LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ESPOSITO Lucia – Presidente –
Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –
Dott. GHINOY Paola – Consigliere –
Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –
Dott. DE MARINIS Nicola – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 2261/2017 proposto da:
DITTA T.M.T., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MONTE ZEBIO 40, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO VITTUCCI, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
B.D.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 1698/2016 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 08/07/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 19/07/2018 dal Consigliere Dott. LUIGI CAVALLARO.
RILEVATO IN FATTO
che, con sentenza depositata l’8.7.2016, la Corte d’appello di Roma ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva accertato la natura subordinata della collaborazione precorsa tra B.D. e T.M.T., titolare dell’omonima ditta individuale, condannando quest’ultima al pagamento delle consequenziali differenze retributive;
che avverso tale pronuncia T.M.T. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo un motivo di censura;
che è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
che, con l’unico motivo di doglianza, parte ricorrente denuncia “violazione delle norme in materia di processo del lavoro e falsa applicazione riguardo alla valutazione delle prove e violazione degli artt. 2727 e 2729 c.c., con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 4” (così il ricorso, pag. 5), intendendo con ciò dolersi “del vizio di motivazione in ordine alla valutazione delle prove” (ibid.);
che il motivo è palesemente inammissibile, sollecitando una rivalutazione del materiale istruttorio non possibile in sede di legittimità fuori dai casi di denuncia di omesso esame circa un fatto decisivo (Cass. S.U. n. 8053 del 2014 e innumerevoli successive conformi);
che il ricorso, pertanto, va dichiarato inammissibile, nulla disponendosi sulle spese del giudizio di legittimità per non avere l’intimata svolto attività difensiva;
che, in considerazione della declaratoria d’inammissibilità del ricorso, sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
P.Q.M.
Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a eludo dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 19 luglio 2018.
Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2018