LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –
Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –
Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –
Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –
Dott. PERINU Renato – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 8455-2013 proposto da:
– I.N.P.S. ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.f.
*****, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA n. 29 presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati SERGIO PREDEN, ANTONELLA PATTERI, LUIGI CALIULO e LIDIA CARCAVALLO, giusta delega in atti;
– ricorrente –
e contro
F.V.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 5848/2012 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 20/09/2012, R. G. N. 7865/2011.
RILEVATO IN FATTO
che, l’INPS impugna la sentenza n. 5848, depositata in data 20/9/2012, con la quale la Corte d’appello di Roma ha riconosciuto a F.V. il diritto alla pensione di reversibilità in regime internazionale, sulla base della Convenzione Italo Slava del 1984;
che, la Corte territoriale, ritualmente adita, confermava la sentenza di primo grado, che aveva dichiarato il diritto di F.V., quale coniuge superstite di P.V., alla pensione di reversibilità, richiamando i principi dell’ordinamento italiano in tema di pensione di reversibilità come conclamati dalla Corte Cost. (sent. n. 195/90);
che, avverso tale pronuncia ricorre per cassazione l’INPS affidandosi ad un unico motivo;
che, F.V. regolarmente intimata non si è costituita.
CONSIDERATO IN DIRITTO
che, con l’unico motivo di ricorso viene denunciata in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione dell’art. 48 del Regolamento comunitario n. 1408/1971, e della L. n. 903 del 1965, art. 23 per non avere la Corte territoriale debitamente considerato che a seguito dell’ingresso della Slovenia nell’Unione Europea, nella materia “de qua” doveva essere applicato il Regolamento comunitario n. 1408/1971, che all’art. 48 prevedeva per il conseguimento della prestazione la durata dei periodi contributivi non inferiore ad un anno, requisito non ascrivibile al coniuge di F.V., che risultava, invece, titolare di un periodo contributivo inferiore a 52 settimane;
che, il ricorso è infondato per le ragioni che seguono;
che, sulla questione proposta dal ricorrente questa Corte ha già avuto modo di pronunciarsi (sent. n. 23841/15) esprimendo un orientamento che il Collegio condivide ed al quale intende dare continuità;
che, al riguardo, non può essere condivisa la prospettazione dell’INPS, secondo la quale, il diritto al trattamento di reversibilità in tanto può sorgere, in quanto sussistano i requisiti richiesti dalla normativa vigente alla data della morte del dante causa;
che, infatti, tale assunto contrasta con i principi generali e con la ratio dell’istituto desumibile dalla normativa di riferimento e dalle pronunce emesse in materia dalla Corte Cost. (n. 495/93 e n. 195/90), atteso che, se pur vero che dottrina e giurisprudenza (Cass. n. 3300/12 – Cass. n. 21545/08) appaiono concordi nel considerare che la pensione di reversibilità viene acquisita dal superstite “iure proprio” e non “iure hereditatis”, tuttavia ciò non comporta che i requisiti amministrativi, contributivi ed anagrafici debbano essere riferiti al coniuge superstite (il che vanificherebbe le caratteristiche stesse e le finalità della prestazione, per ottenere la quale è sufficiente l’esistenza del rapporto di coniugio o di parentela) e/o all’assetto normativo in vigore al momento del pensionato anzichè a quello in cui è stato collocato in quiescenza;
che, in particolare, per quanto concerne tale ultimo profilo, dal tenore letterale del R.D.L. n. 636 del 1939, art. 13, comma 1 si evince, inequivocabilmente, che la pensione di reversibilità spetta sulla base delle condizioni di assicurazione e contribuzione proprie del dante causa al momento del suo collocamento a riposo;
che, tale assunto esegetico trova, autorevole conferma nella ratio dell’istituto, come individuata dalle citate pronunce della Corte Cost., secondo le quali la pensione di reversibilità ha per scopo quello di soddisfare le esigenze proprie del superstite beneficiario, rappresentate dalla primaria funzione di sostentamento che a suo favore espletava, quando era in vita, il “de cuius”;
che, la Corte territoriale ha fatto corretta applicazione di tali principi, in quanto il coniuge dell’odierna controricorrente al momento del decesso era titolare di pensione diretta in regime internazionale, liquidata in conformità alla convenzione italo/iugoslava al tempo vigente (1/1/1961), in virtù della quale per la totalizzazione dei contributi versati in Italia e nella ex Jugoslavia era sufficiente l’avvenuto versamento anche di un solo contributo settimanale;
che, alla luce delle considerazioni che precedono il ricorso deve, pertanto, essere respinto. Nulla per le spese, stante la mancata costituzione in giudizio della controricorrente. Sussistono i presupposti, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte respinge il ricorso, nulla per le spese.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 19 aprile 2018.
Depositato in Cancelleria il 6 novembre 2018