LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Primo Presidente f.f. –
Dott. MANNA Antonio – Presidente di sez. –
Dott. TRIA Lucia – Consigliere –
Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –
Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –
Dott. DORONZO Adriana – rel. Consigliere –
Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –
Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –
Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 5728-2017 proposto da:
P.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA C.CONTI ROSSINI 26, presso lo studio dell’avvocato MARIA CLARA FERRAUTO, rappresentato e difeso dall’avvocato FABIO ANDREI;
– ricorrente –
contro
COMUNE DI MASSA, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE II 18, presso lo studio dell’avvocato DOMENICO IARIA, rappresentato e difeso dagli avvocati MANUELA PELLEGRINI e FRANCESCA PANESI;
CONSORZIO 1 TOSCANA NORD, in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE II 18 –
STUDIO LEGALE LESSONA, rappresentato e difeso dall’avvocato Vittorio Chierroni;
– controricorrenti –
e contro
AMMINISTRAZIONE PROVINCIALE DI MASSA CARRARA – SERVIZIO DIFESA DEL SUOLO, REGIONE TOSCANA, CONDOMINIO *****;
– intimati –
avverso la sentenza n. 323/2016 del TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE PUBBLICHE, depositata il 02/12/2016;
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 09/10/2018 dal Consigliere ADRIANA DORONZO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CAPASSO Lucio, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
uditi gli avvocati Maria Clara Ferrauto, Manuela Pellegrini e Gabriella Mattioli per delega dell’avvocato Vittorio Chierroni.
FATTI DI CAUSA
1.- Con determinazione n. 4129 del 18/11/2013 del dirigente del settore Lavori pubblici, il Comune di Massa ha ingiunto a P.G. di attuare, nel terreno di sua proprietà ed in base allo studio idraulico approvato con Delib. Giunta comunale 9 ottobre 2013, n. 275, gli interventi di adeguamento della funzionalità idraulica del fosso *****, e, in specifico, di eliminare le tombinature esistenti.
2.- Il P. ha impugnato il provvedimento dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale della Toscana, unitamente agli atti presupposti, preparatori, connessi e conseguenti: in particolare, l’impugnazione ha riguardato il parere espresso dalla Provincia di Massa Carrara n. 27092 del 14/10/2013, la deliberazione della Giunta comunale del Comune di Massa n. 275 del 2013, l’ordinanza del Sindaco di Massa n. 169 del 28/11/2012, l’ordinanza dirigenziale della Provincia di Massa Carrara n. 83 del 17/11/2012, la Delib. Giunta del Comune di Massa 4 novembre 2010, n. 430 (istituzione dell’unità di crisi), l’ordinanza sindacale n. 138 del 4/11/2010.
3.- Il Tribunale amministrativo regionale, con sentenza depositata in data 5/5/2014, ha dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in favore del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, fissando un termine per la riassunzione dinanzi a tale giudice.
4. – Il P. ha quindi riassunto la causa dinanzi al Tribunale designato con ricorso notificato al Comune di Massa, alla Provincia di Massa Carrara, alla Unione dei Comuni della Lunigiana Consorzio Toscana Nord- comprensorio di Bonifica n. 3, alla Regione Toscana, nonchè a B.M. e al Condominio *****, con sede in Massa, insistendo per la dichiarazione di nullità o illegittimità del provvedimento n. 4129/2013 e degli atti su indicati.
5. -Il Tribunale adito, con sentenza n. 323 del 2016, pubblicata in data 2/12/2016, ha dichiarato il ricorso, in parte, inammissibile e, in parte, infondato.
A fondamento della sua decisione il Tribunale ha esposto, in fatto, che:
a) con ordinanza n. 138 del 4/11/2010 il Comune di Massa aveva stabilito che i proprietari o detentori di terreni attraversati da corsi d’acqua, e interessati dai gravi allagamenti verificatisi in quel periodo, ripristinassero il libero deflusso delle acque, eliminando tombinature o tombini non autorizzati;
b) a seguito dell’alluvione del novembre 2012, in ragione della quale la Regione Toscana aveva dichiarato lo stato di emergenza, la Provincia di Massa Carrara aveva emanato l’ordinanza dirigenziale 17 novembre 2012, n. 83 con cui si erano indicati gli interventi urgenti per il corretto deflusso delle acque di vari bacini, tra cui quello del fosso ***** di cui il fosso ***** è tributario;
c) a seguito ed in esecuzione di questa ordinanza, il Sindaco di Massa aveva commissionato uno studio idraulico, approvato con Delib. Giunta comunale 9 ottobre 2013, n. 275 da cui era emerso che le criticità erano imputabili alle numerose e inadeguate tombinature del fosso *****: la Provincia di Massa Carrara, con nota n. 27092 del 14 ottobre 2013, aveva espresso parere favorevole sulle opere per il ripristino della funzionalità del corpo idrico;
d) in esecuzione di tali atti, era stata dunque adottata la determinazione dirigenziale n. 4129 del 18/11/2013.
6. – Alla luce di questa ricostruzione, il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche ha ritenuto sussistente il difetto di interesse del ricorrente ad impugnare la determinazione n. 4129/2013, giacchè l’ordine di eseguire i lavori sul terreno di sua proprietà era già contenuto nell’ingiunzione n. 138 del 2010, mai impugnata dal ricorrente e tuttora efficace; l’ingiunzione n. 4129 non era altro che la conferma della precedente ordinanza, ma, anche a volerla ritenere non confermativa della prima, la sua eventuale rimozione non avrebbe potuto apportare alcuna utilità giuridica al ricorrente, in presenza di un atto, l’ingiunzione n. 138 del 2010, autonomamente lesivo dei suoi interessi; ha poi aggiunto che lo studio idraulico approvato dalla Provincia di Massa Carrara non aveva innovato alcunchè, ma solo aggiornato i profili dell’intervento tecnico, sicchè erano superflue le richieste istruttorie avanzate dal ricorrente.
6.1.- Il Tribunale ha comunque esaminato le ulteriori censure mosse dal ricorrente, osservando, per quanto qui ancora di interesse, che:
a) il motivo riguardante la mancata indicazione, nell’ordinanza n. 4129 del 2013, del termine e dell’autorità contro cui ricorrere non era sorretto dal necessario interesse, dal momento che la parte aveva ritualmente riassunto la causa dinanzi al giudice munito di giurisdizione e svolto in tale sede ogni difesa, con la conseguente superfluità di un provvedimento di rimessione in termini per errore scusabile;
b) il motivo riguardante l’omessa comunicazione dell’avvio del procedimento e del relativo responsabile era inammissibile in ragione della sua novità e del rilievo che la riassunzione del giudizio non consente al ricorrente di ampliare il dibattito processuale, risultando altresì inconferente il richiamo all’art. 43 codice del processo amministrativosulla proponibilità di motivi aggiunti, poichè con questi ultimi non si possono dedurre vizi che non trovino adeguato riscontro in quelli già dedotti con il ricorso introduttivo;
c) l’ordine impartito dalla pubblica amministrazione di eliminare la tombinatura del corpo idrico insistente sulla proprietà del ricorrente era sufficientemente specifico, alla luce dello studio idraulico rispetto al quale il ricorrente non aveva mosso alcuna censura di irragionevolezza e non apparendo necessario individuare a priori l’argine del fosso, per poi calcolare la distanza ai sensi del R.D. n. 523 del 1904, art. 96, lett. f) trattandosi di attività successiva alla eliminazione della copertura del corpo idrico e al rinvenimento dell’alveo e delle sponde;
d) era poi superfluo ogni accertamento sull’epoca e sull’autore della realizzazione delle opere, in base all’assorbente rilievo che tali opere erano state comunque tollerate dal ricorrente quale proprietario dell’area frontistante al fosso, in mancanza di una valida autorizzazione idraulica;
e) circa la estraneità del fosso ***** rispetto alla proprietà attorea, era sufficiente rilevare che il corpo idrico era sempre stato rappresentato dallo stesso ricorrente negli atti per il condono degli edifici insistenti sulla sua proprietà.
7.- Contro la sentenza il P. ricorre dinanzi a questa Corte ai sensi del R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775, artt. 201 e ss. articolando cinque motivi, ai quali resistono con separati controricorsi il Consorzio 1 Toscana Nord e il Comune di Massa, mentre non svolgono attività difensiva la Provincia di Massa Carrara, la Regione Toscana e il Condominio *****.
Il ricorrente e i controricorrenti depositano memorie in prossimità dell’udienza pubblica.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.- Preliminarmente, va disattesa la richiesta di rinvio dell’udienza di discussione, avanzata dalla difesa del ricorrente con istanza depositata in cancelleria il 27/9/2018 e motivata dalla impossibilità dell’avvocato Andrei di essere presente in quanto impegnato, quale difensore di fiducia, in un procedimento penale dinanzi al Tribunale di Massa (con udienza già fissata dal 16/1/2018, come da verbale allegato) e non avendo la possibilità di essere sostituito in quanto unico titolare dello studio.
1.1. – La richiesta, già respinta dai Presidente di questo Collegio in data 3/10/2018 con la motivazione che non si è ìn presenza di un impedimento assoluto, è stata reiterata in sede di discussione dal difensore delegato dallo stesso avvocato Andrei, con l’aggiunta di un nuovo motivo, costituito dalla pendenza tra le parti di trattative per un bonario componimento della controversia.
1.2. – A giudizio del Collegio, e in adesione a quanto già deliberato con il decreto presidenziale del 3/10/2018, la prima delle ragioni poste a sostegno dell’istanza non configura un grave impedimento del difensore, ai sensi dell’art. 115 disp. att. c.p.c.: la mera asserzione di essere unico titolare dello studio non può infatti costituire ragione di impossibilità assoluta di sostituzione del difensore mediante delega conferita ad un collega, facoltà già riconosciuta dal R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578, art. 9 ed ora confermata dalla L. 31 dicembre 2012, n. 247, art. 14, comma 2, il quale consente la delega senz’altro limite che non sia la qualità dì avvocato (o di praticante abilitato) del delegato e senza che sia richiesta la qualità di codifensore o contitolare dello studio.
1.3. – La delega conferita dal difensore ad un collega, perchè lo sostituisca in udienza, rappresenta un atto tipico di esercizio dell’attività professionale, indirizzato all’espletamento dell’incarico ricevuto dal cliente, poichè il sostituto, nell’eseguire la delega e senza avere ricevuto direttamente alcun mandato dal cliente del sostituito, opera solo quale “longa manus” di quest’ultimo e l’attività processuale da lui svolta è riconducibile all’esercizio professionale del sostituito, come se fosse svolta dallo stesso (cfr. Cass. 27/8/2013, n. 19583, che richiama Cass. S.U. 25/5/1999, n. 289).
1.4.- A fronte di tale possibilità, la ragione addotta in questa sede non è apprezzabile come legittimo impedimento, nel senso di impossibilità di sostituzione mediante delega, risolvendosi piuttosto in un problema attinente all’organizzazione professionale del difensore, che non può rilevare ai fini del differimento dell’udienza (Cass. S.U. 26/3/2012, n. 4773; Cass. 03/05/2018, n. 10546; Cass. 17/10/2014, n. 22094; Cass. 27/08/2013, n. 19583; Cass. 19/3/2010, n. 6753) e profilandosi del tutto subvalente rispetto all’interesse pubblico alla ragionevole durata del processo e alla celere definizione del ricorso in cassazione (cfr. Cass. 20/4/2016, n. 7952).
1.5. – Anche la seconda ragione prospettata dal difensore delegato in udienza non può essere accolta, dal momento che le trattative per una soluzione amichevole della lite, oltre a non essere documentate, non sono state confermate dai controricorrenti.
2. – Sempre in via preliminare, devono rigettarsi le eccezioni di inammissibilità del ricorso sollevate dal Comune di Massa e dal Consorzio 1 Toscana Nord.
2.1. – I termini per proporre ricorso per cassazione contro le sentenze del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche in unico grado, ai sensi degli artt. 201 e 202 del R.D. n. 1775 del 1933, sono quelli indicati nell’art. 518 c.p.c., comma 1, del 1865 (novanta giorni), ridotti alla metà (quarantacinque giorni), e decorrono dalla notificazione del dispositivo della sentenza, eseguita a norma del R.D. n. 1775 del 1933, art. 183 (Cass. S.U. 30/03/2018, n. 8048; Cass. S.U. 28/11/2013, n. 26578).
2.2. – Risulta dagli atti depositati con il ricorso per cassazione che la sentenza qui impugnata è stata emessa dal Tribunale Superiore delle Acque in data 9/11/2016, depositata in cancelleria il 2/12/2016 e notificata al ricorrente, e per esso al suo difensore avvocato Fabio Andrei, il 5/1/2017; il ricorso per cassazione è stato notificato per via telematica, con attestazione di conformità sottoscritta dal difensore L. n. 53 del 1994, ex art. 9, commi 1 bis e 1 ter, a tutte le parti del giudizio a quo in data 20 febbraio 2017, ovvero il quarantaseiesimo giorno dalla notificazione della sentenza.
2.3. – Il ricorso deve comunque ritenersi tempestivo perchè il 19 febbraio, ossia il quarantacinquesimo giorno, cadeva di domenica. Trova invero applicazione l’art. 155 c.p.c., comma 4, a norma del quale se il giorno di scadenza è festivo, la scadenza è prorogata di diritto al primo giorno seguente non festivo: la norma si applica, per il suo carattere generale, a tutti i termini, anche perentori, contemplati dal codice di rito, compreso il termine breve per la proposizione delle impugnazioni (cfr. Cass. 03/08/2015, n. 16303, con riguardo all’appello nelle controversie soggette al rito del lavoro; Cass. 30/07/2009, n. 17754, e Cass. 16/11/2016, n. 23375, con riguardo al ricorso per cassazione).
2.4. – L’eccezione di tardività del ricorso è pertanto infondata, divenendo così superfluo l’esame della diversa tesi prospettata dal ricorrente nella memoria ex art. 378 c.p.c., secondo cui l’indicazione della data del 5/1/2017 sarebbe frutto di un suo errore, riguardando la notificazione il solo avviso di deposito della sentenza, mentre il testo integrale sarebbe stato notificato il 22/3/2017, giorno dal quale intende far decorrere il termine per l’impugnazione.
2.5. – Al riguardo è comunque necessario rimarcare che la data del 5/1/2017 è quella riportata in calce alla relazione di notificazione della copia integrale della sentenza, depositata dal ricorrente nel rispetto dei termini previsti dall’art. 369 c.p.c. e che rende il ricorso stesso procedibile (art. 369 c.p.c., comma 1 e comma 2, n. 2), a fronte, invece, di un documento (il dispositivo della sentenza notificato il 22/3/2017) depositato solo con la memoria ex art. 378 c.p.c. e senza che risultino rispettate le modalità previste dall’art. 372 c.p.c., comma 2 (deposito e notifica mediante elenco alle altre parti), a pena di inammissibilità.
3. – Ancora in via preliminare, deve rigettarsi l’ulteriore eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata da entrambi i controricorrenti, i quali assumono che, ai sensi del combinato disposto del R.D. n. 1775 del 1933, degli rtt. 143 e 201 le sentenze del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche pronunciate in unico grado quale giudice della legittimità amministrativa sono ricorribili alle Sezioni Unite della Corte di cassazione solo per difetto di giurisdizione.
3.1. – l’art. 200 T.U. sulle acque pubbliche dispone al comma 1 che “Contro le decisioni pronunciate in grado di appello dal Tribunale superiore delle acque pubbliche è ammesso il ricorso alle sezioni unite della Corte di cassazione: a) per incompetenza o eccesso di potere ai termini della L. 31 marzo 1877, n. 3761, art. 3; b) per violazione o falsa applicazione di legge ai sensi dell’art. 517 c.p.c., n. 3, o se si verifichi la contraddittorietà prevista nell’art. 517 medesimo, comma 8”.
3.2. – Tale disposizione si ritiene unanimemente applicabile non solo contro le sentenze rese nei giudizi su diritti soggettivi ma anche contro quelle emesse nelle materie contemplate nell’art. 143 T.U. cit., che l’art. 201 riteneva impugnabili solo per motivi attinenti alla giurisdizione. Quest’ultima norma, infatti, deve essere letta alla luce dell’art. 111 Cost., il quale limita il ricorso per cassazione ai soli motivi inerenti alla giurisdizione soltanto con riferimento alle sentenze del Consiglio di Stato e della Corte dei conti.
In tal senso è la costante giurisprudenza di questa Corte (Cass. S.U. 21/11/1986, n. 6839; v. pure Cass. S.U. 6/5/1995, n. 4987; Cass. S.U. 23/4/2001, n. 170; Cass. S.U. 29/10/2002, n. 15251; Cass. S.U. 1/10/2003, n. 14624; Cass. S.U. 22/8/2007, n. 17822).
3.3.- Deve altresì aggiungersi che, con riguardo alla violazione di legge deducibile, in base all’art. 111 Cost., come motivo di ricorso per cassazione contro le decisioni in unico grado o in grado d’appello del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, può rìcomprendersi il solo vizio di motivazione (sotto i profili dell’inesistenza, della contraddittorietà o della mera apparenza) risultante dal testo dei provvedimenti impugnati, mentre non rientra nei compiti della Corte di cassazione la verifica della sufficienza o della razionalità della motivazione in ordine alle quaestiones facti, la quale comporta un raffronto tra le ragioni del decidere espresse nella sentenza impugnata e le risultanze istruttorie sottoposte al vaglio del giudice del merito (Cass. 2/8/2007, n. 17822; Cass. 5/4/2007, n. 8520).
Deve quindi concludersi che il ricorso, nella parte in cui denuncia violazioni di legge, nei sensi su precisati, è senz’altro ammissibile, salvo quanto si dirà in seguito, nella disamina dei singoli motivi.
4. – I motivi di ricorso possono così riassumersi:
1) violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 104 del 2010, art. 41 per avere il Tribunale superiore delle acque pubbliche ritenuto “inoppugnata” la Delib. sindacale 4 novembre 2010, n. 138: al riguardo il ricorrente deduce che il provvedimento non gli è mai stato comunicato e che la pubblicazione dell’atto dell’albo pretorio non è sufficiente a determinare la presunzione assoluta di piena conoscenza dell’atto; inoltre il provvedimento non poteva dirsi rivolto a lui in quanto il fosso non scorre all’interno della sua proprietà; la tombinatura era preesistente al suo acquisto del compendio immobiliare; la delibera era da ritenersi nulla o viziata da eccesso di potere mancando il carattere di urgenza e contingenza, come poteva evincersi dal fatto che essa non era mai stata attuata;
2) violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 104 del 2010, artt. 37 e 43 nonchè della L. n. 341 del 1990, artt. 3,7 e 8:assume che erroneamente il Tribunale non aveva esaminato gli ulteriori motivi d’impugnazione, perchè, in primo luogo, egli aveva richiesto di essere rimesso in termini con la memoria di replica depositata al Tar in data 2/5/2014, quale autorità competente per l’impugnazione erroneamente indicata nel provvedimento impugnato; in secondo luogo, perchè la riassunzione deve considerarsi come un giudizio nuovo, con la possibilità di introdurre motivi aggiunti;
3) violazione dell’art. 3 Cost.: come era stato rilevato dallo stesso Tribunale delle acque, il canale scorre fuori della sua proprietà ed insiste in parte sul suolo demaniale e in parte sul suolo di proprietà del condominio *****, al quale era stato ordinato soltanto l’arretramento della recinzione, sicchè l’ordine di rimozione della tombinatura posta solo a suo carico creava una disparità di trattamento con gli altri proprietari;
4) violazione e falsa applicazione del R.D. n. 523 del 1904, art. 96, lett. f) in considerazione della genericità dell’ordine a lui impartito, non essendo possibile calcolare le distanze dall’argine del fosso in ragione della tombinatura esistente, sicchè la delibera risultava ineseguibile anche alla luce dell’art. 16, comma 4, del regolamento di polizia idraulica;
5) violazione dell’art. 132 c.p.c., artt. 3 e 24 Cost. per omessa motivazione sul mancato accoglimento delle istanze istruttorie.
5. – Il primo motivo è inammissibile.
5.1. – Esso, pur essendo rubricato come violazione di legge, prospetta contestualmente questioni di diritto e questioni di fatto denunciando oltre alla violazione della norma indicata in rubrica anche un’erronea ricognizione, da parte del Tribunale, della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa: il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi – violazione di legge in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione della fattispecie astratta normativa ed erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta – è segnato, in modo evidente, dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (Cass. 13/10/2017, 24155; Cass. 26/3/2010, n.7394).
5.2.- Il ricorrente deduce la erronea applicazione del D.Lgs. n. 104 del 2010, art. 41 in ragione della non condivisa valutazione degli elementi istruttori in atti, e dà rilievo a situazioni fattuali – insistenza del canale su terreno demaniale, realizzazione del manufatto da parte di terzi, inattendibilità del rilievo planimetrico e della foto in atti, sua estraneità rispetto all’ordine n. 138/2010 – che sono da ritenersi esterne alla esatta interpretazione delle norme di legge e involgono la tipica valutazione del giudice del merito, la cui censura è ammissibile, in sede di legittimità, solo sotto l’aspetto del vizio di motivazione (Cass. 12/07/2007, n. 15604; Cass. 05/06/2007, n. 13066).
5.3. Ma anche a voler enucleare dal contesto dell’illustrazione del motivo l’unica questione attinente al vizio di violazione di legge, ossia quella relativa alla omessa notificazione, comunicazione o comunque conoscenza legale dell’ordinanza n. 183/2010 e, conseguentemente, alla asserita impossibilità di impugnarla autonomamente, essa si rivela inconferente rispetto alla ratio decidendi posta a base della sentenza impugnata, la quale ha ritenuto che la predetta ordinanza non è mai stata impugnata, con la conseguenza che l’eventuale rimozione della delibera n. 4129/2013 non apporterebbe alcun vantaggio concreto ed attuale alla parte, a fronte del permanere di un provvedimento autonomamente lesivo della sua posizione.
5.4.- La motivazione del Tribunale superiore non si fonda dunque su di un’eventuale decadenza della parte dal potere di impugnare l’atto amministrativo per decorso dei termini di cui al D.Lgs. n. 104 del 2010, art. 41 – ipotesi in cui, soltanto, assumerebbe valore decisivo il momento della conoscenza del provvedimento quale dies a quo del termine -, ma sul diverso rilievo che l’ordinanza “resta comunque efficace ed inoppugnata”, con la conseguenza che il ricorrente avrebbe dovuto smentire questa affermazione, deducendo e dimostrando con quale atto, in che termini ed in quale fase processuale l’ordinanza in esame sarebbe stata oggetto di impugnativa.
5.5. – Al riguardo, non assolve tale onere di deduzione quanto si legge a pagina 4 del ricorso, secondo cui tra gli atti impugnati con il ricorso al Tar vi sarebbe anche la Delib. n. 183 del 2010, attesa la genericità della asserzione in mancanza di una specifica indicazione dei vizi da cui essa sarebbe affetta e che, ritualmente sottoposti alla cognizione del Tribunale superiore, non sarebbero stati esaminati. Anche in tal caso, deve richiamarsi il costante orientamento di questa Corte secondo cui, “in tema di ricorso per cassazione, qualora siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, il ricorrente deve, a pena di inammissibilità della censura, non solo allegarne l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito ma, in virtù del principio di autosufficienza, anche indicare in quale specifico atto del giudizio precedente ciò sia avvenuto, giacchè i motivi di ricorso devono investire questioni già comprese nel thema decidendum del giudizio di appello, essendo preclusa alle parti, in sede di legittimità, la prospettazione di questioni o temi di contestazione nuovi, non trattati nella fase di merito nè rilevabili di ufficio (Cass. 09/08/2018, n. 20694; Cass. 13/06/2018, n. 15430; Cass. 18/10/2013, n.23675). Ne consegue che, anche sotto quest’ulteriore profilo, il motivo si presenta inammissibile.
6. L’evidente infondatezza del secondo motivo di ricorso rende superfluo l’esame della questione, in teoria preliminare, dell’ammissibilità di motivi aggiunti in caso di riassunzione del giudizio dal tribunale amministrativo al giudice munito di giurisdizione.
6.1.- Ed invero, il mancato esame, da parte del giudice di merito, di un motivo può condurre alla cassazione della sentenza impugnata soltanto se, vertendo su questione di diritto, esso sia fondato, atteso che, nel caso di sua infondatezza, lo iato esistente tra la pronuncia di rigetto ed il mancato esame della censura deve essere colmato dalla Corte di Cassazione facendo uso del proprio potere di correzione della motivazione della sentenza, integrando la decisione di rigetto mediante l’enunciazione delle ragioni di diritto che sostengono il provvedimento opposto, senza necessità di rimettere la causa ad altro giudice affinchè dichiari infondato il motivo non esaminato (Cass. 11/11/2014, n. 23989; Cass. 27/12/2013, n. 28663; Cass. 12/04/2006, n. 8561; cfr. anche Cass. S.U. 2/2/2017, n. 2731).
6.2.- Ora, è principio pacifico nella giurisprudenza di legittimità anche amministrativa che, a norma della L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 21-octies l’annullabilità di un provvedimento amministrativo per violazione dell’obbligo di comunicazione dell’avvio del procedimento, prescritto dall’art. 7 medesima legge, è esclusa: a) quanto ai provvedimenti di natura non vincolata, subordinatamente alla prova da parte dell’Amministrazione che il provvedimento non avrebbe potuto essere diverso anche in caso di intervento di detti interessati; b) quanto ai provvedimenti di natura vincolata, al pari che per la violazione delle altre norme del procedimento, nel caso di evidenza della inidoneità dell’intervento dei soggetti ai quali è riconosciuto un interesse ad interferire sul loro contenuto. A tale riguardo, un provvedimento vincolato è configurabile allorchè non soltanto la scelta dell’emanazione o meno dell’atto, ma anche il suo contenuto siano rigidamente predisposti da una norma o da altro provvedimento sovraordinato, sicchè all’Amministrazione non residui alcuna facoltà di scelta tra determinazioni diverse, (Cass. S.U. 05/04/2012, n.5445; Cass. S.U. 25/06/2009, n. 14878); e si è aggiunto che, “in ogni caso, non sussiste l’obbligo di avviso di avvio del procedimento quando, nel caso di ordinanza contingibile ed urgente, il previo contraddittorio con l’interessato svuoterebbe quella effettività e particolare rapidità cui la legge preordina l’istituto e comprometterebbe i valori fondamentali, quali quello della tutela della sicurezza urbana e dell’incolumità pubblica, anche in ragione della perdurante attualità dello stato di pericolo che si aggraverebbe con il trascorrere del tempo” (Cass. S.U. 9/8/2018, n. 20680).
6.3.- Nella fattispecie in esame, il carattere urgente del provvedimento, emesso a seguito della dichiarazione dello stato di emergenza da parte della Regione Toscana per le alluvioni che avevano colpito il territorio nel novembre del 2012 e della approvazione dello studio idro-geografico, da cui era emerso che le criticità erano imputabili alle numerose e inadeguate tombature del fosso *****, rendo evidente la natura vincolata del provvedimento n. 4129, il quale non avrebbe potuto avere altro contenuto,siccome emesso in attuazione di precedenti provvedimenti che avevano già esaurito la discrezionalità amministrativa.
6.4.- Per completezza, deve aggiungersi che l’omessa indicazione del responsabile del procedimento nel provvedimento amministrativo non è causa di illegittimità del provvedimento stesso in quanto, in mancanza di espressa individuazione, il responsabile è il dirigente dell’unità organizzativa preposta al procedimento (art. 5 Legge 7 agosto 1990 n. 241: in tal senso Cons. Stato, 06/05/1999, n.597).
7.- Il terzo e il quarto motivo, che si affrontano congiuntamente per l’evidente connessione che li lega, sono inammissibili. La violazione delle norme costituzionali non può essere prospettata direttamente come motivo di ricorso per cassazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto il contrasto tra la decisione impugnata e i parametri costituzionali, realizzandosi sempre per il tramite dell’applicazione di una norma di legge, deve essere portato ad emersione mediante l’eccezione di illegittimità costituzionale della norma applicata (Cass. 15/06/2018, n. 15879; Cass. 17/02/2014, n. 3708).
7.1.- Ulteriore profilo di inammissibilità sta nel rilievo che la parte non trascrive la determina n. 541 del 18/2/2014, adottata dal Comune nei confronti del Condominio *****, sicchè non è possibile neppure verificare la veridicità degli assunti prima ancora della loro fondatezza.
7.2.- Infine, dall’illustrazione dei motivi emerge evidente che, a dispetto di quanto indicato in rubrica, essi si risolvono nella richiesta di riesame del contenuto del provvedimento, di cui si allega la genericità e l’inattuabilità, a fronte di un compiuto accertamento effettuato dalla sentenza impugnata che ha escluso ogni “vaghezza” dell’ordine impartito della pubblica amministrazione e ritenuto irrilevante la previa individuazione degli argini da cui calcolare le distanze, essendo dapprima necessaria la rimozione della tombinatura. Si è in presenza di una motivazione che oltre ad essere esistente e non meramente apparente è priva di contraddizioni tali da impedire la ricostruzione dell’iter logico seguito dal giudicante e sfugge pertanto al controllo di questa Corte, come si è avuto già modo di rilevare (v. supra 3.3.).
8. – L’ultimo motivo è, in parte, infondato e, in parte, inammissibile. L’infondatezza sta nel rilievo che il Tribunale ha congruamente motivato le ragioni per le quali ha ritenuto non indispensabili “ulteriori approfondimenti istruttori sul sito in questione”, attesa l’esistenza dello studio idraulico approvato con delibera n. 275 del 2013, con cui erano stati aggiornati i profili tecnici d’intervento già indicati nella Delib. n. 138 del 2010 (pag. 5 della sentenza), e ciò esclude che possa ravvisarsi il dedotto difetto assoluto di motivazione; l’inammissibilità sta, invece, nel rilievo che la parte non trascrive il contenuto dei documenti di cui avrebbe avanzato istanza di esibizione nè trascrive i capitoli della prova testimoniale non ammessa, nè infine indica in quale sede, con quale atto ed in che termini tali richieste sarebbero state avanzate: va ricordato che, anche nel caso in cui sia prospettato l’omesso od insufficiente esame delle istanze istruttorie dirette a dimostrare i richiamati punti decisivi della controversia, è necessario che il ricorso in questione ponga riferimento, a pena di inammissibilità, all’esposizione del contenuto delle richieste probatorie non accolte, onde consentire al giudice di legittimità il controllo della loro rilevanza ai fini di una diversa decisione della controversia in conseguenza dell’espletamento delle prove dedotte (Cass. S.U. 30/4/2008, n. 10875; Cass. S.U. 07/12/2006, n. 26182; Cass. 10/08/2017, n. 19985; Cass. 12/06/2006, n.13556).
8.1. Infine, non è censurabile in sede di legittimità, neanche per difetto di motivazione, la mancata ammissione di una consulenza tecnica d’ufficio perchè il suo esperimento è rimesso alla discrezionalità del giudice del merito e non può essere inteso come un mezzo che esoneri la parte dall’onere della prova dei fatti posti a fondamento della pretesa fatta valere in giudizio (Cass. 09/10/1998, n.10063).
9. – Il ricorso deve pertanto essere rigettato e il ricorrente deve essere condannato al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese del presente giudizio, nella misura indicata in dispositivo. Nessun provvedimento sulle spese deve essere adottato nei confronti delle parti che non hanno svolto attività difensiva nel presente giudizio.
Poichè il ricorso è stato notificato in data successiva al 30 gennaio 2013, sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso per, a norma del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate, per ciascuno dei controricorrenti, in complessivi Euro 4000,00 per compensi professionali e Euro 200,00 per esborsi, oltre al 15% di rimborso delle spese generali e agli altri accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio delle Sezioni Unite della Corte di cassazione, il 9 ottobre 2018.
Depositato in Cancelleria il 6 novembre 2018