Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.28355 del 07/11/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA E. L. – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo M – Consigliere –

Dott. SUCCIO R. – rel. Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA Maria G. – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 14597/2011 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio eletto in Roma, via Dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato;

– ricorrente –

contro

ISOLA DOLCE s.r.l. in persona del legale rappresentante pro tempore rappresentata e difesa dagli avv.ti Daniele Manca Bitti, Franco Coghe e Luca Coghe, con domicilio eletto giusta delega in atti presso lo studio del primo dei ridetti difensori in Roma, via L.

Luciani n. 1;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Sardegna n. 4/05/11 depositata il 18/01/2011, non notificata;

Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del 9/5/2018 dal Consigliere Dott. Roberto Succio.

RILEVATO

che:

– con la sentenza di cui sopra la Commissione Tributaria Regionale ha respinto l’appello dell’Amministrazione Finanziaria, confermando la pronuncia di prime cure che ha accolto il ricorso della società contribuente annullando l’avviso di accertamento impugnato per IVA e sanzioni relative al periodo d’imposta 1999 nel quale si contestava l’utilizzo di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti;

avverso la sentenza di seconde cure propone ricorso per Cassazione l’Agenzia delle Entrate con ricorso affidato a due motivi. La società contribuente resiste con controricorso;

– con il primo motivo di ricorso si denuncia violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 56, comma 5, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver la CTR erroneamente ritenuto che per adempiere all’obbligo di motivazione “per relationem” fosse necessario da parte dell’Erario allegare i PVC redatti nei confronti di altri contribuenti, al contribuente non noti, e non semplicemente riportarne il contenuto essenziale;

– con il secondo motivo l’Erario rileva l’insufficiente e/o omessa motivazione su fatto controverso e decisivo in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per avere in modo semplicistico la CTR ritenuto che da parte della società sarebbe stata dimostrata la reale esistenza delle operazioni sottese alle fatture dei macchinari e degli impianti attraverso i bonifici bancari.

CONSIDERATO

che:

il primo motivo è fondato;

la sentenza della CTR ha erroneamente statuito ritenendo illegittimo “un accertamento che faccia richiamo a processo verbale di contestazione redatto nei confronti di altro contribuente e non allegato allo stesso avviso”;

invero, la disposizione di cui al D.P.R. n. 633 del 1973, art. 56 ritiene sufficiente, oltre alla allegazione, al comma 5, anche la “riproduzione del contenuto essenziale”; pertanto erra la CTR quando ritiene – come risulta in motivazione – che solo ed esclusivamente l’allegazione soddisfi il requisito di legge;

d’altronde, va rilevato come dal punto di vista sistematico, così come ritenuto dalla Corte (Cass. Sez. 6-5, Ordinanza n. 9323 del 11/04/2017), come anche la L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 1 (disposizione sostanzialmente omologa di quella qui applicabile), che si riferisce solo agli atti di cui il contribuente non abbia già integrale e legale conoscenza, consenta di assolvere all’obbligo di motivazione degli atti tributari anche “per relationem”, ovvero mediante il riferimento ad elementi di fatto risultanti da altri atti o documenti, che siano collegati all’atto notificato, quando lo stesso ne riproduca il contenuto essenziale, cioè l’insieme di quelle parti (oggetto, contenuto e destinatari) dell’atto o del documento necessari e sufficienti per sostenere il contenuto del provvedimento adottato, la cui indicazione permette al contribuente ed al giudice, in sede di eventuale sindacato giurisdizionale, di individuare i luoghi specifici dell’atto richiamato nei quali risiedono le parti del discorso che formano gli elementi della motivazione del provvedimento;

il secondo motivo è pure fondato;

II fisco invero ha ritenuto provata la presenza delle sovrafatturazioni in forza dei seguenti elementi:

a) possesso da parte della contribuente Isola Dolce s.r.l. del 30% del capitale sociale della società GI & GI s.r.l., al momento della stipula del contratto tra le società; al momento della verifica tale partecipazione viene rilevata pari al 15% dai verificatori stessi;

b) riconducibilità dei soci della GI&GI ai soci della ISOLA DOLCE s.r.l. e/o ai suoi amministratori;

c) misura assai elevata del ricarico operato da GI&GI nei confronti di ISOLA DOLCE, pari al 25% circa sulle opere edili, al 48% circa sugli impianti generali, al 106% sui macchinari;

d) entità del ricarico sui macchinari ingiustificato considerato che gli impianti sono stati forniti da GI&GI s.r.l. “chiavi in mano”, e la GI%GI li ha acquistati a sua volta sempre “chiavi in mano”

e) in forza di talì ricarichi anomali, attribuzione al ruolo di GI&GI la natura di mero intermediario commerciale, configurando ciò un artifizio posto in essere con l’effetto di incrementare i costi e le spese della società ISOLA DOLCE a scapito dei fondi della L. n. 488 del 1992;

f) presenza di una voce di fatturazione relativa alla progettazione e agli studi, di importo pari a oltre 1 mld di vecchie Lire, che se da un lato risulta per diretta ammissione dei verificatori effettivamente svolta (ed analoga ammissione si ribadisce da parte del ricorrente a pag. 14 del ricorso, anche se a mezzo professionisti esterni all’organigramma di GI&GI); d’altro canto il fatto che tali operazioni siano state rese dalla società in parola tramite propri dipendenti o tramite collaboratori legati ad essa da diverso vincolo contrattuale potrebbe fa addivenire a diverse conclusioni;

– Orbene, dalla sentenza impugnata si rileva come detti elementi non siano stati adeguatamente vagliati quali elementi presuntivi atti a fornire prova dell’inesistenza; si impone pertanto una nuova valutazione del materiale probatorio al termine della quale la CTR adita in sede di rinvio dovrà indicare – dopo approfondita e migliore valutazione – in forza di quali elementi ritenuti adeguatamente probanti le operazioni di fatturazioni dovranno ritenersi o meno esistenti.

P.Q.M.

accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Sardegna in diversa composizione che provvederà anche quanto alle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 9 maggio 2018.

Depositato in Cancelleria il 7 novembre 2018

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