LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –
Dott. MANZON Enrico – Consigliere –
Dott. NAPOLITANO Lucio – rel. Consigliere –
Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –
Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 15462/2017 proposto da:
G.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA UGO OJETTI 79, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI FRANCESCO BAFFA, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, *****, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3213/29/2016 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di BARI SEZIONE DISTACCATA di TARANTO, depositata il 19/12/2016;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 27/09/2018 dal Consigliere Dott. LUCIO NAPOLITANO.
RAGIONI DELLA DECISIONE
La Corte, costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito del D.L. n. 168 del 2016, art. 1 bis, comma 1, lett. e), convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016, osserva quanto segue;
Con sentenza n. 3213/29/2016, depositata il 19 dicembre 2016, non notificata, la CTR della Puglia – sezione staccata di Taranto – accolse l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate nei confronti del Dott. G.M. avverso la sentenza di primo grado della CTP di Taranto, che aveva invece accolto il ricorso del contribuente avverso il diniego espresso dell’Ufficio sull’istanza di rimborso che il professionista aveva presentato per l’IRAP versata negli anni 1998, 1999 e 2000.
Avverso la pronuncia della CTR il contribuente ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.
1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2, comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la sentenza impugnata affermato la sussistenza del presupposto impositivo dell’autonoma organizzazione riguardo all’attività svolta dal professionista, pediatra in convenzione con il SSN, sebbene egli avesse alle proprie dipendenze un solo collaboratore a tempo parziale avente la qualifica d’inserviente, rilevando, per il resto, che le spese sostenute per compensi a terzi riguardavano essenzialmente le sostituzioni da parte di colleghi per periodi di ferie e che i beni strumentali dovevano ritenersi rispondenti alla dotazione dello studio rispondente agli standard della convenzione.
2. Analoga doglianza è contenuta nel secondo motivo, col quale il ricorrente denuncia omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per avere omesso la sentenza impugnata di accertare in concreto la natura dei compensi corrisposti a terzi e la circostanza relativa all’avere avuto il contribuente per gli anni oggetto dell’istanza di rimborso un solo collaboratore part-time avente mansioni d’inserviente.
3. I motivi possono essere esaminati congiuntamente, in quanto tra loro connessi.
Essi sono manifestamente fondati.
Invero, premesso che dalla pronuncia impugnata non è dato riscontrare da quali elementi probatori il giudice d’appello abbia tratto il convincimento secondo cui “l’attività professionale (…) è svolta con l’ausilio di dipendenti e collaboratori”, anzichè, come dedotto dal ricorrente, con l’ausilio di un solo collaboratore part-time con la qualifica d’inserviente, risultando altresì omesso qualsiasi accertamento in concreto sulla natura dei compensi a terzi, la pronuncia impugnata va cassata in accoglimento di entrambi i motivi, dovendo provvedere il giudice di rinvio ai relativi accertamenti di fatto, onde conformarsi al principio di diritto espresso dalle Sezioni Unite di questa Corte (cfr. Cass. 10 maggio 2016, n. 9451), cui si è uniformata la successiva giurisprudenza (cfr, segnatamente in relazione a fattispecie riguardanti medici pediatri in convenzione con il SSN, Cass. sez. 6-5, ord. 6 settembre 2017, n. 20882; Cass. sez. 6-5, ord. 9 maggio 2017, n. 11401; Cass. sez. 6-5, ord. 24 novembre 2016, n. 24063), secondo cui il requisito dell’autonoma organizzazione di cui al D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2, quale presupposto impositivo dell’Irap, ricorre quando il contribuente: “a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segretaria ovvero meramente esecutive”.
4. Il giudice di rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Puglia – sezione staccata di Taranto – cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 27 settembre 2018.
Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2018