LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ESPOSITO Lucia – Presidente –
Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –
Dott. GHINOY Paola – Consigliere –
Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –
Dott. DE MARINIS Nicola – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 171/2017 proposto da:
SIAP SRL” in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato ALDO LICCI;
– ricorrente –
contro
S.B., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPE RAMPINO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1868/2016 della CORTE D’APPELLO di LECCE, depositata il 13/10/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 19/07/2018 dal Consigliere Dott. LUIGI CAVALLARO.
RILEVATO IN FATTO
che:
con sentenza depositata il 13.10.2016, la Corte d’appello di Lecce, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, ha condannato SIAP s.r.l. a pagare a S.B. la somma di Euro 10.246,43 a titolo di differenze retributive;
che avverso tale pronuncia SIAP s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo quattro motivi di censura; che S.B. ha resistito con controricorso; che è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio;
che entrambe le parti hanno depositato memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
che:
con il primo motivo, la ricorrente lamenta omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio per avere la Corte di merito ritenuto che essa non avrebbe contestato l’allegazione dell’odierno controricorrente di aver lavorato per ventisei giorni mensili fissi, laddove detta circostanza non era stata allegata nel ricorso introduttivo del giudizio;
che, con il secondo motivo, la ricorrente denuncia nullità della sentenza per violazione degli artt. 414 e 416, per avere la Corte territoriale ritenuto che il fatto costitutivo allegato dall’odierno controricorrente a sostegno del diritto alle differenze retributive fosse l’avvenuto svolgimento di ventisei giornate lavorative al mese;
che, con il terzo motivo, la ricorrente censura di nullità la sentenza per violazione del divieto di ultrapetizione, per avere la Corte di merito posto a sostegno del proprio decisum un fatto diverso da quello fatto valere in giudizio;
che, con il quarto motivo, le medesime censure di cui al motivo precedente sono riproposte sub specie di violazione degli artt. 115 e 416 c.p.c.;
che i motivi possono essere trattati congiuntamente, tutti involgendo l’affermazione della Corte di merito secondo cui “la parte datoriale non (avrebbe) contesta(to) che S.B. abbia lavorato 26 giorni mensili fissi, dalle ore 23 alle ore 7” (cfr. sentenza impugnata, pag. 3);
che secondo orientamento consolidato di questa Corte nel rito del lavoro, il principio di non contestazione pub essere invocato, al fine di riconoscere come non controverso un fatto costitutivo non dedotto in funzione meramente probatoria, solo se quest’ultimo abbia costituito oggetto di specifica allegazione nel ricorso introduttivo, non anche qualora sia stato precisato dalla parte unicamente con l’atto di appello (cfr. tra le più recenti Cass. n. 7784 del 2017, sulla scorta di Cass. S.U. n. 11353 del 2004 e di Cass. n. 8213 del 2013);
che, nel caso di specie, la Corte di merito si è limitata a dar atto che la mancata contestazione era avvenuta “con la memoria difensiva, prodotta in questo grado” (cfr. sentenza impugnata, loc. cit.) senza precisare se e come tanto fosse stato compiutamente allegato fin dal ricorso introduttivo del giudizio;
che la disamina di quest’ultimo non consente di ritenere che il fatto ritenuto dalla Corte incontestato fosse stato allegato con il necessario grado di specificità, leggendosi semplicemente che l’odierno controricorrente avrebbe lavorato “tutti i giorni esclusi i giorni di riposo, ferie e malattia” (cfr. ricorso introduttivo del giudizio, debitamente trascritto in parte qua a pag. 7 del ricorso per cassazione) e controvertendosi tra l’altro proprio sul numero dei giorni effettivi di lavoro (cinque o sei, secondo l’opposta prospettazione delle parti) e dei riposi (due o uno);
che non rileva in contrario il riferimento ai conteggi prodotti unitamente al ricorso di primo grado, atteso che la Corte di merito vi ha tatto riferimento unicamente per la determinazione del quantum e sul presupposto che l’an dovesse darsi per acquisito sulla scorta del fallace ragionamento dianzi evidenziato;
che il ricorso, conseguentemente, va accolto e, cassata la sentenza impugnata, la causa va rinviata per nuovo esame alla Corte d’appello di Lecce, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione;
che, in considerazione dell’accoglimento del ricorso, non sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Lecce, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificat pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 19 luglio 2018.
Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2018