LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Antonio – Presidente –
Dott. D’ANTONIO Enrica – rel. Consigliere –
Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –
Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –
Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 8460/2013 proposto da:
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.
***** in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A.
Società di Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S. C.F. *****, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CESARE BECCARIA N. 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati ANTONINO SGROI, EMANUELE DE ROSE, CARLA D’ALOISIO, LELIO MARITATO, giusta delega in atti;
– ricorrenti –
contro
C.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PAOLO FRISI 18, presso lo studio dell’avvocato VINCENZO MASCOLO, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati MAURIZIO BALDOLI, UBERTA CACCIA DOMINIONI, giusta delega in atti;
– controricorrente –
e contro
EQUITALIA NORD S.P.A. (già Equitalia Esatri s.p.a.);
– intimata –
avverso la sentenza n. 307/2012 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 20/03/2012 R.G.N. 728/2009.
CONSIDERATO IN FATTO
1. La Corte d’appello di Milano ha confermato la sentenza del Tribunale di accoglimento dell’opposizione proposta da C.R., amministratore unico della soc Cinehollywood avente ad oggetto la produzione e il commercio di programmi home-video, avverso le cartelle esattoriali notificate su istanza dell’Inps per il pagamento dei contributi relativi alla gestione commercianti per il periodo 1998/2005.
A fondamento della decisione la Corte d’appello ha ritenuto che il socio amministratore di una società a responsabilità limitata è tenuto all’iscrizione nella gestione commercianti soltanto qualora sia in possesso di tutti i requisiti previsti dalla L. n. 160 del 1975, art. 29, come modificato dalla L. n. 662 del 1996, e cioè partecipi personalmente al lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza e che nella specie risultava che il C. avesse svolto solo attività rientranti nei compiti dell’amministratore sovraintendendo all’organizzazione e coordinando l’attività dei responsabili dei diversi settori. Ha rilevato che gli elementi con cui solo in appello l’Inps aveva distinto tra le attività lavorative e quelle di amministrazione, non avevano trovato riscontro negli elementi caratterizzanti la fattispecie.
2. Avverso la sentenza ricorre in cassazione l’Inps, in proprio e quale procuratore speciale della soc di Cartolarizzazione dei crediti Inps, con un unico articolato motivo. Il C. resiste con controricorso ulteriormente illustrato con memoria ex art. 378 c.p.c..
RITENUTO IN DIRITTO
3. Il C. eccepisce giudicato esterno in quanto l’inps non aveva impugnato la sentenza della Corte d’appello di Milano n. 89/2016 tra le stesse parti che aveva confermato altre sentenze del Tribunale aventi il medesimo oggetto. L’eccezione è infondata. Pur essendo ammissibile la produzione della sentenza emessa successivamente al deposito del ricorso in cassazione non trovando ostacolo nell’art. 372 c.p.c., va rilevato che l’eccezione non può trovare accoglimento atteso che neppure è specificato se i contributi relativi attengono al medesimo periodo oggetto del presente giudizio, ma anzi sembra desumibile dalla sentenza della Corte d’appello che essi attengono al periodo successivo 2011/2012. Deve rilevarsi, infatti, che l’efficacia preclusiva di nuovi accertamenti, propria del giudicato esterno tra le stesse parti in relazione ad una pluralità di periodi, presuppone che gli elementi costitutivi assumano carattere permanente, ipotesi non necessariamente sussistente nella fattispecie.
4. Il ricorso è, comunque, infondato.
Il ricorrente denuncia la violazione e/o la falsa applicazione della L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 1, commi 203, 207 e 208, così come interpretato dal D.L. n. 78 del 2010, art. 12, comma 11, conv. in L. n. 122 del 2010, in relazione all’art. 2697 c.c., in relazione al periodo 1998/2005 nonchè vizio di motivazione.
Lamenta che la Corte d’appello ha ritenuto che l’attività espletata dal C. non sostanziasse il requisito di cui alla L. n. 662 del 1996, comma 203, lett. c), ma rientrasse tra i compiti dell’amministratore.
Assume che il C., socio amministratore della soc Cinehollywood s.r.l. e iscritto alla gestione separata, era tenuto, invece, all’iscrizione anche presso la gestione commercianti in quanto partecipava al lavoro aziendale.
5.11 motivo è infondato.
La disciplina relativa alla gestione assicurativa degli esercenti attività commerciali e del terziario è stata, come noto, modificata dalla L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 203, il quale, nel riformulare la L. n. 160 del 1975, art. 29, comma 1, ha previsto che l’obbligo di iscrizione nella gestione assicurativa degli esercenti attività commerciali di cui alla L. n. 613 del 1966, sussiste per i soggetti che siano in possesso dei seguenti requisiti: a) siano titolari o gestori in proprio di imprese che, a prescindere dal numero dei dipendenti, siano organizzate e/o dirette prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti la famiglia, ivi compresi i parenti e gli affini entro il terzo grado, ovvero siano familiari coadiutori preposti al punto di vendita;
b) abbiano la piena responsabilità dell’impresa ed assumano tutti gli oneri ed i rischi relativi alla sua gestione (ancorchè tale requisito non sia richiesto per i familiari coadiutori preposti al punto di vendita nonchè per i soci di società a responsabilità limitata);
c) partecipino personalmente al lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza;
d) siano in possesso, ove previsto da leggi o regolamenti, di licenze o autorizzazioni e/o siano iscritti in albi, registri e ruoli.
Presupposto imprescindibile per l’iscrizione alla gestione commercianti è dunque pur sempre la prestazione di un’attività lavorativa abituale all’interno dell’impresa, sia essa gestita in forma individuale che societaria: e ciò perchè come a suo tempo rimarcato da Cass. n. 3240 del 2010 – l’assicurazione obbligatoria non intende proteggere l’elemento imprenditoriale del lavoro autonomo, ma piuttosto accomunare commercianti, coltivatori diretti e artigiani ai lavoratori dipendenti in ragione dell’espletamento di attività lavorativa abituale e prevalente all’interno dell’impresa.
E’ piuttosto il caso di chiarire che, a parere del Collegio, i requisiti congiunti di abitualità e prevalenza dell’attività del socio di società a responsabilità limitata (l’onere della prova dei quali è a carico dell’INPS) sono da riferire all’attività lavorativa espletata dal soggetto considerato in seno all’impresa che costituisce l’oggetto della società, ovviamente al netto dell’attività eventualmente esercitata in quanto amministratore, per la quale semmai ricorre l’obbligo dell’iscrizione alla gestione separata di cui alla L. n. 335 del 1995.
Detto altrimenti, va assicurato alla gestione commercianti il socio di società a responsabilità limitata che si dedica abitualmente e prevalentemente al lavoro in azienda, indipendentemente dal fatto che il suo apporto sia prevalente rispetto agli altri fattori produttivi (naturali, materiali e personali) dell’impresa, come invece ritenuto da Cass. nn. 3835 e 17370 del 2016: una tale accezione del requisito della “prevalenza”, infatti, meglio si attaglia alla lettera della disposizione, volta a valorizzare l’elemento del lavoro personale, e meglio aderisce alla ratio dell’estensione dell’obbligo assicurativo introdotto dal legislatore per i soci di società a responsabilità limitata, dal momento che include nell’area di applicazione dell’assicurazione commercianti tutti i casi in cui l’attività del socio, ancorchè abituale e prevalente rispetto al resto delle sue proprie attività, non possa essere ritenuta preponderante rispetto agli altri fattori produttivi dell’impresa.
Del resto, risulta dai lavori preparatori (e segnatamente dal parere n. 926/1998, reso dal Consiglio di Stato su interpello del Ministero del Lavoro) che la L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 203, è stato introdotto, tra l’altro, per eliminare i dubbi che erano stati sollevati a proposito dell’iscrizione nella gestione dei soci di società a responsabilità limitata, dato che su costoro non grava logicamente alcun rischio nella conduzione dell’impresa: si voleva in altri termini evitare che, grazie allo schermo della struttura societaria, la prestazione di lavoro resa dal socio nell’impresa sociale fosse sottratta alla contribuzione previdenziale e, al contempo, superare la preesistente disparità di trattamento dei titolari di ditte individuali e deì soci di società di persone rispetto ai soci di società a responsabilità limitata.
6. Ciò chiarito, deve rilevarsi che, contrariamente a quanto assume l’Inps nel suo ricorso, in nessuna parte della sentenza è dato rintracciare affermazioni della Corte territoriale in contrasto con il principio della doppia iscrizione, così come enucleato dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte e su richiamato. Non sussiste pertanto il denunciato vizio di violazione di legge.
7. La Corte, sulla scorta degli atti di causa e del verbale ispettivo, ha esposto che la società occupava 23 dipendenti, con qualifiche e mansioni diverse, che esisteva un’organizzazione complessa su cui sovraintendeva il C. ricevendo informative settimanali dai responsabili dei settori ed uffici e coordinandone l’attività. Ha altresì rilevato che gli elementi, individuati per la prima volta solo in appello con cui Inps tendeva a distinguere l’attività lavorativa da quella di amministrazione,non avevano trovato alcun riscontro. La Corte ha, quindi, concluso escludendo lo svolgimento di una attività commerciale con carattere di abitualità e prevalenza da parte del C.. In particolare, ha ritenuto che le attività indicate fossero quelle tipiche della figura e dei compiti dell’amministratore e che non vi fosse un’attività lavorativa ulteriore rispetto a questa.
A fronte di questa affermazione la censura di difetto di motivazione rivolta dall’Inps difetta di specificità e autosufficienza, dal momento che l’Inps non trascrive neppure nella parte che interessa gli accertamenti ispettivi, nè deposita il verbale o fornisce precise indicazioni circa la sua facile reperibilità nei fascicoli di parte o d’ufficio delle precedenti fasi del giudizio.
Le censure dell’Inps non si appuntano avverso le affermazioni contenute in sentenza e, in contrasto con l’accertamento in fatto svolto dal Corte ed adeguatamente motivato, ravvisano lo svolgimento da parte del C. di una prestazione lavorativa abituale e prevalente ulteriore rispetto a quella di amministratore, ma le deduzioni poste a fondamento dei motivi in esame costituiscono solo una inammissibile richiesta di rivisitazione del merito, non possibile nel giudizio di legittimità.
8. In definitiva, il ricorso deve essere rigettato e le spese processuali seguono la soccombenza.
Avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso sussistono i presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a pagare le spese processuali che liquida in Euro 3500,00 per compensi professionali,oltre 15% per spese generali ed accessori di legge, nonchè Euro 200,00 per esborsi.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 18 luglio 2018.
Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2018