Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.28064 del 02/11/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22017-2017 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, *****, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

G.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA IPPOLITO NIEVO 61, presso lo studio dell’avvocato ENNIO MAZZOCCO, rappresentata e difesa dall’avvocato ANTONIO PANCALLO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 193/1/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di POTENZA, depositata il 15/03/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 11/10/2018 dal Consigliere Dott. LUCA SOLAINI.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con ricorso in Cassazione affidato a un motivo, nei cui confronti il contribuente ha resistito con controricorso poi illustrata con memoria, l’Agenzia delle Entrate impugnava la sentenza della CTR della Basilicata, relativa al provvedimento di diniego di definizione della lite fiscale pendente.

L’ufficio deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, della L. n. 289 del 2002, art. 16, comma 3, lett. a) come richiamato nel D.L. n. 98 del 2011, art. 39, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto, erroneamente, i giudici d’appello avrebbero ritenuto la natura impositiva della cartella di pagamento recante due ruoli esecutivi per gli anni d’imposta 2000 e 2001 derivante da controllo automatizzato, D.P.R. n. 600 del 1973 ex art. 36 bis.

Il motivo è fondato.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte In tema di condono fiscale, la L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 16,consentendo la definizione agevolata delle sole liti aventi ad oggetto un atto impositivo comunque denominato, non si applica alle controversie riguardanti la cartella, emessa ai sensi della D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 36 bis e della D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54 bis, con cui l’Amministrazione finanziaria richiede il pagamento di versamenti omessi e delle conseguenti sanzioni, poichè tale atto non ha natura impositiva, derivando, per quanto attiene ai versamenti, da una mera liquidazione dei tributi già esposti dal contribuente e, con riferimento alle sanzioni, da un riscontro puramente formale dell’omissione, sena alcuna autonomia e discrezionalità da parte dell’Amministrazione” (Cass. n. 1571 del 28/01/2015, 14333/18, Cass. ordinanze n. 14344 del 08/ 06/2017 e n. 1410 del 19/01/2017; Cass., Sez.5, Sentenze n. 7536 del 15/04/ 2016, n. 7279 del 13/04/2016, n. 9194 del 21/04/ 2011; conf. Cass., Sez. 5, nn. 548, 9545, 5977, 8137 e 2620 del 2016 nonchè n. 9545 del 2011).

Nel caso di specie, al di là delle contestazioni sulla pretesa tributaria, spiegate dalla contribuente nel giudizio avverso la cartella, è pacifico che la cartella scaturisse da un controllo automatizzato, D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis, per un debito proprio della contribuente che aveva omesso il versamento di imposte dalla stessa dichiarate e non pagate per gli anni in contestazione; la natura liquidatoria e non impositiva del giudizio, pertanto, giustifica il diniego di definizione della lite pendente da parte dell’ufficio.

Va, conseguentemente accolto il ricorso, cassata senza rinvio l’impugnata sentenza e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, ex art. 384 c.p.c., rigettato l’originario ricorso introduttivo. Sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese del giudizio di merito a seguito dell’alterno esito rispetto al giudizio d’appello, ponendosi a carico della parte intimata le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della contribuente.

Dichiara compensate le spese del giudizio di merito e condanna la parte intimata al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 4.000,00, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 11 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 2 novembre 2018

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