LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –
Dott. MANZON Enrico – Consigliere –
Dott. NAPOLITANO Lucio – rel. Consigliere –
Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –
Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 14421/2017 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, *****, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente –
contro
A.S., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato ANGELO FLACCAVENTO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 4524/13/2016 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di PALERMO SEZIONE DISTACCATA di CATANIA, depositata il 21/12/2016;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 27/09/2018 dal Consigliere Dott. LUCIO NAPOLITANO.
RAGIONI DELLA DECISIONE
La Corte, costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito del D.L. n. 168 del 2016, art. 1 bis, comma 1, lett. e), convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016, osserva quanto segue;
La CTR della Sicilia – sezione staccata di Catania – con sentenza n. 4524/13/2016, depositata il 21 dicembre 2016, non notificata, rigettò l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate nei confronti del signor A.S. avverso la decisione della CTP di Ragusa, che aveva accolto il ricorso proposto dal contribuente avverso il silenzio – rifiuto formatosi sull’istanza di rimborso che il ricorrente, lavoratore dipendente, residente in una delle province colpite dagli eventi sismici del 1990, aveva chiesto per la quota pari al 90% delle imposte pagate in relazione all’IRPEF versate per gli anni 1990, 1991 e 1992 e dell’ILOR versata per il medesimo triennio.
Avverso la sentenza della CTR l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
Il contribuente resiste con controricorso.
1. Con il primo motivo l’Amministrazione finanziaria ricorrente denuncia violazione della L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 9, comma 17, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, laddove la sentenza impugnata ha ritenuto sussistente la legittimazione del contribuente a richiedere il rimborso delle ritenute operate dal datore di lavoro dello stesso, giacchè la ratio dell’intervento legislativo doveva intendersi nel senso che il predetto rimborso spettasse in via esclusiva al sostituto d’imposta che aveva assolto gli obblighi tributari.
2. Con il secondo motivo l’Agenzia delle Entrate denuncia violazione della L. 23 dicembre 2014, n. 190, art. 1, comma 665, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, deducendo che detta norma avrebbe interessato unicamente il rapporto tra erario e sostituto d’imposta, ossia il soggetto che “ha versato” le imposte e non quelle “ritenute” dal datore di lavoro nei confronti dei lavoratori dipendenti.
3. I due motivi possono essere esaminati congiuntamente, in quanto tra loro strettamente connessi.
3.1. Essi sono da ritenersi inammissibili, ex art. 360 bis c.p.c. (cfr. Cass. sez. unite 21 marzo 2017, n. 7155).
Con consolidato orientamento, che muove da Cass. sez. unite nn. 15031 e 15032 del 26 giugno 2009, questa Corte ha osservato che “in tema di rimborso sulle imposte dei redditi, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, sono legittimati a richiedere all’Amministrazione finanziaria il rimborso della somma non dovuta e ad impugnare l’eventuale rifiuto dinanzi al giudice tributario sia il soggetto che ha effettuato il versamento (cd. “sostituto d’imposta”), sia il percipiente le somme assoggettate a ritenuta (“cd. sostituito”)” (cfr. Cass. sez. 6-5, ord. 29 luglio 2015, n. 16105; Cass. sez. 5, 28 giugno 2007, n. 14911; Cass. sez. 5, 12 marzo 2014, n. 5653; Cass. sez. 5, 4 ottobre 2017, n. 23142), “rimanendo quest’ultimo, comunque, il contribuente/debitore principale e come tale beneficiario diretto del provvedimento agevolativo di che trattasi (Cass. sez. 5, n. 17472 e n. 17473 del 14 luglio 2017; Cass. sez. 6-5, ord. 22 febbraio 2018, n. 4291), al riguardo dovendo escludersi il diverso, ma non vincolante, parere contenuto nelle risoluzioni menzionate dalla ricorrente Amministrazione.
3.2. Da ultimo detto principio ha trovato avallo da parte del legislatore che, con il D.L. 20 giugno 2017, n. 91, art. 16 octies, comma 1, lett. b), convertito con modificazioni dalla L. 3 agosto 2017, ha modificato la L. n. 190 del 2014, art. 1,comma 665, specificando espressamente che tra “i soggetti colpiti dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990 che ha interessato le province di Catania, Ragusa e Siracusa, (…) che hanno versato imposte per il triennio 1990-1992 per un importo superiore al 10 per cento previsto dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 9, comma 17 e successive modificazioni” e che “hanno diritto, con esclusione di quelli che svolgono attività d’impresa, (…) al rimborso di quanto indebitamente versato”, sono compresi i titolari di reddito di lavoro dipendente, nonchè i titolari di redditi equiparati e assimilate a quelli di lavoro dipendente in relazione alle ritenute subite”; donde l’ulteriore affermazione dell’anzidetto principio alla stregua delle ulteriori pronunce di questa Corte (cfr. Cass. sez. 6-5, ord. nn. 29889, 29900, 29901, 29902, 29903, 29904 e 29906 del 13 dicembre 2017), che hanno altresì chiarito che le modalità, in relazione al limite di spesa fissato della citata L. n. 123 del 2017, medesimo art. 16 octies, di concreta erogazione dei rimborsi, rimesso dalla norma primaria a provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate, esulano dall’ambito della definizione della presente controversia, venendo in rilievo eventuali questioni su consequenziali provvedimenti liquidatori emessi dall’Agenzia delle Entrate solo in fase esecutiva e/o di giudizio di ottemperanza (cfr. Cass. sez. 6-5, ord. 14 marzo 2018, n. 6213).
3.3. Nella parte in cui la sentenza impugnata ha stabilito il diritto al rimborso nella misura del 90% di quanto già versato, essa ha, d’altronde, pronunciato in conformità a consolidato indirizzo espresso dalla giurisprudenza di questa Corte (oltre alle già citate Cass. n. 29906/17 e Cass. ord. n. 4291/18, si vedano, tra le altre, Cass. sez. 5, 2007, n. 20641; Cass. sez. 6-5, ord. 12 giugno 2012, n. 9577; Cass. sez. 6-5, ord. 2 maggio 2013, n. 10242; Cass. sez. 6-5, ord. 10 settembre 2014, n. 19037, quest’ultima riferita ai rimborsi per i residenti nelle province del Molise e della Puglia colpiti dal sisma del 2002), nè la ricorrente Amministrazione risulta aver prospettato argomenti idonei a mutare il suddetto orientamento, avendo peraltro il legislatore, con il menzionato della L. n. 123 del 2017, art. 16 octies, riconosciuto che il diritto al rimborso opera anche in favore di chi abbia versato le imposte per dette annualità in misura integrale, attraverso il rimborso di quanto indebitamente versato in eccedenza al 10 per cento.
4. Il ricorso va pertanto rigettato.
5. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
6. Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica D.P.R. 30 maggio 2012, n. 115, art. 13, comma 1 quater.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore del controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge, se dovuti.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 27 settembre 2018.
Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2018