LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente –
Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –
Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –
Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –
Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 25260-2014 proposto da:
G.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DELLE MEDAGLIE D’ORO 399, presso lo studio dell’avvocato CARLO CECCHI, rappresentato e difeso dall’avvocato ALBERTO VILLANTE;
– ricorrente –
contro
B.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FEDERICO ROSAZZA 52, presso lo studio dell’avvocato VALERIO DI STASIO, rappresentato e difeso dall’avvocato GIACINTO MACCHIAROLA;
– controricorrente –
avverso l’ordinanza della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositata il 09/10/2014, Rep. n. 1456/2014, RG. n. 555/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20/04/2018 dal Consigliere ANTONELLO COSENTINO.
RILEVATO
che l’avv. G.C. adiva la corte di appello di L’Aquila ai sensi della L. n. 794 del 1942, art. 28 per chiedere la liquidazione giudiziale dei compensi per l’attività resa a favore del geom. B.L. quale difensore nel giudizio appello (R.G. n. 1233/2004) conclusosi con la sentenza n. 816/2011 della medesima corte abruzzese;
che la corte distrettuale con ordinanza n. 1456/2014 rigettava l’istanza, affermando l’inadempimento del professionista ai propri obblighi di diligenza e accogliendo la domanda risarcitoria proposta in via riconvenzionale dal geom. B.;
che l’avv. G. ha proposto ricorso straordinario per cassazione avverso l’ordinanza della corte di appello, sulla scorta di un unico motivo, riferito all’art. 360 c.p.c., n. 4, con cui deduce la nullità del procedimento definito con detta ordinanza, assumendo l’inapplicabilità della procedura di cui alla L. n. 794 del 1942, art. 28 alle controversie nelle quali il convenuto abbia replicato alla richiesta di liquidazione dei compensi dell’avvocato introducendo una propria domanda riconvenzionale;
che il geom. B. ha depositato controricorso, deducendo l’inammissibilità del ricorso straordinario per cassazione, sul rilievo che la censura mossa dal ricorrente avverso la sentenza impugnata doveva essere proposta mediante regolamento di competenza;
che la causa è stata chiamata all’adunanza di camera di consiglio del 20 aprile 2018, per la quale solo il ricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO
che l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dal contro ricorrente non può trovare accoglimento;
che, infatti, non ricorrono, nella specie, i presupposti applicativi degli artt. 42 e 43 c.p.c., in quanto l’ordinanza impugnata si pronuncia sul merito delle domande – principale e riconvenzionale – delle parti, senza adottare alcuna statuizione, nemmeno implicita, sulla competenza, giacchè nessuna eccezione di incompetenza era stata sollevata nè dal ricorrente nè dal convenuto, il quale ultimo aveva eccepito l’inammissibilità del ricorso introduttivo (in ragione della sopravvenuta proposizione della domanda riconvenzionale) ma non l’incompetenza del giudice adito;
che il ricorso va definito alla stregua della pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte n. 4485/2018, dove si è precisato, per un verso, che la controversia di cui alla L. n. 794 del 1942, art. 28 introdotta sia ai sensi dell’art. 702 bis c.p.c., sia in via monitoria, avente ad oggetto la domanda di condanna del cliente al pagamento delle spettanze giudiziali dell’avvocato, resta soggetta al rito di cui al D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 14 anche quando il cliente sollevi contestazioni relative all’esistenza del rapporto o, in genere, all’an debeatur, e per altro verso, con riferimento all’ipotesi in cui detta controversia sia stata introdotta davanti alla corte di appello, che quest’ultima, “essendo di norma giudice competente in secondo grado, non può in alcun modo considerarsi competente sulla riconvenzionale (introdotta come domanda di primo grado) e, dunque, non si può ipotizzare che, qualora la riconvenzionale si presti ad un’istruzione sommaria, quella corte possa trattarla. Non resta che ipotizzare sempre la necessaria separazione della riconvenzionale e la rimessione al giudice competente in primo grado, con le conseguenti decisioni ex art. 295 c.p.c. sulla sorte del giudizio ex art. 14 ove la riconvenzionale abbia efficacia pregiudicante” (p. 39).
che la corte di appello ha dunque errato nel pronunciarsi sulla domanda riconvenzionale del geom. B., perchè avrebbe dovuto separare le cause, rimettere la causa introdotta in via riconvenzionale al giudice competente in primo grado e valutare la necessità della sospensione ex art. 295 c.p.c. della causa relativa alla domanda dell’avv. G.;
che pertanto il ricorso va accolto e l’ordinanza impugnata va cassata con rinvio alla corte di appello di L’Aquila, in altra composizione, che si atterrà ai principi sopra enunciati.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa l’ordinanza gravata e rinvia alla corte di appello di L’Aquila, in altra composizione, che regolerà anche le spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, il 20 aprile 2018.
Depositato in Cancelleria il 2 novembre 2018