LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BALESTRIERI Federico – Presidente –
Dott. DE GREGORIO Eduardo – Consigliere –
Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –
Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –
Dott. CINQUE Guglielmo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 2335-2014 proposto da:
M.M.B., ***** elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MARIO CARTARO 5, presso lo studio dell’Avvocato SABRINA TANGARI, unitamente all’Avvocato SANTO DELFINO dal quale è rappresentata e difesa giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
POSTE ITALIANE SPA, *****, in persona del legale rapp.te pt, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE EUROPA 175, presso la Direzione Affari Legali di Poste Italiane spa, unitamente all’Avvocato STELLARIO VENUTI, che la rappresenta e difende giusta delega in atti;
– controricorrente –
avverso la sentenza R.G.N. n. 1752/2013 della CORTE D’APPELLO di REGGIO CALABRIA, depositata il 07/11/2013; R.G.N. 472/2012.
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/07/2018 dal Consigliere Dott. GUGLIELMO CINQUE.
RILEVATO
che la Corte di appello di Reggio Calabria, in parziale riforma della pronuncia n. 1048/2012 resa dal Tribunale della stessa città, ha dichiarato cessata la materia del contendere in relazione alla pretesa azionata in prime cure da M.M.B. nei confronti di Poste Italiane spa, diretta ad ottenere la corresponsione dal mese di maggio 2003 in poi, di alcuni trattamenti economici retributivi (assegni n. 71 e 72 mensili), per la quale il giudice di 1 grado aveva dichiarato l’inammissibilità per pregresso giudicato esterno;
che con la stessa sentenza la Corte di merito, applicando il criterio della soccombenza virtuale, aveva confermato la regolamentazione delle spese di lite del primo grado e ha condannato la M. anche al pagamento di quelle del secondo grado;
che avverso tale decisione la predetta M.M.B. ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un motivo;
che Poste Italiane spa ha resistito con controricorso;
che il P.G. non ha formulato richieste scritte.
CONSIDERATO
che, con l’unico motivo di il ricorso per cassazione, si censura la violazione e falsa applicazione dell’art. 324 c.p.c. e art. 2909 c.c., per avere la Corte di merito erroneamente ravvisato, seppure ai soli fini della determinazione delle spese, l’esistenza di un pregresso giudicato esterno quando era di tutta evidenza che nel precedente giudizio, conclusosi con la sentenza n. 555/2005, non era stato svolto alcun accertamento in ordine alla situazione giuridica o alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative alla domanda proposta in quanto quest’ultima era stata ritenuta carente della causa petendi; vertendosi, pertanto, in una ipotesi di rigetto della domanda in rito, non poteva ravvisarsi, sulla sottesa questione, alcun bis in idem;
che il ricorso va dichiarato inammissibile: invero, è stato più volte affermato (cfr. Cass. 23.6.2017 n. 15737; Cass. 11.2.2015 n. 2617), con un principio cui si intende dare seguito, che, nel giudizio di legittimità, il principio della rilevabilità del giudicato esterno deve essere coordinato con l’onere di autosufficienza del ricorso, sicchè la parte ricorrente che deduca il suddetto giudicato deve, a pena di inammissibilità del ricorso, riprodurre in quest’ultimo il testo integrale della sentenza che si assume passata in giudicato, non essendo a tal fine sufficiente il richiamo a stralci di motivazione;
che corollario del suddetto principio è quello secondo il quale l’interpretazione del giudicato esterno può essere effettuata anche direttamente dalla Corte di Cassazione, con cognizione piena, nei limiti però in cui il giudicato sia riprodotto nel ricorso per cassazione, in favore del principio di autosufficienza di questo mezzo di impugnazione, con la conseguenza che, qualora l’interpretazione che abbia dato il giudice di merito sia ritenuta scorretta, il ricorso deve riportare il testo del giudicato che si assume erroneamente interpretato, con richiamo congiunto della motivazione e dal dispositivo, atteso che il solo dispositivo non può essere sufficiente alla comprensione del comando giudiziale (cfr. Cass. 8.3.2018 n. 5508);
che, con riguardo a quanto ora precisato, anche il ricorso introduttivo in relazione al quale è stata poi adottata la sentenza di cui si contesta o si sostiene la sussistenza del giudicato esterno, acquista rilevanza quale elemento di fatto che consente di controllare la decisività del vizio dedotto, atteso che l’astensione per il giudice dalla ricerca del testo completo di atti processuali non ha finalità sanzionatorie ma trova fondamento nell’esigenza di evitare il rischio di un soggettivismo interpretativo essendo solo del ricorrente la responsabilità della redazione dell’atto introduttivo;
che, nel caso in esame, la M. non ha assolto all’onere di riportare il testo integrale sia dell’originario ricorso che della sentenza n. 555/2005 (e del conseguente iter processuale), divenuta poi irrevocabile a seguito di appello dichiarato improcedibile con decisione confermata dalla Corte di Cassazione, per cui non ha rispettato il principio di autosufficienza che regola il ricorso per cassazione;
che alla stregua di quanto esposto il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile;
che alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna della ricorrente, secondo il principio della soccombenza, alla rifusione delle spese del presente giudizio di legittimità;
che, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, M., nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti, come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella adunanza camerale, il 17 luglio 2018.
Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2018