto occasione di precisare che il D.L. n. 173 del 1988, art. 4, comma 2 bis convertito nella L. n. 291 del 1988 (in vigore fino al 31.12.1007), prevede che: “La disposizione recata nel comma 2, n. 3, del testo sostitutivo di cui alla L. 30 aprile 1969, n. 153, art. 12, va interpretata nel senso che dalla retribuzione imponibile sono escluse anche le somme corrisposte in occasione della cessazione del rapporto di lavoro, al fine di incentivare l’esodo dei lavoratori.

5. Tale disposizione ha il dichiarato fine di favorire l’esodo del lavoratori eccedentari, fine che può essere conseguito sia con l’uscita simultanea dì un gran numero dì lavoratori dall’azienda sia con l’uscita in tempi diversi di uno o più lavoratori. Essa è stata successivamente riprodotta dal D.Lgs. 2 settembre 1997, n. 314, art. 6, comma 1, che, nel sostituire la L. n. 153 del 1969, art. 12, così ha disposto: “Sono esclusi dalla base imponibile le somme corrisposte in occasione della cessazione del rapporto di lavoro al fine di incentivare l’esodo dei lavoratori, nonchè quelle la cui erogazione trae origine dalla predetta cessazione, fatta salva l’imponibilità dell’indennità sostitutiva del preavviso.

6. La giurisprudenza di questa Corte attraverso le pronunce citate, dopo aver dato atto della presenza di un primo proprio orientamento (v. Cass. maggio 2002 n. 6663), secondo cui il presupposto della norma è costituito dall’essere interessati all’esodo una pluralità di lavoratori il cui posto di lavoro non è esposto al rischio della precarietà e che proprio per questa ragione devono essere incentivati a dimettersi attraverso la corresponsione di una gratifica, e di un secondo diverso indirizzo, (Cass. 18 maggio 1999 n. 4811; Cass. 3 aprile 2004 n. 6607) secondo cui è irrilevante se la cessazione del rapporto riguardi un singolo dipendente ovvero la simultanea uscita di un gran numero di lavoratori dall’azienda, ha confermato il precedente costituito da Cass., 13 dicembre 2004, n. 23230, secondo cui rientrano tra le somme che ai sensi del D.L. n. 173 del 1988, art. 4, comma 2 bis, convertito nella L. n. 291 del 1988, vanno escluse dalla retribuzione imponibile in quanto corrisposte in occasione della cessazione del rapporto di lavoro, al fine di incentivare l’esodo dei lavoratori, non solo quelle conseguite con un apposito accordo per l’erogazione dell’incentivazione, anteriore alla risoluzione del rapporto, ma tutte le somme che risultino erogate in occasione della cessazione del rapporto di lavora ai fini di incentivare l’esodo, potendo risultare ciò sia da una indicazione in tal senso nell’atto unilaterale di liquidazione delle spettanze finali, sia da elementi presuntivi (in tal senso, da ultimo, Cass., 15 maggio 2015, n. 10046; n. 1037 del 2016).

7. Può, quindi, affermarsi che la esclusione dalla imposizione contributiva delle somme erogate al fine di agevolare la risoluzione del rapporto di lavoro deriva dalla espressa previsione della legge, con la conseguenza che, contrariamente alla tesi prospettata in ricorso, non può pretendersi, da parte del debitore dell’obbligo contributivo, la prova della autonomia, rispetto al rapporto lavorativo, della causa della erogazione di cui si discute.

8. Piuttosto, può essere contestata la reale natura di incentivo all’esodo dell’erogazione delle somme ed in tal caso, fermo restando che spetta a chi invochi la detta ricorrenza fornire la relativa prova trattandosi di ipotesi di limitazione dell’obbligo contributivo, è attraverso l’accertamento condotto nel giudizio di merito che va risolta la questione.

9. La sentenza impugnata, dopo aver interpretato in maniera conforme ai principi appena enunciati la L. n. 153 del 1969, art. 12 con apprezzamento tipicamente fattuale delle risultanze istruttorie, ha osservato che, dal tenore delle dimissioni condizionate alla erogazione in parola oltre che dal contenuto testuale dell’accordo transattivo e delle indicazioni dei prospetti paga circa la causale della erogazione dell’importo, doveva ritenersi chiara ed effettiva la natura di compenso finalizzato ad incentivare la cessazione dei rapporti di lavoro della erogazione di cui si discute. Tale evidenza, ad avviso della Corte territoriale, non è stata in alcun modo attaccata dalle difese dell’Istituto mentre sarebbe stato suo onere, contrastando l’accertamento derivante dall’oggettivo riferimento delle parti alla comune volontà di incentivare la risoluzione dei rapporti che è effettivamente seguita alla erogazione, provare che tale assetto negoziale non fosse reale ma solo fittizio.

10. Ciò è coerente con i principi affermati da questa Corte di legittimità secondo cui in materia di contributi previdenziali, sul fatto costitutivo dell’obbligazione contributiva non può in alcun modo incidere la volontà negoziale, che regoli diversamente l’obbligazione stessa o risolva con un contratto di transazione la controversia relativa al rapporto di lavoro, precludendo alle parti il relativo accertamento giudiziale (Cass. n. 3685 del 2014 cit.).

11. Si è in presenza, in definitiva, di una tipica valutazione fattuale che, essendo sufficientemente e non contraddittoriamente motivata non è sindacabile in sede di legittimità, non essendo qui consentito il riesame di questioni di merito.

12. In conclusione il ricorso deve essere rigettato, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, come in dispositivo. Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 4000,00 per compensi, oltre ad Euro 200,00 per esborsi; spese forfettarie nella misura del 15% e spese accessorie di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1, quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 5 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2018

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