LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –
Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –
Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –
Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 16571/2017 proposto da:
CURATELA DEL FALLIMENTO DELLA SRL *****, in persona del Curatore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SAVOIA, 33, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE VESCUSO, rappresentata e difesa dall’avvocato VITTORIO SELLITTI; (p.p.s. Autorizzazione G.D.
FALLIMENTO 6.6.2017);
– ricorrente –
contro
M.A., nella qualità di Sindaco pro tempore del COMUNE DI SANTA MARIA CAPUA VETERE, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ANTONIO LOCATELLI 1, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO VALENTINO, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso il decreto n. RG. 4650/2015B del TRIBUNALE di NAPOLI, depositato il 22/05/2017;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 09/10/2018 dal Consigliere Relatore Dott. LOREDANA NAZZICONE.
RILEVATO
– che il Fallimento ***** s.r.l. propone ricorso per cassazione, sulla base di tre motivi, avverso il decreto del Tribunale di Napoli del 22 maggio 2017, il quale ha accolto l’opposizione al decreto di esecutività dello stato passivo proposta dal Comune di Santa Maria Capua Vetere, ammettendone il credito in chirografo per l’importo di Euro 430.689,10, con riguardo all’inadempimento a contratto d’appalto;
– che il Tribunale ha ritenuto come: a) l’eccezione, sollevata dalla curatela, di tardività dell’opposizione, proposta entro trenta giorni dalla comunicazione L. Fall., ex art. 92, ma decorsi i sei mesi previsti dall’art. 327 c.p.c., sia infondata, non avendo rilievo il secondo termine; b) è tardiva e generica l’eccezione di tardività della denuncia dei vizi dell’opera appaltata ex art. 1667 c.c., mentre è infondata quella di giudicato, in relazione a precedente lodo arbitrale; c) il danno patito debba essere quantificato nella somma predetta;
– che si difende l’intimato con controricorso, depositando anche la memoria.
RITENUTO
– che il primo motivo di ricorso deduce la violazione dell’art. 327 c.c. e L. Fall., art. 99, in quanto il decreto di esecutività dello stato passivo fu emesso il 15 gennaio 2015 e l’opposizione proposta solo il 17 luglio 2015, oltre il termine di sei mesi di cui all’art. 327 c.p.c.;
– che il motivo è fondato, dovendosi dare continuità ai principi espressi da questa Corte: ed invero, da un lato, si applica l’art. 327 c.p.c., al procedimento di opposizione allo stato passivo, la quale può dunque essere proposta entro sei mesi dal deposito del decreto che lo dichiara esecutivo (da ultimo, Cass. 10 maggio 2018, n. 11366; Cass. 5 aprile 2017, n. 8869; Cass. 10 agosto 2017, n. 19939), e, dall’altro lato, non è idonea la comunicazione ad opera della cancelleria del decreto di approvazione dello stato passivo a valicare il termine lungo predetto, alla stregua del principio più generale, estensibile all’ipotesi in esame, secondo cui, ai sensi dell’art. 327 c.p.c., la decadenza dall’impugnazione per decorso del termine lungo (oggi semestrale) dalla pubblicazione della sentenza, si verifica “indipendentemente dalla notificazione”, e pertanto anche nel caso in cui, effettuata la notificazione della sentenza, il termine breve di impugnazione ex art. 325 c.p.c., venga a scadere in un momento successivo alla scadenza del tennine lungo (Cass. 30 marzo 2016, n. 6187; Cass. 16 giugno 2000, n. 8191), il quale in definitiva resta invalicabile;
– che i rimanenti motivi – con i quali si censura la violazione e falsa applicazione dell’art. 1667 c.c. e L. Fall., art. 99, per essere stata respinta l’eccezione di decadenza; degli artt. 61,62 e 115 c.p.c., L. Fall., art. 99, per avere ritenuto provato il credito sulla base di documenti non soggetti a contraddittorio – restano assorbiti;
– che, non potendo l’opposizione essere proposta per la ragione detta, la decisione impugnata va cassata senza rinvio;
– che le spese seguono la soccombenza.
PQM
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri; cassa senza rinvio il decreto impugnato e condanna il controricorrente al pagamento delle spese di lite, che liquida in Euro 5.000,00 per il grado di merito (di cui Euro 300,00 per spese, e restando le spese della c.t.u. a carico definitivo dell’opponente che le ha anticipate) ed in Euro 5.100,00 per il giudizio di legittimità (di cui Euro, 100,00 per spese), oltre alle spese forfetarie al 15% ed agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 9 ottobre 2018.
Depositato in Cancelleria il 2 novembre 2018
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