Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.28043 del 02/11/2018

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NAPOLETANO Lucio – rel. Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17924-2017 proposto da:

D.S.E., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CAMILLO MAZZEI 11/B, presso FIRHERVET GREBREZGABIER, rappresentata e difesa dall’avvocato GRAZIA MARCHESE;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI AGRIGENTO, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato IUTA SALVAGO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1834/8/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di PALERMO, depositata il 17/05/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 27/09/2018 dal Consigliere Dott. LUCIO NAPOLITANO.

RAGIONI DELLA DECISIONE

La Corte, costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal D.L. n. 168 del 2016, art. 1 bis, dal comma 1, lett. e), convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016, osserva quanto segue;

La CTR della Sicilia, con sentenza n. 1834/8/2017, depositata il 17 maggio 2017, non notificata, accolse l’appello proposto dal Comune di Agrigento nei confronti della signora D.S.E., avverso la sentenza della CTP di Agrigento, che aveva invece accolto il ricorso proposto dalla contribuente avverso avviso di accertamento per ICI per l’anno 2008.

Avverso la pronuncia della CTR la contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.

Il Comune di Agrigento resiste con controricorso.

1. Può essere esaminato con priorità il terzo motivo di ricorso, giusta il criterio della ragione più liquida (cfr. Cass. sez. unite 8 maggio 2014, n. 9936) che consente di definire integralmente il giudizio.

1.1. Con detto motivo la ricorrente denuncia “Violazione ed erronea applicazione di legge: D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 10, comma 4; L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 161 (art. 360 c.p.c., n. 3); Violazione ed erronea applicazione di legge – artt. 125 e 132 c.p.c.”, relativamente alla statuizione con la quale la CTR ha escluso che l’Amministrazione comunale fosse incorsa in decadenza dalla pretesa impositiva, come invece ritenuto dal giudice di prime cure, in ragione del fatto che il termine quinquennale di decadenza di cui alla L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 161 doveva ritenersi avere scadenza al 31 dicembre 2014, avendo come riferimento l’omessa dichiarazione.

1.2. Il motivo è manifestamente fondato.

Di là dalle argomentazioni svolte dalla contribuente a sostegno del ricorso circa la mancata comunicazione, obbligatoria da parte del Comune, L. n. 289 del 2002, ex art. 31, comma 20, riguardo l’attribuzione al terreno della natura di area fabbricabile, si deve, infatti, rilevare che l’avviso di accertamento la cui impugnazione ha dato origine al presente contenzioso è relativo all’anno 2008.

1.3. Orbene, il D.L. n. 223 del 2006, art. 37, comma 53 ha disposto, con decorrenza dall’anno 2007, la soppressione degli obblighi della dichiarazione o comunicazione ICI, di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 10, comma 4.

La L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 174 ha aggiunto alla citata disposizione del citato Decreto n. 223 del 2006, art. 37, comma 53 il seguente periodo: “Resta fermo l’obbligo di presentazione della dichiarazione nei casi in cui gli elementi rilevanti ai fini dell’imposta dipendano da atti per i quali non sono applicabili le procedure telematiche previste dal D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 463, art. 3 bis concernente la disciplina del modello unico informatico”. L’efficacia della soppressione dell’obbligo di dichiarazione o comunicazione, era collegata dal citato D.L. n. 223 del 2006, art. 37, comma 53 e successive modifiche alla data di effettiva operatività del sistema di circolazione e fruizione dei dati catastali, da accertare con provvedimento del direttore dell’allora Agenzia del Territorio, al fine di consentire ai Comuni di usufruire delle informazioni necessarie per l’effettuazione dei controlli relativi agli accertamenti ICI, che altrimenti avrebbero potuto essere noti agli enti locali solo attraverso la dichiarazione o comunicazione di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 10,comma 4. Il provvedimento direttoriale in questione è intervenuto in data 18 dicembre 2007, alla quale è stata quindi accertata l’effettiva operatività del sistema di circolazione e fruizione dei dati catastali per il Comune.

1.4. Ciò comporta che per Fanno 2008, cui è riferito l’accertamento in esame, per il quale lo stesso Comune non aveva, infatti, applicato sanzioni, l’obbligo di dichiarazione deve intendersi effettivamente venuto meno (cfr. Cass. sez. 6-5, ord. 2 marzo 2017, n. 5362).

1.5. Nella fattispecie in esame, dunque, la decadenza non può che essere riferita, L. n. 296 del 2006, ex art. 1, comma 161, al 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui il tributo avrebbe dovuto essere versato, dovendo quindi la decadenza dell’Amministrazione comunale dalla pretesa impositiva intendersi compiuta al 31 dicembre 2013, mentre l’avviso di accertamento è stato notificato alla destinataria solo in data 3 settembre 2014 (fatto incontroverso).

1.6. Il ricorso va pertanto accolto in relazione al terzo motivo, assorbiti i primi due.

2. Avuto riguardo all’andamento del giudizio, possono essere compensate tra le parti le spese del doppio grado di merito, ponendosi le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, a carico del controricorrente, secondo soccombenza.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso in relazione al terzo motivo, assorbiti i primi due. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo la causa nel merito, accoglie l’originario ricorso della contribuente.

Dichiara compensate tra le parti le spese del doppio grado del giudizio di merito e condanna il controricorrente al pagamento in favore della ricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1.400,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge, se dovuti.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 27 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 2 novembre 2018

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472