Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.28236 del 06/11/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BALESTRIERI Federico – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8660/2015 proposto da:

ENTE AUTONOMO VOLTURNO S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore elettivamente domiciliata in ROMA, VIA AVIGNONESI 5, presso lo studio dell’avvocato ENRICO SOPRANO, che lo rappresenta e difende giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

A.A., M.A., FALLIMENTO ***** S.R.L. IN LIQUIDAZIONE;

– intimati –

avverso la sentenza n. 6503/2014 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 03/10/2014 R.G.N. 4707/2011.

RILEVATO

Che:

1. A.A. e M.A., dipendente della Ente Autonomo Volturno – ***** s.r.l. (che ha incorporato la Circumvesuviana s.r.l.), azienda concessionaria del servizio di trasporto regionale, con mansioni di conducenti di autobus addetti sia alla guida che al rilascio dei biglietti con incasso (agente unico) hanno agito per il riconoscimento del diritto alle differenze economiche per il mancato adeguamento della predetta indennità a far tempo dal 1990 e la Corte di appello di Napoli, con sentenza n. 6503 depositata il 3.10.2014, in riforma della sentenza del Tribunale, ha accolto la domanda dichiarando che l’indennità di agente unico, da corrispondere mensilmente in misura pari a venti minuti della retribuzione normale dell’autista di 7^ livello con tre scatti di anzianità, va adeguata alle variazioni di tale retribuzione ed ha assunto il conseguente provvedimento di condanna alle differenze retributive;

2. avverso tale sentenza la società ***** s.r.l. ha proposto ricorso per Cassazione, affidato a due motivi;

3. i lavoratori sono rimasti intimati.

CONSIDERATO

Che:

1. con i due motivi di ricorso la società ***** denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1363 c.c. e degli accordi aziendali 15.3.1988 e 18.11.1988 nonchè del punto 18 dell’accordo nazionale 2.10.1989 (che viene trascritto interamente), assumendo che nel prevedere il diritto alla rivalutazione dell’emolumento, ed escludendo la prospettazione del congelamento dell’indennità, la Corte territoriale ha erroneamente interpretato gli accordi aziendali che hanno operato un integrale rinvio alla Delib. Giunta Regione Campania n. 9240 del 1986 e non ha tenuto conto della formulazione letterale della disposizione del contratto collettivo nazionale che – al di fuori di alcuni elementi della retribuzione normale specificamente e testualmente menzionati – ha cristallizzato la misura di tutti gli altri elementi, a qualsiasi titolo rientranti nella retribuzione normale.

2. i motivi, che possono essere trattati congiuntamente in considerazione della stretta connessione, sono fondati, dovendosi dare continuità all’orientamento consolidato espresso da questa Corte (cfr. Cass., Sez. 6, n. 20966 del 2014, Cass. Sez. 6 n. 18048 del 2015, Cass. 19773 del 2016), che il collegio condivide, secondo cui il punto 18 dell’accordo nazionale del 2.10.1989 ha chiaramente distinto tra retribuzione normale (rivalutabile) e altri compensi, nazionali o aziendali (congelati), ed ha escluso dalla possibilità di rivalutazione, o adeguamento, “ogni altro compenso, nazionale e aziendale, eventualmente espresso in misura percentuale”, che è stato congelato in cifra fissa (quella ormai cristallizzata);

3. l’accordo nazionale – intervenendo sul complesso della retribuzione percepita dai dipendenti – distingue, quindi, le voci retributive in due gruppi, e tra quelle nominativamente indicate (APA, lavoro straordinario, festivo, notturno, indennità di trasferta e di diaria ridotta e TFR) suscettibili di rivalutazione, non include l’indennità di agente unico, con conseguente cristallizzazione di tutti i compensi che non siano stati elencati nella prima parte della previsione, “eventualmente”, e quindi non necessariamente, espressi in percentuale (tra cui rientra, pertanto, l’indennità di agente unico, il cui importo veniva rivalutato in forma parametrica);

4. non possono, infine, ravvisarsi orientamenti contrapposti di questa Corte, in quanto le pronunce – di segno contrario – del 2004 citate dal controricorrente (nn. 3775 e 4257) non avevano preso in considerazione (in quanto non devoluto) l’accordo nazionale del 1989;

5. in conclusione, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata; non essendo necessari ulteriori accertamenti, la causa va decisa nel merito, con il rigetto della domanda introduttiva del giudizio;

6. le spese di lite dei giudizi dei gradi precedenti sono compensate e quelle del presente giudizio di legittimità seguono il criterio della soccombenza dettato dall’art. 91 c.p.c..

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda originaria. Compensa le spese di lite dei precedenti gradi di giudizio e condanna i controricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità liquidate in Euro 200,00 per esborsi e in Euro 3.500,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 5 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 6 novembre 2018

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