Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.28241 del 06/11/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. CURCIO Laura – Consigliere –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7896-2014 proposto da:

L.U., (CF. *****), elettivamente domiciliato in TORINO, VIA LAMARMORA 43, presso lo studio dell’Avvocato GIANPAOLO MASSA, che lo rappresenta e difende giusta delega in atti e che dichiara di volere ricevere tutte le comunicazioni all’indirizzo di posta elettronica certificata:

gianpaolomassaordineavvocatitorino.it;

– ricorrente –

contro

Z.N., nata in *****, residente in *****;

– intimata –

avverso la sentenza n. 814/2013 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata 1’8.8.2013, R.G.N. 87/2013.

RILEVATO

che, con la sentenza n. 894 depositata l’8.8.2013, la Corte di appello di Torino ha confermato la pronuncia del 19.7.2012 del Tribunale della stessa sede con cui, in parziale accoglimento del ricorso proposto da Z.N. nei confronti di L.U., era stato dichiarato essere intercorso tra le parti un rapporto di lavoro subordinato di collaborazione domestica ed era stato condannato il predetto L. al pagamento, a titolo di differenze retributive, della somma di Euro 9.887,15, oltre accessori e spese;

che avverso la decisione di 2^ grado L.B.U. ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un motivo;

che Z.N. non ha svolto attività difensiva;

che il PG non formulato richieste scritte.

CONSIDERATO

che, con il ricorso principale per cassazione, in sintesi, si censura la violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, che era stato oggetto di discussione tra le parti, per non avere la Corte territoriale tenuto conto e per non avere deciso il principale motivo di appello che riguardava la evidente illogicità del ragionamento posto a fondamento della sentenza di primo grado in quanto, diversamente da quanto ritenuto dai giudici di seconde cure, il L. non aveva mai avuto intenzione di regolarizzare come propria dipendente la Z. che aveva avuto con lui solo rapporti amicali: e ciò emergeva, secondo il ricorrente, chiaramente dalle prove espletate;

che il motivo è inammissibile perchè lo stesso si sostanzia nella richiesta di un mero riesame delle emergenze di causa, esaminate dalla Corte di merito, che ha ritenuto invece provato che tra le parti fosse intercorso un rapporto di lavoro subordinato, con una assunzione, in un primo momento, come colf, con la promessa di una regolarizzazione, salvo, poi, che fossero state manifestate altre intenzioni (respinte) di talchè la pratica non fu portata a termine e vi fu la cessazione del versamento degli importi mensili in precedenza corrisposti;

che, pertanto, non si verte nella ipotesi di “omesso esame di un fatto decisivo” che non ricorre se la circostanza, come nel caso in esame, sia stata comunque presa in considerazione benchè la sentenza possa non aver dato conto di tutte le risultanze probatorie (cfr. Cass. Sez. Un. 22.9.2014 n. 19881);

che il controllo di logicità della motivazione, ai fini della nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, applicabile ratione temporis, non è più consentito a meno che non vi sia una ipotesi di assenza totale di motivazione, di motivazione apparente, di contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili o di motivazione perplessa o obiettivamente incomprensibile: fattispecie, queste, non ravvisabili nel caso de quo; che, alla stregua di quanto esposto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;

che nulla va disposto in ordine alle spese di lite non essendovi stata costituzione della intimata; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti, come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 21 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 6 novembre 2018

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