LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Primo Presidente f.f. –
Dott. MANNA Antonio – Presidente di Sezione –
Dott. TRIA Lucia – Consigliere –
Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –
Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –
Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –
Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –
Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –
Dott. PERRINO Angelina Maria – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 15458/2017 proposto da:
CASSA DI RISPARMIO DELLA REPUBBLICA DI SAN MARINO S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliatosi in ROMA, VIA OMBRONE 14, presso lo studio dell’avvocato LUCIANA CIPOLLA, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato MARCO LAMANDINI;
– ricorrente –
contro
F.V., elettivamente domiciliatosi in ROMA, VIA ARNO 47, presso lo studio dell’avvocato BRUNO BOTTA, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NICOLA CAMPANA;
– controricorrente –
per revocazione della sentenza n. 9148/2017 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, depositata il 10/04/2017;
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 09/10/2018 dal consigliere ANGELINA MARIA PERRINO;
udito il Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato Generale Dott. MATERA Marcello, che ha concluso per la declaratoria di inammissibilità del ricorso;
uditi gli avvocati Giuseppe Caputi, per delega dell’avvocato Luciana Cipolla e Bruno Botta.
FATTI DI CAUSA
Queste sezioni unite con sentenza 10 aprile 2017, n. 9148 hanno rigettato il ricorso proposto dalla Cassa di risparmio della Repubblica di San Marino s.p.a. e dichiarato la sussistenza della giurisdizione del giudice italiano sull’azione di responsabilità proposta nei suoi confronti da F.V. per l’inadempimento di un contratto di pegno di obbligazioni argentine stipulato nella *****. A fondamento della decisione hanno assunto il fatto notorio che una banca con sede nella ***** svolga anche in Italia la propria attività imprenditoriale.
La Cassa di risparmio della Repubblica di San Marino propone ricorso per revocazione della sentenza affidato a un unico motivo, che illustra con memoria, cui F.V. replica con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso la Cassa di risparmio sostiene che queste sezioni unite abbiano utilizzato il concetto di notorio facendo leva su un fatto non vero, come si evince dalla circostanza che la ricorrente non ha chiesto nè è comunque titolare dell’autorizzazione della Banca d’Italia per lo svolgimento in Italia dell’attività bancaria; sicchè la Corte sarebbe incorsa in errore di fatto revocatorio.
E ciò in applicazione dell’orientamento in base al quale allorchè si assuma che il fatto considerato come notorio non risponde al vero, l’inveridicità del preteso fatto notorio può solo formare oggetto di revocazione a norma dell’art. 395 c.p.c., n. 4, ove ne ricorrano gli estremi (tra varie, Cass. 17 settembre 2005, n. 18446 e 18 maggio 2007, n. 11643).
Il ricorso è inammissibile, perchè non sussistono nel caso in esame gli estremi dell’errore revocatorio.
E’ la stessa ricorrente difatti a riferire in ricorso che il fatto in questione è stato oggetto di dibattito processuale, perchè sollevato dal pubblico ministero prima, dal relatore poi e contestato dalla difesa, anche se non in maniera dettagliatamente argomentata.
E tanto emerge anche dal verbale di udienza del giudizio definito con la sentenza della quale si chiede la revocazione, in cui si legge che “il relatore rileva, ai fini della decisione, il fatto notorio dell’esercizio anche in Italia dell’attività della banca ricorrente” (sull’inammissibilità in questi casi del ricorso per revocazione, vedi, fra le ultime, Cass., sez. un., 26 luglio 2018, n. 15149).
La questione ha allora costituito un punto controverso oggetto della decisione, in quanto sul fatto sono emerse posizioni contrapposte tra le parti che hanno dato luogo ad una discussione in corso di causa, in ragione della quale la pronuncia del giudice non si configura come mera svista percettiva, ma assume necessariamente natura valutativa, sottraendosi come tale al rimedio revocatorio (vedi Cass. 8 giugno 2018, n. 14929).
In tale contesto, l’assunzione di una inesatta nozione di fatto notorio può acquisire rilevanza come error in iudicando, e non già come errore revocatorio (si veda, in tema, anche Cass., ord. 3 marzo 2017, n. 5438).
Le spese seguono la soccombenza.
Sussistono i presupposti per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 1992, art. 13, comma 1 quater.
PQM
dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere le spese, che liquida in Euro 4000,00 per compensi, oltre a 200,00 Euro per esborsi e al 15% a titolo di spese forfetarie.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello rispettivamente dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 9 ottobre 2018.
Depositato in Cancelleria il 2 novembre 2018