LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –
Dott. ACIERNO Maria – rel. Consigliere –
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –
Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 6249-2017 proposto da:
BANCA VALSABBINA SCPA, in persona del Presidente e legale rappresentante, elettivamente domiciliata in ROMA P.ZA CAIROLI 6, presso lo studio dell’avvocato GUIDO ALPA, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati MARIA VALENTE, PIERLUIGI TIRALE;
– ricorrente –
contro
M.R., K.C.M., elettivamente domiciliati in ROMA, CORSO TRIESTE 87, presso lo studio dell’avvocato ARTURO ANTONUCCI, che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati FRANCESCA VIRGILI, ROBERTO VASSALLE;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 809/2016 della CORTE DI APPELLO DI BRESCIA, depositata il 05/09/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 25/09/2018 dal Consigliere Relatore Dott. MARIA ACIERNO.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con sentenza impugnata, la Corte d’Appello di Brescia ha accolto il ricorso proposto da M.R. e K.C.M. avverso Banca Cooperativa Valsabbina Soc. Coop. a r.l..
Per ciò che ancora interessa in questa sede, la Corte ha ritenuto fondato il motivo di appello addotto dai ricorrenti nel quale si affermava la nullità, ai sensi del D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 117 del contratto di conto corrente concluso con la banca a causa dell’inosservanza dell’obbligo della forma scritta ad substantiam. In particolare, parte ricorrente sosteneva di aver firmato solo un modulo intitolato “Benestare di lettera di apertura di conto corrente di corrispondenza”, ove veniva fatto riferimento ai progressi accordi per la concessione dell’apertura del conto corrente e assumeva che tale modulo, non sottoscritto dalla banca fosse privo di alcuna valenza negoziale essendo una mera dichiarazione unilaterale ricognitiva avvenuta senza il rispetto dell’obbligatoria forma scritta.
La Corte territoriale ha posto a fondamento della propria decisione l’orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo il quale nei contratti di intermediazione finanziaria, la produzione in giudizio del modulo negoziale relativo al contratto quadro sottoscritto soltanto dall’investitore non soddisfa l’obbligo della forma scritta ad substantiam. Sulla base di tale principio, applicabile anche ai contratti di conto corrente, è stata accolta l’eccezione degli appellanti e dichiarata la nullità del contratto quadro.
In assenza della produzione della copia del contratto quadro di conto corrente redatto per iscritto e firmato da entrambe le parti e considerato che il contratto di conto corrente era stato in precedenza revocato dall’istituto di credito, il collegio giudicante ha ritenuto che il modulo scritto denominato “Benestare di lettera di apertura di conto corrente di corrispondenza” fosse inidoneo ad integrare la necessaria documentazione che provasse conclusione scritta dell’accordo negoziale.
La Corte ha, altresì, accolto l’opposizione a decreto ingiuntivo, condannando la Banca alla restituzione delle somme corrisposte.
Avverso suddetta pronuncia ricorre per Cassazione la Banca Cooperativa Valsabbina Soc. Coop. a r.l. formulando quattro motivi di ricorso.
Con il primo motivo di ricorso si contesta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la falsa applicazione dell’art. 117 t.u.b. e degli artt. 1350 e 1418 c.c. per avere la Corte di Appello ritenuto necessaria ai fini della validità del contratto di conto corrente la sottoscrizione della banca. In particolare, il ricorrente ritiene errata la tesi secondo la quale l’art. 117 t.u.b., prevedendo al primo comma che “i contratti sono redatti per iscritto e un esemplare è consegnato ai clienti” e al comma 3 che “nel caso di inosservanza della forma prescritta il contratto nullo”, debba essere interpretato nel senso che ai fini del perfezionamento del contratto di conto corrente sia necessaria la sottoscrizione della banca. Ritiene altresì errata l’interpretazione secondo cui la stipulazione del contratto di conto corrente non possa desumersi, per via indiretta, in mancanza della scrittura, da una dichiarazione confessoria, consistente nel caso di specie nella c.d. lettera di benestare, integrata dalla presa d’atto della consegna dell’omologo documento sottoscritto dalla Banca. 1,a previsione della nullità di cui all’art. 117 t.u.b., infatti, ha lo specifico scopo di sanzionare la mancata attuazione della conoscenza delle clausole contrattuali tramite la stipula per iscritto e la consegna dell’esemplare. Ne deriva che la forma scritta, in tal caso, none l’essenza del contratto, come nei casi di cui all’art. 1350 c.c., ma il veicolo attraverso il quale il contraente professionale, adempiendo al proprio obbligo informativo, elimina lo squilibrio a favore del cliente. L’esigenza unidirezionale sottesa alla prescrizione della forma di cui all’art. 117 t.u.b. troverebbe conferma nella previsione di nullità relativa, che la differenzia dal regime di nullità previsto dall’art. 1418 c.c.; Alla luce di ciò si comprenderebbe perchè la produzione di un contratto completo in tutte le sue clausole che sia sottoscritto dal solo cliente, comprendente la dichiarazione di aver ricevuto copia dello stesso, risulta soddisfare pienamente la funzione informativa che la norma e la sua sanzione sono destinate ad assolvere, portando ad escludere la sussistenza della eccepita nullità.
Con il secondo motivo si denunciano una pluralità di vizi. In primo luogo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 un vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, avendo la Corte d’Appello omesso di esaminare il contenuto della c.d. lettera di benestare e del suo allegato e di rilevare che gli stessi contenevano una sottoscrizione della banca e comunque integravano accettazione della proposta contrattuale. In secondo luogo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, un vizio di erronea e falsa applicazione degli artt. 1326,1328 e 1350 c.c. per aver la Corte d’Appello ritenuto che la revoca del rapporto da parte della banca avesse impedito il perfezionamento del contratto con la produzione in giudizio del documento sottoscritto dai clienti; implicitamente escluso che l’intento della banca di avvalersi del documento negoziale risultasse dalle comunicazioni degli estratti conto inviate dalla banca ai correntisti; ritenuto che la produzione in giudizio del documento sottoscritto da una sola parte determini la costituzione del rapporto ex nunc e non supplisca invece alla mancanza di sottoscrizione con effetti retroagenti al momento della stipulazione.
Con il terzo motivo si denuncia un error in procedendo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in quanto la Corte d’Appello non si è pronunciata sulla domanda di restituzione delle somme erogate, proposta in via subordinata dalla banca per il caso di revoca del decreto ingiuntivo oggetto di opposizione.
Con il quarto motivo si censura la violazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, dell’art. 92 c.p.c., comma 2, per aver la Corte d’Appello condannato la banca al pagamento delle spese di primo e secondo grado, nonostante le questioni dirimenti siano state decise applicando principi che integrano un radicale ed imprevisto mutamento della giurisprudenza.
Il primo motivo di ricorso è fondato alla luce della giurisprudenza di questa Corte e, in particolarè, della pronuncia delle S.U. 898/2018 che affrontano e risolvono la questione della forma del contratto quadro di intermediazione finanziaria e, in particolare, della necessità della sottoscrizione tanto da parte del cliente investitore quanto dell’intermediario.
E’ opportuno ricordare che la nullità per difetto di forma è posta nell’interesse del cliente, così come è a tutela di questi la previsione della consegna del contratto, il cui contenuto deve rimanere a disposizione dell’investitore. Si coglie quindi la rullo della previsione della nullità, “volta ad assicurare la piena indicazione al cliente degli specifici servizi forniti, della durata e delle modalità di rinnovo del contratto e di modifica dello stesso, delle modalità proprie con cui si svolgevano le singole operazioni, della periodicità, contenuti e documentazione da fornire in sede di rendicontazione, ed altro come specificamente indicato”, al fine di appianare la situazione di fisiologico squilibrio contrattuale tra le parti.
Dall’analisi delle finalità che muovono la norma in tema di nullità del contratto quadro – art. 23 t.u.f. – emerge, dunque, che “il vincolo di forma imposto dal legislatore (tra l’altro composito, in quanto vi rientra, per specifico disposto normativa, anche la consegna del documento contrattuale), nell’ambito di quel che è stato definito come neoformalismo o formalismo negoziale, va inteso secondo quella che è la funzione propria della norma e non automaticamente richiamando la disciplina generale sulla nullità. Ora, a fronte della specificità della normativa che qui interessa, correlata alla ragione giustificatrice della stessa, è difficilmente sostenibile che la sottoscrizione da parte del delegato della banca, volta che risulti provato l’accordo (avuto riguardo alla sottoscrizione dell’investitore, e, da parte della banca, alla consegna del documento negoziale, alla raccolta della firma del cliente ed all’esecuzione del contratto) e che vi sia stata la consegna della scrittura all’investitore, necessiti ai fini del contratto quadro”.
Pertanto, nel caso di specie, non può essere invocata la nullità del contratto di conto corrente sulla base dei principi generali che regolano il diritto (lei contratti (artt. 1325 e 1418 c.c.) in citiamo la forma scritta ad substantiam prevista dall’art. 117, comma 3, t.u.b. risponde alle esigenze di tutela del cliente e perciò non riguarda tanto la struttura del contratto, bensì la funzione che esso è chiamato a svolgere nel rapporto intercorrente tra le parti.
Il secondo, terzo e quarto motivo di ricorso sono conseguentemente assorbiti.
In conclusione, il ricorso deve essere accolto, la sentenza impugnata cassata con rinvio alla Corte di Appello di Brescia in diversa composizione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la pronuncia impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Brescia in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 25 settembre 2018.
Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2018