Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.28051 del 02/11/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22049/2014 proposto da:

A.L., elettivamente domiciliato in ROMA, V.LE DELLE MEDAGLIE D’ORO 399, presso lo studio dell’avvocato CARLO CECCHI, rappresentato e difeso dagli avvocati ANTONELLA RIASSETTO, EDOARDO CARLO ROSSETTI;

– ricorrente –

contro

CONDOMINIO *****, rappresentato e difeso dall’avvocato SILVIA ROSSOTTO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 242/2014 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 10/02/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/06/2018 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA.

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

A.L. ha proposto ricorso in cassazione articolato in due motivi avverso la sentenza della Corte di Appello di Torino n. 242/2014, depositata il 10 febbraio 2014.

Resiste con controricorso il Condominio di *****.

Il ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis.1. c.p.c..

Con ricorso depositato l’11 aprile 2011 A.L. proponeva impugnazione della delibera assembleare del 1 marzo 2011, assunta dal Condominio di *****, relativa all’approvazione dei rendiconti correlati al servizio di riscaldamento. In particolare, l’attore dedusse di aver provveduto nell’anno 1993 al distacco dall’impianto centralizzato di riscaldamento e di aver realizzato, nell’ambito della completa ristrutturazione dell’unità immobiliare di sua proprietà esclusiva, un impianto autonomo e completamente autosufficiente per l’erogazione del relativo servizio. A.L. asserì la legittimità di tale distacco, eccependo il mancato nocumento e l’assenza di qualsiasi squilibrio termico nei confronti della restante parte del condominio; chiese pertanto la declaratoria di nullità e/o l’annullamento della delibera assembleare impugnata in relazione ai punti 1) e 2) dell’ordine del giorno, inerenti all’approvazione della ripartizione delle spese di godimento del servizio di riscaldamento, in quanto le stesse, respinta dall’assemblea all’unanimità la proposta transattiva formulata dall’ A. (pagamento di tutte le spese di manutenzione e conservazione dell’impianto, oltre un importo pari al 30% delle spese di uso ed esercizio), furono ritenute interamente di sua spettanza. Il Condominio eccepì che nel regolamento condominiale, di natura contrattuale, gli artt. 2, 9 e 13, obbligavano i condomini alla contribuzione alle spese necessarie per le parti comuni, nonchè alla utilizzazione del servizio di riscaldamento, vietando l’esonero dal relativo pagamento pur in caso di rinuncia. Il Tribunale di Torino, con sentenza del 17 aprile 2012, rigettò le domande dell’ A. e lo condannò al rimborso, in favore di parte convenuta, della metà delle spese del giudizio; il giudice di primo grado, rilevando che in via generale la rinuncia all’uso della cosa comune non esenta dalle spese di conservazione dell’impianto, ritenne che, nel caso di specie, il regolamento condominiale impedisse il distacco effettuato dall’attore e che non sussisteva neppure una delibera assembleare che lo consentisse, riguardando, quella impugnata, solo l’approvazione dei rendiconti e dei preventivi di gestione condominiali anche per il riscaldamento, sulla base delle tabelle millesimali esistenti, mai modificate o impugnate. Proposto gravame, la Corte d’appello di Torino, condividendo quanto rilevato dal primo giudice in ordine al contenuto del regolamento condominiale (in particolare, art. 2, art. 9, comma 1, e art. 13, comma 3), precisò che lo stesso contemplava un divieto di distacco dall’impianto di riscaldamento, obbligando all’uso dello stesso e alla contribuzione a carico di ciascuntunità abitativa, anche in caso di rinuncia dei relativi servizi; che tale regolamento costituiva una vera e propria limitazione alla piena disponibilità della singola unità abitativa inserita nel condominio, e quindi dava luogo ad una obligatio propter rem, pienamente valida; ritenne, pertanto, superflua ogni verifica relativa ad un effettivo squilibrio termico o ad un maggior costo per l’impianto residuo di riscaldamento.

Con il primo motivo di ricorso A.L. denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1118 c.c., sia relativamente al distacco dall’impianto di riscaldamento centrale, “alla luce del quale vanno interpretate le norme di cui agli artt. 9 e 13 del regolamento di condominio”, sia per aver la Corte d’appello configurato il divieto di distacco dall’impianto centralizzato di riscaldamento imposto dal regolamento condominiale contrattuale quale obligatio propter rem. Assume il ricorrente che, in base alla norma su richiamata, cui l’art. 13 del regolamento condominiale fa espresso richiamo, ed alla luce della giurisprudenza di legittimità recepita dalla recente riforma del condominio, deve intendersi esplicitamente ammessa la possibilità di ciascun condomino di rinunziare all’utilizzo dell’impianto centralizzato di riscaldamento. Ne consegue che costituisce un’obbligazione propter rem non il divieto di distacco dall’impianto centralizzato di riscaldamento, bensì la corresponsione delle spese inerenti la conservazione di quest’ultimo.

Con il secondo motivo di ricorso si denuncia l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, per avere la Corte di Appello, cosi come il giudice di prime cure, ritenuto irrilevanti le istanze istruttorie avanzate dal ricorrente, tese ad accertare il rispetto delle condizioni poste dalla legge in relazione al distacco dall’impianto di riscaldamento centralizzato, ovvero l’assenza di uno squilibrio termico o di un maggior costo per l’impianto residuo di riscaldamento.

Il primo motivo di ricorso risulta fondato, nei limiti di seguito precisati, con assorbimento del secondo motivo, il quale perde di rilevanza decisoria in conseguenza dell’accoglimento della prima censura.

La Corte d’appello di Torino ha rigettato l’impugnazione della deliberazione assembleare del 1 marzo 2011 del Condominio *****, proposta dal condomino A.L., deliberazione relativa all’approvazione dei rendiconti e dei preventivi di gestione del servizio di riscaldamento ed al rifiuto della proposta transattiva avanzata dallo stesso condomino A. in riferimento al distacco operato dall’impianto centralizzato nel 1993, valutando la conformità di tale delibera ad alcune disposizioni del regolamento condominiale, dalle quali i giudici di appello hanno desunto l’esistenza di un valido divieto regolamentare di distacco.

Non è applicabile ratione temporis, ai fini del giudizio di validità della deliberazione impugnata, l’art. 1118 c.c., comma 4, introdotto dalla L. n. 220 del 2012, pur influendo tale sopravvenuta disposizione sulla permanente efficacia delle clausole dei preesistenti regolamenti di condominio.

Ora, le disposizioni regolamentari in esame (in particolare l’art. 9, comma 1) devono ritenersi valide ove interpretate nel senso che esse si limitino ad obbligare il condomino rinunziante a concorrere alle spese per l’uso del servizio centralizzato. E’ stato, infatti, affermato dalla giurisprudenza come sia legittima la delibera assembleare la quale disponga, in esecuzione di apposita disposizione del regolamento condominiale avente natura contrattuale posta in deroga al criterio legale di ripartizione dettato dall’art. 1123 c.c., che le spese di gestione dell’impianto centrale di riscaldamento siano a carico anche delle unità immobiliari che non usufruiscono del relativo servizio (per avervi rinunciato o essersene distaccati), tenuto conto che la predetta deroga è consentita, a mezzo di espressa convenzione, dalla stessa norma codicistica (Cass. Sez. 6 – 2, 18 maggio 2017, n. 12580; Cass. Sez. 2, 23 dicembre 2011, n. 28679; Cass. Sez. 2, 20 marzo 2006, n. 6158; Cass. Sez. 2, 28 gennaio 2004, n. 1558). Non è invero ravvisabile nella previsione che il rinunziante all’utilizzo dell’impianto centralizzato di riscaldamento debba concorrere alle sole spese per la manutenzione straordinaria o alla conservazione dell’impianto stesso, una norma imperativa non derogabile nemmeno con accordo unanime di tutti i condomini, in forza di vincolo pubblicistico di distribuzione degli oneri condominiali dettato dall’esigenza dell’uso razionale delle risorse energetiche e del miglioramento delle condizioni di compatibilità ambientale, ed essendo perciò i condomini liberi di regolare mediante convenzione il contenuto dei loro diritti e dei loro obblighi mediante una disposizione regolamentare di natura contrattuale che diversamente suddivida le spese relative all’impianto.

Rimane tuttavia nulla, per violazione del diritto individuale del condomino sulla cosa comune, la clausola del regolamento condominiale, come la deliberazione assembleare che vi dia applicazione, che vieti in radice al condomino di rinunciare all’utilizzo dell’impianto centralizzato di riscaldamento e di distaccare le diramazioni della sua unità immobiliare dall’impianto termico comune, seppure il suo distacco non cagioni alcun notevole squilibrio di funzionamento nè aggravio di spesa per gli altri partecipanti. Secondo l’interpretazione giurisprudenziale di questa Corte, infatti, la disposizione regolamentare che contenga un incondizionato divieto di distacco si pone in contrasto con la disciplina legislativa inderogabile emergente dall’art. 1118 c.c., comma 4, L. n. 10 del 1991, art. 26, comma 5, e D.Lgs. n. 102 del 2014, art. 9, comma 5, (come modificato dal D.Lgs. 18 luglio 2016, n. 141, art. 5, comma 1, lett. i, punto i), diretta al perseguimento di interessi sovraordinati, quali l’uso razionale delle risorse energetiche ed il miglioramento delle condizioni di compatibilità ambientale, e sarebbe perciò nulla o “non meritevole di tutela” (Cass. Sez. 2, 12 maggio 2017, n. 11970; Cass. Sez. 2, 29 settembre 2011, n. 19893; Cass. Sez. 2, 13 novembre 2014, n. 24209).

Conseguono l’accoglimento del primo motivo di ricorso, l’assorbimento del secondo motivo e la cassazione della sentenza impugnata, nei limiti della censura accolta, con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Torino, che sottoporrà la causa a nuovo esame uniformandosi ai principi richiamati e provvederà altresì a liquidare le spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbito il secondo motivo, cassa la sentenza impugnata nei limiti della censura accolta e rinvia ad altra sezione della Corte d’Appello di Torino, anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 21 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 2 novembre 2018

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