LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Felice – Presidente –
Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –
Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –
Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –
Dott. FORTUNATO Giuseppe – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 25135/2016 R.G. proposto da:
P.R., rappresentato e difeso dall’avv. Biagio Grasso, con domicilio eletto in Roma Presso la Corte di Cassazione;
– ricorrente –
contro
R.A.M., rappresentata e difesa dall’avv. Fabio Benigni e dall’avv. Silvestro Mercone, con domicilio eletto in Roma, Via Borsi n. 4, presso lo studio dell’avv. Giovanni Catini.
– controricorrente –
avverso la sentenza del Tribunale di S. Maria Capua Vetere n. 3300/2015, depositata in data 6.10.2015.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20.4.2018 dal Consigliere Dr. Giuseppe Fortunato;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dr. Celeste Alberto, che ha concluso, chiedendo l’accoglimento del ricorso;
uditi gli avv. Biagio Grasso, Fabio Benigni e Silvestro Mercone.
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di S. Maria Capua Vetere n. 3300/2015 ha respinto l’appello avverso la sentenza del Giudice di pace di Caserta che, in accoglimento della domanda proposta da R.A.M., ha ordinato la cessazione delle immissioni rumorose eccedenti la normale tollerabilità provenienti dall’immobile di P.R., sito nella locale ***** e provocate dallo spostamento del vano cucina nell’ambiente sovrastante la camera di letto dell’attuale resistente.
Il ricorrente aveva dedotto che i rumori erano effetto delle normali attività di utilizzo dell’immobile e che la loro diffusione nelle proprietà sottostanti era favorita dalla struttura dell’edificio, infine che lo spostamento del vano cucina in corrispondenza della camera da letto non aveva alterato il carico acustico sulle proprietà sottostanti.
Il Tribunale ha, in contrario, stabilito che lo spostamento dei servizi e la nuova destinazione del vano sovrastante alla camera da letto della resistente aveva determinato il superamento del limite di tre decibel rispetto alla rumorosità di fondo.
Per la cassazione di questa sentenza P.R. ha proposto ricorso in tre motivi, illustrati con memoria.
R.A.M. ha resistito con controricorso.
Con ordinanza interlocutoria n. 24400/2017, depositata in data 16.10.2017, la Sesta sezione ha rimesso il ricorso alla pubblica udienza, ritenendo che, con riferimento al tema della tollerabilità delle immissioni, non ricorressero le condizioni per la trattazione in camera di consiglio.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo censura la violazione e falsa applicazione dell’art. 844 c.c. e artt. 115 e 166 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, nonchè l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per aver la sentenza omesso di considerare che nella prima delle due relazioni di consulenza, depositata in data 17.6.2009, era emerso che le trasformazione eseguite nell’appartamento del ricorrente non avevano modificato il livello di isolamento acustico dell’immobile e che non erano state effettuate modifiche dell’impiantistica che avessero alterato il livello di immissioni rumorose, avendo inoltre il c.t.u. asserito che i disturbi arrecati al piano sottostante era il frutto delle normali modalità di utilizzo dell’immobile. Il tribunale avrebbe omesso di considerare che gli immobili sono collocati in una zona tranquilla e che la propagazione dei rumori era favorita dalla struttura dei solai.
Il secondo motivo censura la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116,194,195 e 195 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, e l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per aver il giudice di merito omesso di esaminare e motivare sui rilievi formulati dal c.t.p alla consulenza d’ufficio del 17.6.2009 in merito al fatto che: a) l’unico rumore eccedente la soglia di tollerabilità era provocato dall’utilizzo della scopa elettrica, peraltro impiegata saltuariamente; b) il D.M. 16 marzo 1998 prevede correttivi da applicare alla rilevazione del rumore di fondo in relazione alla durata del tempo parziale e detta rumorosità di fondo deve essere determinata, tenendo conto del rumore residuo e di quello prodotto da fonti disturbanti di carattere non eccezionale, mentre il consulente aveva proceduto a rilevazioni parcellizzate; c) il c.t.u. non aveva indicato se le immissioni rumorose provenissero anche da fonti estranee alla proprietà del ricorrente o da altri vani della proprietà P., non riconducibili alle trasformazioni apportate all’immobile; d) durante la captazione del rumore nella proprietà della resistente era stato osservato il silenzio assoluto, determinando l’alterazione dei risultati fonometrici.
Il terzo motivo censura la violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 e l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, asserendo che la resistente aveva chiesto di far cessare le immissioni provocate dalle trasformazioni apportate all’appartamento sovrastante mentre il Tribunale ha accolto la domanda non considerando che l’istruttoria aveva escluso che la diversa collocazione del vano cucina e gli interventi sugli impianti avessero aggravato il carico acustico sui piani sottostanti.
2. I primi due motivi, da esaminare congiuntamente, vertendosi sulle medesime questioni di fatto, sono fondati.
Il Giudice di pace ha stabilito, sulla scorta dei rilievi fonometrici eseguiti dal c.t.u. nominato in primo grado, che i rumori eccedevano la normale tollerabilità in base al disposto dell’art. 844 e alle previsioni del D.P.C.M. 14 novembre 1997, ed ha ordinato di contenere le immissioni entro i limiti di 60 db in orario diurno e di 50 db in orario notturno.
Già in primo grado il ricorrente aveva, però, lamentato che il livello del rumore di fondo era stato rilevato in condizioni di assoluto silenzio e solo all’interno degli ambienti sottostanti al vano cucina e il Tribunale ha, quindi, disposto la rinnovazione della consulenza ed una successiva integrazione, assegnando al c.t.u. il compito di relazionare anche sui rilievi mossi agli esiti dei primi accertamenti. Le nuove indagini hanno stabilito che, in applicazione del criterio comparativo, i rumori provenienti dalla proprietà P. non superavano la soglia di tollerabilità e che, in applicazione del criterio differenziale, si registrava il superamento dei limiti solo in caso di utilizzo della scopa elettrica, negando che però le immissioni fossero effetto delle trasformazioni eseguite nel vano destinato a cucina.
Ciò nonostante il giudice d’appello ha confermato la pronuncia di primo grado in adesione ai risultati della prima consulenza, ritenendo che la prova per testi (da cui era emerso che nell’appartamento della P. erano percepibili anche le voci e le conversazioni provenienti dal vano sovrastante) e la c.t.u. avessero confermato il superamento della soglia di tre decibel rispetto al rumore di fondo.
La rumorosità di fondo era stata però rilevata, in primo grado, solo all’interno della proprietà della resistente e in condizione di assoluto silenzio, in base ad una metodologia tutt’altro che incensurabile e su cui lo stesso Tribunale aveva ritenuto necessari ulteriori approfondimenti.
La pronuncia è in tal modo incorsa nel vizio denunciato poichè il limite di tollerabilità delle immissioni rumorose non è mai assoluto, ma relativo alla situazione ambientale, variabile da luogo a luogo, secondo le caratteristiche della zona e le abitudini degli abitanti, e non può prescindere dalla rumorosità di fondo, ossia dalla fascia rumorosa costante della zona, sulla quale vengono ad innestarsi i rumori denunciati come immissioni abnormi (c.d. criterio comparativo), per cui la valutazione diretta a stabilire se i rumori restino compresi o meno nei limiti della norma, deve essere riferita alla situazione locale, appropriatamente e globalmente considerata (Cass. 17051/2011; Cass. 3438/2010).
Occorre a tal fine considerare il complesso di suoni, di origine varia spesso non identificabile, continui e caratteristici della zona si quali si innestano di volta in volta rumori più intensi (prodotti da voci, veicoli, eccetera), tutti elementi che devono essere valutati in modo obiettivo in relazione alla reattività dell’uomo medio, prescindendo da considerazioni attinenti alle singole persone interessate dalle immissioni (condizioni fisiche o psichiche, assuefazione o meno alla rumorosità; cfr., Cass. 38/1976).
Non poteva quindi giungersi a ritenere intollerabili le immissioni sulla base del livello di rumorosità di fondo calcolato nel solo ambiente sottostante alla proprietà del ricorrente e in condizioni di assoluto silenzio, prescindendo dalle normali modalità di utilizzo degli immobili e dal livello di rumorosità della zona, correttamente rilevata.
3. Il terzo motivo è assorbito, poichè competerà al giudice del rinvio accertare se le immissioni superavano il livello di tollerabilità es erano riconducibili alle cause individuate nella citazione di primo grado.
La sentenza va cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio della causa ad altra sezione della Corte d’appello di Napoli anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il primo ed il secondo motivo di ricorso, dichiara assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa ad altra sezione della Corte d’appello di Napoli anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 26 aprile 2018.
Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2018
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