Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.28151 del 05/11/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – rel. Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9358/2017 proposto da:

M.E., domiciliato come in atti, rappresentato e difeso dagli avvocati LUIGI PAOLO GIELLA e GAETANA MASTROBERARDINO;

– ricorrente –

contro

AZIENDA SANITARIA LOCALE SALERNO, domiciliata come in atti, rappresentata e difesa dagli avvocati GENNARO SASSO ed EMMA TORTORA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 745/2016 della CORTE D’APPELLO di SALERNO, depositata il 24/09/2016 R.G.N. 1083/2014.

RILEVATO

che:

1. La Corte di appello di Salerno ha rigettato l’appello proposto dal Dott. M.E. avverso la sentenza che aveva respinto la domanda dallo stesso proposta nei confronti della Asl di Salerno, avente oggetto il pagamento delle differenze retributive rivendicate per lo svolgimento di mansioni di incarico sostitutivo di responsabile di struttura complessa (Radiologia del Presidio Ospedaliero di *****) a partire dal 1 giugno 2005.

2. Al Dott. M. erano stati corrisposti gli importi che la contrattazione collettiva di comparto prevede per lo svolgimento di attività dirigenziale sostitutiva prestata in via temporanea e provvisoria.

3. La Corte territoriale ha ritenuto non fondata la domanda sulla base delle seguenti argomentazioni.

3.1. Le voci contrattuali delle quali l’appellato aveva chiesto l’applicazione sono previste solo in favore di dirigenti di secondo livello assunti con le previste procedure selettive per il conferimento di incarico di responsabile di struttura complessa e sottoposti al relativo regime di responsabilità e verifiche.

3.2. Non è invocabile l’art. 36 Cost., da leggere in combinato disposto con il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 52, comma 4 e con l’art. 2126 c.c., in quanto, anche alla luce dei precedenti nella giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 24373/2008), ove la pretesa sia avanzata da un dirigente (e non da un funzionario chiamato a svolgere mansioni dirigenziali) non è applicabile l’art. 52 citato, bensì l’art. 19 del medesimo D.Lgs.. Il D.Lgs. n. 502 del 1992 (riordino della dirigenza sanitaria) all’art. 15, comma 5, prevede che il dirigente preposto ad una struttura complessa è sostituito, in caso di sua assenza o impedimento, da altro dirigente della struttura o del dipartimento individuato dal responsabile della struttura stessa e che alle predette mansioni superiori non si applica l’art. 2103 c.c.. Il D.Lgs. n. 165 del 2001, a sua volta, all’art. 24, prevede che la retribuzione del personale con qualifica dirigenziale è determinato dai contratti collettivi per le aree dirigenziali e che il trattamento economico così determinato remunera tutte le funzioni e i compiti attribuiti ai dirigenti in base a quanto previsto dal medesimo decreto. In tale contesto, il trattamento economico è quello previsto dalla contrattazione collettiva, ivi compreso trattamento accessorio spettante in caso di conferimento temporaneo di mansioni diverse.

3.3. La sentenza n. 4690 del 2012 della Corte di cassazione ha pure ribadito che la retribuzione di posizione, in quanto collegata al valore dell’incarico svolto, soddisfa adeguatamente le previsioni di cui all’art. 36 Cost.. In conclusione, esclusa l’applicabilità del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 52, norma non applicabile alla dirigenza medica, va ritenuto infondato l’assunto di una retribuzione non adeguata ai sensi dell’art. 36 Cost..

3.4. Nè a diversa conclusione può pervenirsi in considerazione della circostanza che l’incarico si sia protratto oltre il “fisiologico”, ma ben poco realistico, termine di sostituzione originariamente previsto dal C.C.N.L., giacchè il contratto non prevede in tale caso le spettanze invocate dall’appellato. Il dirigente aveva ricevuto l’indennità di cui all’art. 18 C.C.N.L., nonchè di seguito una retribuzione di posizione per sua natura commisurata al lavoro effettivamente svolto e quindi un trattamento economico superiore a quello che avrebbe percepito ove fosse stato tempestivamente selezionato il titolare ovvero fosse stata adottata una valutazione dell’incarico; aveva altresì maturato un’esperienza professionale utilmente spendibile per il formale conferimento dell’incarico rispetto ad altri, senza essere soggetto alla particolare disciplina relativa al conferimento di incarichi dirigenziali di struttura complessa.

3.5. Ben più ampia – ed inaccettabile – divaricazione dalla disciplina vigente in materia si avrebbe, del resto, ove si consentisse, come in sostanza l’appellato pretenderebbe, l’occupazione per anni di un posto di responsabile di struttura complessa senza selezione pubblica aperta ad esterni e senza i più stringenti vincoli che in punto di responsabilità sono previsti per il titolare così prescelto.

3.6. Non è ravvisabile un’ipotesi di indebito arricchimento da parte dell’Azienda ospedaliera, posto che l’azione ex art. 2041 c.c., può essere spiegata solo ove vi sia stato l’arricchimento di un soggetto con corrispondente diminuzione patrimoniale di un altro soggetto, mancante di causa giustificatrice, ed allorchè il danneggiato non possa proporre altra azione (art. 2042 c.c.). Nel caso di specie, il dirigente aveva a disposizione le azioni (svolte in via principale) previste per le parti di un contratto di lavoro, con conseguente improponibilità dell’azione per mancanza del requisito della sussidiarietà di cui all’art. 2042 c.c..

4. Avverso tale sentenza il Dott. M. ha proposto affidato a due motivi. L’Azienda sanitaria locale di Salerno resiste con controricorso.

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo il ricorrente censura la sentenza per violazione e falsa applicazione della normativa di cui all’art. 36 Cost., art. 18 CCNL dirigenza medica e D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 15. Richiama, in particolare, i principi espressi da Cass. n. 13809 del 2015 secondo cui, in materia di pubblico impiego contrattualizzato, la sostituzione nell’incarico di dirigente medico del servizio sanitario nazionale, a norma dell’art. 18 del c.c.n.l. della dirigenza medica e veterinaria del 8 giugno 2000, è finalizzata a consentire l’espletamento della procedura per la copertura del posto resosi vacante, sicchè è destinato ad operare per un periodo massimo di sei mesi, prorogabili a dodici, nei quali spetta, a partire dal terzo mese, l’indennità ivi prevista. Quando, peraltro, detto ambito temporale sia superato, l’assegnazione delle mansioni dirigenziali in sostituzione cessa di rientrare tra le prestazioni normalmente esigibili e si configura come espletamento di mansioni superiori, con diritto alla corrispondente retribuzione, in ossequio al principio di cui all’art. 36 Cost.. Alla stregua di tale precedente, l’attuale ricorrente deduce che, ove la vacanza del posto si sia protratta indefinitamente senza che l’Azienda sanitaria abbia provveduto a bandire la copertura del posto dirigenziale, si verte in un’ipotesi di reggenza, che dà diritto al trattamento economico proprio del dirigente sostituito.

1.1. Con il secondo motivo denuncia omesso esame di fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5. La sentenza aveva affermato che le voci contrattuali richieste sono previste solo in favore dei dirigenti di secondo livello assunti con le previste procedure selettive per il conferimento di incarico di responsabile di struttura complessa e sottoposte al relativo regime di responsabilità e verifiche. Con tale motivazione la Corte di appello di Salerno aveva del tutto trascurato ogni valutazione in merito alla documentata circostanza per la quale il ricorrente aveva indiscutibilmente assunto ogni responsabilità connessa all’incarico esperito, venendo sottoposto alle conseguenti verifiche di gestione, maturando così il relativo diritto a percepire le spettanze contrattualmente correlate ai maggiori oneri assunti.

2. Il ricorso è infondato.

3. La questione che viene in rilievo è già stata oggetto di esame da parte di questa Corte che, pronunciando in fattispecie esattamente sovrapponibile a quella qui controversa, ha affermato che “la sostituzione nell’incarico di dirigente medico del servizio sanitario nazionale ai sensi dell’art. 18 del c.c.n.l. dirigenza medica e veterinaria dell’8 giugno 2000, non si configura come svolgimento di mansioni superiori poichè avviene nell’ambito del ruolo e livello unico della dirigenza sanitaria, sicchè non trova applicazione l’art. 2103 c.c. e al sostituto non spetta il trattamento accessorio del sostituito ma solo la prevista indennità cd. sostitutiva, senza che rilevi, in senso contrario, la prosecuzione dell’incarico oltre il termine di sei mesi (o di dodici se prorogato) per l’espletamento della procedura per la copertura del posto vacante, dovendosi considerare adeguatamente remunerativa l’indennità sostitutiva specificamente prevista dalla disciplina collettiva e, quindi, inapplicabile l’art. 36 Cost.” (Cass. n. 16299/2015 e negli stessi termini Cass. n. 15577/2015, n. 584/2016, n. 9879/2017).

4. Il Collegio intende dare continuità all’orientamento espresso dalle richiamate pronunce, perchè l’esegesi del quadro normativo e contrattuale non consente di estendere ai dirigenti in generale, ed alla dirigenza medica in particolare, norme e principi che regolano il rapporto di lavoro non dirigenziale.

4.1. L’inapplicabilità ai dirigenti dell’art. 2103 c.c., sancita dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 19, era già stata affermata dal D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 19, come modificato dal D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 13 e discende dalle peculiarità proprie della qualifica dirigenziale che, nel nuovo assetto, non esprime più una posizione lavorativa inserita nell’ambito di una carriera e caratterizzata dallo svolgimento di determinate mansioni, bensì esclusivamente l’idoneità professionale del soggetto a ricoprire un incarico dirigenziale, necessariamente a termine, conferito con atto datoriale gestionale, distinto dal contratto di lavoro a tempo indeterminato.

Per le medesime ragioni non è applicabile al rapporto dirigenziale il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 52, riferibile al solo personale che non rivesta la qualifica di dirigente, al quale è, invece, riservata la disciplina dettata dalle disposizioni del capo 2.

Quanto alla dirigenza sanitaria, inserita “in un unico ruolo distinto per profili professionali e in un unico livello” (D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 15), la giuridica impossibilità di applicare la disciplina dettata dall’art. 2103 c.c. è ribadita dal D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 15 ter, inserito dal D.Lgs. n. 229 del 1999, nonchè dall’art. 28, comma 6, del CCNL 8.6.2000 per il quadriennio 1997/2001, secondo cui “nel conferimento degli incarichi e per il passaggio ad incarichi di funzioni dirigenziali diverse le aziende tengono conto… che data l’equivalenza delle mansioni dirigenziali non si applica l’art. 2103 c.c., comma 1”.

4.2. Il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 24, in tutte le versioni succedutesi nel tempo, delega alla contrattazione collettiva la determinazione del trattamento retributivo del personale con qualifica dirigenziale, da correlarsi quanto al trattamento accessorio alle funzioni attribuite, ed al comma 3, fissa il principio di onnicomprensività, stabilendo che il trattamento medesimo “remunera tutte le funzioni ed i compiti attribuiti ai dirigenti in base a quanto previsto dal presente decreto nonchè qualsiasi incarico ad essi conferito in ragione del loro ufficio o comunque conferito dall’amministrazione presso cui prestano servizio o su designazione della stessa”.

La materia delle sostituzioni è stata espressamente disciplinata dalle parti collettive che, all’art. 18, comma 7, del CCNL 8.6.2000 hanno innanzitutto ribadito, in linea con la previsione del D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 15 ter, comma 5, che “le sostituzioni….non si configurano come mansioni superiori in quanto avvengono nell’ambito del ruolo e livello unico della dirigenza sanitaria”. Hanno, quindi, previsto una speciale indennità, da corrispondersi solo in caso di sostituzioni protrattesi oltre sessanta giorni, rapportata al livello di complessità della struttura diretta (Lire 1.036.000 per la sostituzione del dirigente di struttura complessa e Lire 518.000 per la struttura semplice).

Il comma 4 della disposizione contrattuale prevede che, qualora la necessità della sostituzione sorga in conseguenza della cessazione del rapporto di lavoro del dirigente interessato, e, quindi, della vacanza della funzione dirigenziale, la stessa è consentita per il tempo strettamente necessario all’espletamento delle procedure concorsuali e può avere la durata di mesi sei, prorogabili a dodici.

E’, però, significativo che le parti collettive non abbiano fatto cenno alle conseguenze che, sul piano economico, possono derivare dall’omesso rispetto del termine e l’omissione non può essere ritenuta casuale, atteso che la norma contrattuale ha tenuto ad affermare, come principio di carattere generale, che la sostituzione non implica l’espletamento di mansioni superiori.

Il termine di cui al comma 4, quindi, svolge senz’altro una funzione sollecitatoria ma il suo mancato rispetto non può legittimare la rivendicazione dell’intero trattamento economico spettante al dirigente sostituito, impedita proprio dall’incipit del comma 7, che, operando unitamente al principio della onnicomprensività al quale si è già fatto cenno, esclude qualsiasi titolo sul quale la pretesa possa essere fondata.

4.3. Non è invocabile la giurisprudenza costituzionale ed amministrativa formatasi in relazione al D.P.R. n. 384 del 1990, art. 121, disapplicato dal richiamato art. 18 del CCNL 2000, e, quindi, in un diverso contesto normativo giacchè, prima dell’istituzione del ruolo unico, i compiti propri del primario costituivano mansioni superiori rispetto a quelle dell’aiuto o dell’assistente (inquadrati rispettivamente nel 10^ e nel 9^ livello mentre al primario era riservato l’11^ livello) mentre nell’attuale sistema, fondato sull’equivalenza delle mansioni dirigenziali, le diverse tipologie di incarichi non comportano rapporti di sovra o sotto ordinazione (art. 27 CCNL 2000) e sono manifestazione di attribuzioni diverse ma di pari dignità (art. 6 CCNL 2008).

4.4. Le considerazioni che precedono inducono, pertanto, il Collegio a non condividere il diverso orientamento espresso da Cass. n. 13809/2015, che ha ritenuto di poter ravvisare lo svolgimento di mansioni superiori in caso di sostituzione protrattasi oltre il limite massimo di dodici mesi. La pronuncia, rimasta isolata, è stata superata dalle decisioni richiamate al punto 3.

4.5. Deve escludersi qualsiasi contrasto della soluzione qui condivisa con il principio di non discriminazione fissato dalla clausola 4 dell’accordo quadro CES, UNICE e CEEP allegato alla direttiva 1999/70/CE. Rileva il Collegio che il principio in parola può essere invocato dagli assunti a tempo determinato qualora agli stessi vengano riservate condizioni di impiego meno favorevoli rispetto ai lavoratori a tempo indeterminato comparabili.

Il rapporto dirigenziale che viene in rilievo esula dall’ambito di applicazione della direttiva perchè non si può confondere il contratto di conferimento dell’incarico dirigenziale con il rapporto di servizio, che comporta l’accesso alla qualifica dirigenziale e che è a tempo indeterminato. Il primo è in effetti a termine, ma necessariamente è tale, in quanto l’attuale sistema è caratterizzato dalla temporaneità degli incarichi, la cui scadenza, però, non fa venir meno il rapporto di lavoro con l’ente, che resta disciplinato dall’originario contratto di servizio a tempo indeterminato anche nell’ipotesi in cui al dirigente venga assegnato, anzichè un ufficio dirigenziale, un incarico di consulenza, di studio, di ricerca o, per la dirigenza medica, di natura professionale e di alta specializzazione.

4.6. Le questioni di fatto introdotte con il secondo motivo restano assorbite dai rilievi che precedono, dovendosi solo aggiungere che la circostanza che l’odierno ricorrente abbia assunto tutte le funzioni del preposto a struttura complessa è il presupposto dell’avvenuto riconoscimento delle indennità e del trattamento economico che la contrattazione collettiva riserva al sanitario dirigente chiamato a svolgere funzioni sostitutive. In difetto di tale assunzione di responsabilità, il trattamento riconosciuto in suo favore, quale previsto contrattualmente, non sarebbe neppure stato applicabile.

4.7. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, perchè la sentenza impugnata ha adottato una soluzione conforme alla giurisprudenza di questa Corte.

5. Il riferito contrasto giurisprudenziale giustifica la compensazione delle spese del giudizio di legittimità.

6. Sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 6 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2018

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