Corte di Cassazione, sez. II Civile, Sentenza n.27997 del 31/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 14390-2015 proposto da:

B.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ANTONIO BERTOLONI 26-B, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO PETRONI, che lo rappresenta difende unitamente all’avvocato ROBERTO DE SANNA;

– ricorrente –

contro

EDILCAGI SRL, rappresentata e difesa dall’avvocato VITTORIA CURCIO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4379/2014 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 04/12/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 19/04/2018 dal Consigliere Dott. ELISA PICARONI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. TRONCONE Fulvio, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato PETRONI Massimo, difensore del ricorrente che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato CURCIO Vittoria, difensore del resistente che ha chiesto il rigetto del ricorso.

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di Milano, con sentenza depositata in data 4 dicembre 2014, ha rigettato l’appello proposto da B.R., in qualità di erede di B.G., avverso la sentenza del Tribunale di Milano n. 13820 del 2013 e nei confronti di Edilcagi s.r.l.

1.1. Il Tribunale aveva rigettato la domanda proposta da B.G. – di accertamento della responsabilità di Edilcagi per i vizi e difetti dell’opera realizzata, di riduzione del prezzo dell’appalto per il rifacimento della pavimentazione e di risarcimento danni – ritenendo fondata l’eccezione di prescrizione/decadenza dell’azione, formulata dalla società convenuta.

2. La Corte d’appello ha rigettato il gravame rilevando, nell’ordine: a) che nel giudizio di primo grado l’attore aveva richiamato unicamente il disposto degli artt. 1667-1668 cod. civ., sicchè era tardiva la domanda formulata in appello ai sensi dell’art. 1669 cod. civ.; b) che i vizi accertati non erano gravi; c) che, in ogni caso, mancava la prova della tempestività dell’azione, avuto riguardo al momento della scoperta dei vizi.

3. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso B.R. sulla base di tre motivi. Resiste con controricorso Edilcagi srl. Il ricorso, già chiamato all’adunanza camerale prevista dall’art. 380-bis cod. proc. civ. con proposta di accoglimento, è stato rimesso alla pubblica udienza per mancanza di evidenza decisoria. Entrambe le parti hanno depositato memorie ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso è infondato.

1.2. Con il primo motivo è denunciata violazione e/o falsa applicazione degli artt. 112,113 e 345 cod. proc. civ., art. 1669 cod. civ. e si assume che, al contrario di quanto affermato nella sentenza impugnata, l’identità dei fatti allegati a fondamento della pretesa e la formulazione di uno specifico motivo di gravame, consentivano al giudice d’appello di qualificare diversamente la domanda, essendo escluso che si trattasse di domanda nuova.

2. Con il secondo motivo è denunciata violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. e art. 1669 cod. civ. nonchè omesso esame di un fatto decisivo, oggetto di discussione tra le parti. Il ricorrente lamenta che il giudizio di non riconducibilità dei vizi denunciati nella nozione di gravi difetti era stato formulato all’esito di un esame superficiale degli elementi acquisiti, e si poneva in contrasto con la ratio della norma invocata, come interpretata dalla giurisprudenza di legittimità. Il difetto di costruzione, oggetto della disciplina prevista dall’art. 1669 cod. civ., può consistere in qualsiasi alterazione anche riguardante elementi accessori o secondari della costruzione, che pregiudichi o menomi in modo grave il normale godimento e/o la funzionalità e/o l’abitabilità della singola unità abitativa e nella specie, come evidenziato nell’atto di appello, tutte le lastre di marmo presentavano fessurazioni. Il fenomeno generalizzato si era manifestato nell’estate del 2010, e il committente aveva denunciato il vizio subito dopo aver appreso dalla perizia stragiudiziale che la causa risiedeva nel cedimento del sottofondo, realizzato da Edilcagi in modo difforme rispetto al capitolato.

In definitiva, la Corte d’appello non aveva considerato che il fenomeno interessava la quasi totalità della pavimentazione dell’appartamento, e aveva omesso di esaminare il fatto che il CTU aveva quantificato in Euro 7.200,00 il danno subito dall’attore (il quale aveva poi rinunciato alla domanda risarcitoria), tenuto conto che il rifacimento della pavimentazione avrebbe richiesto l’allontanamento dall’abitazione per circa 45 giorni.

3. Con il terzo motivo è denunciata violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., art. 1669 cod. civ., nonchè omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, e si contesta la ritenuta carenza di prova della tempestività della denuncia del difetto della pavimentazione, che era stata fatta nel 2010, con riferimento in particolare al momento della scoperta. La Corte d’appello aveva evidenziato che le prime fessurazioni si erano manifestate nel 2002, ma quanto accaduto nel 2002 era circoscritto a due lastre, che Edilcagi aveva provveduto a sostituire, imputando l’accaduto all’assestamento del solaio. In ogni caso, sottolinea il ricorrente, la percezione delle striature o fessurazioni delle lastre di marmo non coincideva con la scoperta della causa del fenomeno, momento dal quale doveva farsi decorrere il termine per la denuncia, coincidente, come già detto, con l’accertamento effettuato dal perito nel 2010.

4. La sentenza impugnata si fonda su tre autonome ratio decidendi, puntualmente censurate con i tre motivi di ricorso, donde la conseguenza che il rigetto di uno qualsiasi dei motivi, consolidando la corrispondente ratio, comporta ipso facto l’assorbimento (per difetto di interesse) degli altri motivi.

5. L’esame del ricorso si concentra sul secondo motivo, che risulta in parte inammissibile ed in parte infondato. Non sussiste, infatti, la denunciata violazione di legge e il vizio di motivazione è strutturato al di fuori del paradigma dell’art. 360 cod. proc. civ., n. 5, come enucleato dal diritto vivente (ex plurimis, Cass. 07/04/2014, n. 8053).

5.1. Il giudice d’appello ha escluso la “gravità” del vizio evidenziando che il fenomeno delle fessurazioni, inizialmente riferito a due lastre di marmo e poi nel corso di nove anni dalla consegna dell’opera diffuso su larga parte del pavimento, non aveva impedito la fruizione dell’abitazione.

5.2. L’affermazione, per un verso, non è in contrasto con l’orientamento giurisprudenziale consolidato secondo cui, i gravi difetti di costruzione che danno luogo alla garanzia prevista dall’art. 1669 cod. civ. non si identificano necessariamente con vizi influenti sulla staticità dell’edificio, ma possono consistere in qualunque deficienza o alterazione che vada ad intaccare in modo significativo sia la funzionalità sia la normale utilizzazione dell’opera (ex plurimis, Cass. 09/09/2013, n. 20664; Cass. 03/01/2013, n. 84), e, per altro verso, è sorretta da un apprezzamento in fatto, riguardo alla mancata compromissione della funzionalità ed abitabilità dell’immobile.

La questione se, nel caso di specie, il vizio denunciato e riscontrato abbia o non compromesso il normale utilizzo dell’immobile non è questione di diritto, ma di fatto, come tale oggetto di apprezzamento riservato al giudice di merito, sindacabile solo per vizio di motivazione nei limiti delineati dall’art. 360 cod. proc. civ., n. 5, nel testo vigente (dopo la modifica introdotta dal D.L. n. 83 del 2012, convertito con modificazioni, dalla L. n. 134 del 2012), applicabile ratione temporis al presente ricorso.

5.3. Come si è anticipato, il ricorrente deduce il vizio di motivazione al di fuori del paradigma previsto dalla norma citata, là dove censura ora la “superficialità” dell’esame condotto dalla Corte d’appello – che non è più consentito – ora l’omesso esame di atti e documenti dei quali non riporta il contenuto, se non per estrapolazioni, nè chiarisce la decisività, da intendersi come il “tassello mancante” (così si esprimono le S.U. n. 8053 del 2014) alla plausibilità delle conclusioni cui è pervenuta la sentenza rispetto a premesse date nel quadro del sillogismo giudiziario.

6. Nel rigetto del secondo motivo di ricorso rimangono assorbiti gli altri motivi, e per l’effetto l’intero ricorso è rigettato. Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in complessivi Euro 5.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 2 maggio 2018.

Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2018

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