Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Sentenza n.28026 del 02/11/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 14200-2016 proposto da:

C.R.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE GIULIO CESARE, 223, presso lo studio dell’avvocato VITO CASTRONUOVO, rappresentato e difeso dall’avvocato MICHELE ALDINIO;

– ricorrente –

contro

INAIL ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO *****, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144, presso lo studio dell’avvocato LUCIA PUGLISI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato LUCIANA ROMEO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 119/2016 della CORTE D’APPELLO di POTENZA, depositata il 17/05/2016, R.G.N. 339/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 19/06/2018 dal Consigliere Dott. DANIELA CALAFIORE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. VISONA’ STEFANO che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato EMILIA FAVATA per delega dell’Avvocato LUCIANA ROMEO.

FATTI DI CAUSA

1. C.R., a seguito di infortunio sul lavoro occorsogli il 24 luglio 1999, propose al Tribunale Giudice del lavoro di Lagonegro due ricorsi, poi riuniti, con i quali chiese la condanna dell’Inail alla costituzione della rendita ed al pagamento dell’indennità temporanea assoluta per 132 giornate. Il Tribunale con sentenza n. 60 del 2009, passata in giudicato, riconobbe il diritto alla costituzione della rendita nella misura dell’Il per cento di inabilità a decorrere dal 26 giugno 2004 ma omise di pronunciare sulla domanda relativa all’indennità per l’inabilità assoluta temporanea.

2. Con ricorso del 30 giugno 2014, C.R. ha chiesto nuovamente al Tribunale di Lagonegro la condanna dell’Inail al pagamento della detta indennità per inabilità temporanea assoluta ed il giudice adito ha rigettato la domanda accogliendo l’eccezione di giudicato sollevata dall’Istituto unitamente a quella di prescrizione.

3. La corte d’appello di Potenza, pronunciando sull’impugnazione dell’assicurato con sentenza n. 119 del 2016, ha accolto il motivo che denunciava l’errata affermazione della preclusione da giudicato, poichè il tribunale aveva omesso la pronuncia, con ciò restando in facoltà della parte la possibilità di riproporre la relativa domanda in altro giudizio. Ha, tuttavia, ritenuto prescritto il diritto al pagamento della prestazione per decorso del termine triennale iniziato a decorrere dalla data della sentenza del 12 febbraio 2009 ed in mancanza di ulteriori validi atti interruttivi sino alla data di deposito del ricorso di primo grado del 30 giugno 2014.

4. Per la cassazione della sentenza ricorre C.R. con due motivi. L’Inail resiste con controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso, si denuncia la violazione dell’art. 2943 c.c. e art. 2945 c.c., comma 2, nonchè degli artt. 324 e 327 cod. proc. civ. derivante dall’errato computo del dies a quo del termine di prescrizione che, contrariamente a quanto ritenuto dalla sentenza impugnata, non decorrerebbe dalla data della pronuncia ma dalla data di passaggio in giudicato della sentenza.

2. Con il secondo motivo si denuncia la violazione degli artt. 1335,2727 e 2729 cod. civ. in ragione del fatto che la Corte territoriale non avrebbe valutato, al fine della interruzione del medesimo termine prescrizionale, l’efficacia dell’invio della raccomandata del 28 marzo 2011.

3. I due motivi, che vanno trattati congiuntamente in quanto si riferiscono alla verifica della correttezza della declaratoria di prescrizione del diritto alla percezione dell’indennità giornaliera per inabilità temporanea assoluta per 132 giornate, sono infondati. La sentenza impugnata, dopo aver dato atto della fondatezza del motivo d’appello relativo alla erroneità dell’affermazione del primo giudice relativa al formarsi del giudicato negativo in ipotesi di omessa pronuncia sulla indennità giornaliera ora rivendicata, ha ritenuto comunque infondata la domanda in relazione al decorso del termine triennale di prescrizione il cui decorso era iniziato il 12 febbraio 2009 ed era spirato alla data di deposito del ricorso introduttivo di primo grado (30 giugno 2014). In particolare, (a pagina 6) la sentenza impugnata dà atto che la lettera del 28 marzo 2011, asseritamente dotata di efficacia interruttiva del termine prescrizionale, non risultava corredata, sia in primo grado che in appello, dell’avviso di ricevimento da parte del destinatario che aveva contestato di averla effettivamente ricevuta. Dunque, il termine prescrizionale era decorso anche alla data della seconda lettera del 23 luglio 2012.

4. A fronte di tali contenuti della motivazione, è evidente il carattere dirimente, rispetto alla ricostruzione della sequenza degli atti di interruzione della prescrizione, che assumono sia la lettera del 28 marzo 2011, il cui testo viene ritualmente riportato in ricorso, che la lettera del 23 luglio 2012, di cui il ricorso non fornisce alcun elemento cognitivo, al fine di fungere da validi atti interruttivi della prescrizione.

5. L’efficacia concreta di tali effetti interruttivi condiziona la rilevanza della erronea indicazione della decorrenza del termine di prescrizione dalla data di pubblicazione, anzichè da quella del passaggio in giudicato, della sentenza che omise di giudicare sulla domanda di condanna al pagamento dell’indennità temporanea assoluta.

6. Quanto alla lettera del 28 marzo 2011, il ricorrente non contrasta il rilievo di omessa produzione dell’avviso di ricevimento ma afferma, richiamando giurisprudenza di legittimità, che tale prova non sia necessaria in virtù della presunzione di consegna e conoscenza dell’atto di cui aveva fornito la prova dell’invio al destinatario e dell’assenza di valida contestazione da parte dell’Inali. La questione posta, dunque, non può riguardare solo la presunzione, semplice, di avvenuta ricezione dell’atto di cui è provato l’invio al destinatario ma, anche e soprattutto, la effettiva contestazione del destinatario che condiziona l’operatività della stessa presunzione.

7. In particolare, in applicazione del principio espresso da questa Corte di cassazione (da ultimo vd. Cass. n. 6725 del 19 marzo 2018) deve ritenersi che l’atto stragiudiziale di costituzione in mora del debitore, anche al fine dell’interruzione della prescrizione, inviato al debitore con raccomandata a mezzo del servizio postale, si presume giunto a destinazione – sulla base dell’attestazione della spedizione da parte dell’ufficio postale, pur in mancanza dell’avviso di ricevimento -; tuttavia, qualora il destinatario contesti il fatto stesso della ricezione di alcunchè sorge in capo al mittente l’onere della prova del detto ricevimento. Nel caso di specie, con giudizio di fatto insindacabile in questa sede e non adeguatamente intaccato dal ricorrente che si limita a prospettare equivoci contrasti tra la sede centrale e quella periferica dell’Inail, la Corte territoriale ha ritenuto che l’Istituto abbia contestato l’effettivo ricevimento dell’atto con la conseguenza che la presunzione di ricezione di cui all’art. 1335 cod. civ. non può operare.

8. Quanto, poi, agli effetti della lettera del 23 luglio 2012, teoricamente utile a determinare l’interruzione della prescrizione considerando il dies a quo del termine triennale dalla data di passaggio in giudicato della sentenza contenente l’omessa pronuncia (12 febbraio 2010), il ricorso si mostra del tutto carente della necessaria specificità, soprattutto in considerazione del fatto che la sentenza impugnata, ritenendo l’atto ininfluente, non contiene alcun riferimento circa il suo contenuto. Il ricorso, dunque, avrebbe dovuto confrontarsi con la pronuncia impugnata e rappresentare, attraverso la riproduzione dell’atto asseritamente interruttivo della prescrizione, l’idoneità dello stesso a determinare un diverso esito della controversia. Infatti, In applicazione del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, qualora sia dedotta la omessa o viziata valutazione di documenti, deve procedersi ad un sintetico ma completo resoconto del loro contenuto, nonchè alla specifica indicazione del luogo in cui ne è avvenuta la produzione, al fine di consentire la verifica della fondatezza della doglianza sulla base del solo ricorso, senza necessità di fare rinvio od accesso a fonti esterne ad esso (Cass. n. 5478 del 7 marzo 2018).

9. In definitiva, il ricorso va rigettato. La peculiarità delle concrete circostanze processuali, tra le quali va inclusa anche l’erronea affermazione della sentenza impugnata in ordine al dies a quo del termine prescrizionale, determinano la compensazione delle spese del giudizio di legittimità.

10. Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; dichiara compensate le spese del giudizio. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art.13, comma 1-quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 19 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 2 novembre 2018

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