LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –
Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –
Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –
Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 17388/2017 proposto da:
CASSIOPEA N.P.L. SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI VILLA GRAZIOLI 15, presso lo studio dell’avvocato BENEDETTO GARGANI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato GUIDO GARGANI;
– ricorrente –
contro
C.B., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE BRUNO BUOZZI 36, presso lo studio dell’avvocato CARLO MARTUCCELLI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato PAOLO SIMEONI;
– controricorrente –
avverso il decreto del TRIBUNALE di VERONA, depositata il 29/06/2017;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 09/10/2018 dal Consigliere Dott. LOREDANA NAZZICONE.
RILEVATO
– che Cassiopea N.P.L. s.p.a. ricorre per la cassazione del decreto del Tribunale di Verona del giugno 2017, con cui, in sede di reclamo, è stato omologato il piano del consumatore proposto da C.B., debitrice dell’odierna ricorrente;
– che il decreto impugnato, per quanto qui rileva, ha ritenuto la proposta del piano fattibile e meritevole di accoglimento, rilevando che: a) anche per l’esiguità complessiva della manovra patrimoniale in esso delineata, non sussistono circostanze impeditive alla sua riuscita; b) il credito vantato da Cassiopea s.p.a, che diventa ora destinataria della pur modesta somma di Euro 1.000,00, potrà trovare maggiore soddisfazione nell’insinuazione al passivo del fallimento di Ce.Pa., marito della C. e soggetto garantito dalla stessa (attraverso prestazione di una fideiussione); c) la proposta è dunque idonea a superare il giudizio di meritevolezza L. n. 3 del 2012, ex art. 12-bis, in difetto di prova di un miglior esito della alternativa liquidatoria, la quale anzi sarebbe foriera di minore soddisfazione per il creditore in ragione delle ulteriori spese che ne deriverebbero;
– che si difende con controricorso l’intimata;
– che la ricorrente ha depositato la memoria.
CONSIDERATO
– che il primo motivo deduce la violazione e falsa applicazione della L. n. 3 del 2012, artt. 6 e 7, in quanto la controparte non rientra imprenditoriale, in quanto la signora era mero fideiussore del marito, come era evidente per la stessa entità del credito e come palesato dalla sopravvenuta dichiarazione di fallimento del medesimo;
– che il secondo motivo deduce la violazione e falsa applicazione della L. n. 3 del 2012, art. 12-bis e l’omesso esame di fatto decisivo, per non avere il giudice considerato, nella valutazione del requisito della meritevolezza del piano, che il credito vantato dall’odierna ricorrente viene soddisfatto in misura irrisoria ed ha natura ipotecaria, mentre la ricorrente è stata inserita in una categoria anomala dei creditori “per garanzie prestate al marito”;
– che il primo motivo è inammissibile, per novità della censura, senza che la ricorrente abbia precisato il luogo ed il tempo della precedente deduzione, a norma dell’art. 366 c.p.c., noto essendo come “i motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena d’inammissibilità, questioni che siano già comprese nel tema del decidere del giudizio d’appello, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito, tranne che non si tratti di questioni rilevabili d’ufficio. Il ricorrente, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione avanti al giudice del merito, ma anche di indicare in quale atto del precedente giudizio lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di cassazione di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminarne il merito” (Cass. 22069/2015);
– che il secondo motivo è in parte infondato ed in parte inammissibile;
– che, invero, la L. n. 3 del 2012, art. 7, contempla la possibilità di prevedere che i crediti muniti di privilegio, pegno o ipoteca non siano soddisfatti integralmente, “allorchè ne sia assicurato il pagamento in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o ai diritti sui quali insiste la causa di prelazione, come attestato dagli organismi di composizione della crisi”;
– che, nella specie, il tribunale ha dato conto della circostanza -relativa a giudizio di fatto, dunque sottratta alla valutazione del giudice di legittimità – che non avrebbe affatto miglior esito una procedura liquidatoria, attesa la modestia della manovra ed anzi l’aumento, in quel caso, dei costi di procedura;
– che, pertanto, la valutazione di merito compiuta dal tribunale circa la meritevolezza del piano risulta coerente con quanto prescritto dalla L. n. 3 del 2012, art. 7, essendo stato operato il corretto confronto con quanto, presumibilmente, il creditore avrebbe ottenuto qualora si fosse optato per l’alternativa liquidatoria;
– che neppure sussiste l’omesso esame di fatto decisivo lamentato circa la natura ipotecaria del credito, attesa l’affermazione del provvedimento impugnato circa l’essere stato il credito “degradato per incapienza in chirografo”, nè il ricorso reca l’indicazione di quale fosse il grado dell’ipoteca;
– che le spese seguono la regola della soccombenza.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese di lite, liquidate in Euro 3.100 (di cui Euro 100 per esborsi), oltre alle spese forfetarie del 15% sul compenso e agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 9 ottobre 2018.
Depositato in Cancelleria il 2 novembre 2018