LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ESPOSITO Lucia – Presidente –
Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –
Dott. GHINOY Paola – Consigliere –
Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –
Dott. DE MARINIS Nicola – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 4336-2017 proposto da:
MAS STEF S.R.L. in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ELEONORA DUSE 5/G, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO TESEO, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
S.B.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 4188/2016 della CORTE DI APPELLODI ROMA, depositata il 12/12/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 19/07/2018 dal Consigliere Dott. LUIGI CAVALLARO.
RILFVATO IN FATTO che, con sentenza depositata il 12.12.2016, la Corte d’appello di Roma, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, ha dichiarato illegittimo il licenziamento intimato da Mas.Stef. s.r.l. a S.B. e ha condannato la datrice di lavoro a riassumerlo o a versargli l’indennità sostitutiva L. n. 604 del 1966, ex art. 8, nonchè al pagamento di somme per differenze retributive;
che avverso tale pronuncia Mas.Stef. s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo cinque motivi di censura;
che S.B. è rimasto intimato;
che è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio;
che parte ricorrente ha depositato memoria con cui ha prodotto attestazione di conformità della notifica del ricorso per cassazione effettuata telematicamente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
che, con il primo motivo, la ricorrente denuncia violazione dell’art. 193 c.p.c. per avere la (;arte di merito ritenuto che, non avendo essa ricorrente formulato rilievi sui conteggi approntati dalla consulenza tecnica disposta in appello, gli stessi potessero essere recepiti al fine di determinare il compenso spettante all’odierno intimato a titolo di compenso per il lavoro straordinario;
che, con il secondo motivo, la ricorrente lamenta violazione dell’art. 115 c.p.c. e art. 2702 c.c. per non avere la Corte territoriale attribuito efficacia di fede privilegiata alla dichiarazione stragiudiziale redatta dall’odierno intimato circa il proprio impegno orario c aver giudicato sulla base di deposizioni testimoniali confliggenti con i tatti in essa confessati e comunque in modo contraddittorio;
che, con il terzo motivo, la ricorrente si duole di violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. per avere la Corte di merito riconosciuto compensi per lavoro straordinario senza considerare adeguatamente quanto percepito per tale titolo in costanza di rapporto di lavoro;
che, con il quarto motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per omesso esame di fatti decisivi e contraddittorietà della motivazione in ordine alla mancata valutazione delle deposizioni dei testi R. e G. circa i fatti che avevano portato al licenziamento dell’odierno intimato;
che, con il quinto motivo, la ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. in relazione all’art. 2104 c.c. per avere la Corte territoriale escluso che tra il datore di lavoro e l’odierno intimato si fosse addivenuti a vie di fatto, ancorchè una deposizione testimoniale riportata nella sentenza desse atto di averli visti aggredirsi;
che il primo motivo e inammissibile, non spiegandosi quale concreto pregiudizio la parte avrebbe derivato dall’asserita inosservanza della disposizione dell’art. 195 c.p.c. in termini di maggiori esborsi ascrivibili ali erroneità dei conteggi assunti dalla Corte di merito a base della liquidazione delle spettanze per il lavoro straordinario, ed essendo consolidato il principio secondo cui, non servendo l’impugnazione a tutelare l’astratta regolarità dell’attività giudiziaria ma a rimediare al concreto pregiudizio patito dalla parte, l’annullamento della sentenza impugnata è necessario solo se nel successivo giudizio di rinvio il ricorrente possa ottenere una pronuncia diversa e più favorevole rispetto a quella cassata (cfr. Cass. nn. 20128 del 2015, 15363 del 2016);
che parimenti inammissibili, per difetto di specificità, sono il secondo e il terzo motivo, non comprendendosi dalla loro esposizione nè quali sarebbero le prove testimoniali contrarie alla confessione dell’odierno intimato che la Corte territoriale avrebbe considerato ai fini del decidere, nè se l’evidente lapsus calami nel quesito al CTU (cfr. pag. 8 della sentenza impugnata, dove si dice di “quattro ore giornaliere dalle 9.30 alle 12.30”) abbia dato luogo ad un errato calcolo delle differenze dovute per il lavoro straordinario, nè quali sarebbero gli importi riconosciuti a tale titolo e in realtà già corrisposti;
che del pari inammissibili sono il quarto e il quinto motivo, essendo palesemente volti ad un riesame di circostanze di tatto debitamente vagliate dai giudici di merito (cfr. pagg. 3-4 della sentenza impugnata) e non potendosi, per il tramite delle censure ex art. 115 c.p.c. o di omesso esame circa fatti decisivi, proporre un preteso migliore e più appagante coordinamento dei molteplici dati istruttori acquisiti al processo, trattandosi di aspetti del giudizio che restano propri della discrezionalità nella valutazione degli elementi di prova e dell’apprezzamento dei fatti in cui si esprime il principio del libero convincimento del giudice;
che il ricorso, pertanto, va dichiarato inammissibile, nulla statuendosi sulle spese del giudizio di legittimità per non avere l’intimato svolto attività difensiva;
che, in considerazione della declaratoria d’inammissibilità del ricorso, sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 19 luglio 2018.
Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2018
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