Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.28245 del 06/11/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amalia – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annnalisa – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5780-2015 proposto da:

MINISTERO DELL’INTERNO, ***** in persona del ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI N.12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

A.M.R., elettivamente domiciliata presso la cancelleria di questa Corte, rappresentata e difesa dall’Avvocato FRANCO SCARPELLI, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 621/2014 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 19/08/2014 R.G.N. 360/2012.

RILEVATO

CHE:

la Corte d’Appello di Milano, a conferma della pronuncia di prime cure, ha condannato il Ministero dell’Interno a corrispondere a titolo di responsabilità solidale a A.M.R., addetta alle pulizie presso la Società Lux Tauria s.n.c., aggiudicataria di un appalto di servizi presso la Questura di *****, le differenze retributive e il TFR non pagati dalla società appaltatrice all’atto delle dimissioni della dipendente;

interpretando il D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 1, comma 2 alla luce della Legge Delega n. 30 del 2003, art. 6 la Corte territoriale è giunta a preferire, tra le varie interpretazioni asseritamente ritenute possibili, quella basata sul riconoscimento della responsabilità solidale tra i soggetti del contratto di appalto, nei confronti dei lavoratori utilizzati nell’esecuzione dello stesso, senza ritenere che a ciò fosse da ostacolo la natura pubblica del committente;

la Corte territoriale ha ritenuto che, sebbene il D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 1, comma 2, paia escludere l’applicazione dell’intero decreto legislativo alle pubbliche amministrazioni, l’interpretazione della norma citata, alla luce della legge delega, impone di considerare come una endiadi la formulazione “il decreto non trova applicazione per le pubbliche amministrazioni e… per il loro personale” in esso contenuta, la quale starebbe in luogo dell’espressione “per il personale delle pubbliche amministrazioni”, facendo sì che la p.a. sia esclusa dall’applicazione del D.Lgs. n. 276 del 2003 soltanto quando la stessa opera nella veste di datore di lavoro pubblico, e non anche in quella di committente di un appalto;

la cassazione di tale sentenza è domandata dal Ministero dell’Interno con due motivi;

A.M.R. si è costituita con tempestivo controricorso.

CONSIDERATO

CHE:

col primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il ricorrente deduce “Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, art. 29”.

Contesta puntualmente la ricostruzione offerta dal Giudice dell’Appello e, richiamandosi alla consolidata giurisprudenza di legittimità, afferma l’estraneità delle pubbliche amministrazioni alla disciplina di cui al D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29;

col secondo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, lamenta “Violazione e falsa applicazione dell’art. 429 c.p.c. e della L. 23 dicembre 1994, n. 724, art. 22, comma 36, e D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29”. Lamenta che la Corte territoriale abbia condannato il Ministero a riconoscere cumulativamente gli accessori del credito sulle somme ritenute dovute, sostenendo che un’ipotetica responsabilità avrebbe dovuto essere contenuta entro i limiti legali della generale responsabilità dell’amministrazione per debiti retributivi, dalla quale resta escluso il cumulo tra interessi e rivalutazione;

le censure, che vanno esaminate congiuntamente per connessione, meritano accoglimento;

questa Corte ha avuto modo di pronunciarsi più volte, in merito alla questione proposta dal ricorso in esame, affermando il seguente principio di diritto: “In materia di appalti pubblici, ai sensi del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 1,comma 2, non è applicabile alle pubbliche amministrazioni la responsabilità solidale prevista dall’art. 29, comma 2 richiamato decreto, dovendosi ritenere che il D.L. n. 76 del 2013, art. 9 conv. con modif. nella L. n. 99 del 2013, nella parte in cui prevede la inapplicabilità del suddetto art. 29 ai contratti di appalto stipulati dalle pubbliche amministrazioni di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 1 non abbia carattere di norma d’interpretazione autentica, dotata di efficacia retroattiva, avendo solo esplicitato, senza innovare il quadro normativo previgente, un precetto già desumibile dal testo originario del richiamato art. 29 e dalle successive integrazioni.” (Così Cass. n.20327 del 2016; cfr. anche Cass. n. 10844 del 2018; Cass. n.10644 del 2016; Cass. n.10731 del 2016; Cass. n.15432 del 2014);

al predetto orientamento va data, in questa sede, continuità, atteso che le ragioni indicate a fondamento dei principi affermati, da intendersi qui integralmente richiamate ex art. 118 disp. att. c.p.c., sono del tutto condivise dal Collegio;

in definitiva, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata va cassata;

non essendo necessari altri accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito con il rigetto della domanda proposta da A.M.R. ai sensi del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29;

l’assenza di orientamenti univoci della giurisprudenza di merito e il recente orientamento di questa Corte, successivo alla proposizione del ricorso, giustificano la compensazione delle spese dell’intero processo tra il Ministero dell’Interno e l’odierna controricorrente;

non sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, visto l’accoglimento del ricorso.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda proposta da A.M.R. nei confronti del Ministero dell’Interno, ai sensi del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29. Compensa integralmente le spese del processo tra le suddette parti.

Così deciso in Roma, all’Adunanza Camerale, il 6 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 6 novembre 2018

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