Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.28365 del 07/11/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA E. L. – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo M – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M. G – rel. Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al numero 25621 del ruolo generale dell’anno 2011 proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

C.C., rappresentato e difeso, giusta procura speciale in calce al controricorso, dall’avv.to Michele Calamita, dall’avv.to Giovanni Schettini e dall’avv.to Luigi Carbone, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv.to Simona Martinelli – Studio legale Romagnoli, in Roma, alla Via Romeo Romei n. 27;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Puglia n. 45/08/2010, depositata in data 23 luglio 2010, non notificata.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 6 giugno 2018 dal Relatore Cons. Dott. Maria Giulia Putaturo Donati Viscido di Nocera.

RILEVATO

che

– con sentenza n. 45/8/2010, depositata in data 23 luglio 2010, non notificata, la Commissione tributaria regionale della Puglia, accoglieva l’appello proposto da C.C. nei confronti dell’Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, avverso la sentenza n. 115/01/2008 della Commissione tributaria provinciale di Bari, annullando, in riforma di quest’ultima, il provvedimento, notificato al contribuente il 10 luglio 2006, di diniego dell’istanza di condono, della L. n. 289 del 2002, ex art. 9 bis, per omessi versamenti, relativi all’anno 2003, di imposte dirette e Iva, motivato per “versamento dopo i termini”;

– in punto di fatto, il giudice di appello ha premesso che: 1) avverso il provvedimento di diniego dell’istanza di condono, della L. n. 289 del 2002, ex art. 9 bis, per omessi versamenti, relativi all’anno 2003, di imposte dirette e Iva, motivato per “versamento dopo i termini”, C.C. aveva proposto ricorso alla CTP di Bari che aveva dichiarato la litispendenza e ordinato la cancellazione della causa dal ruolo, in quanto la medesima istanza di condono era già stata oggetto di precedente provvedimento di diniego notificato il 9 dicembre 2005, motivato per “somma versamenti non capiente con il dichiarato”, afferente agli anni 1997-2003, impugnato con ricorso all’epoca pendente dinanzi alla medesima Commissione; 2) avverso la sentenza della CTP, aveva proposto appello il contribuente deducendo: la violazione e falsa applicazione dell’art. 39 c.p.c., stante la diversità non solo sostanziale ma anche formale dei provvedimenti di diniego di condono; la violazione del divieto di doppia imposizione, essendo stato il precedente provvedimento di diniego sulla medesima istanza di condono annullato dalla medesima Commissione, in sede di appello, con sentenza n. 133/8/09; nel merito, in primo luogo, la nullità del provvedimento di diniego per difetto di motivazione stante la generica giustificazione “per versamenti dopo i termini”; in secondo luogo, la nullità del provvedimento di diniego per il perfezionamento del condono con il pagamento della sola prima rata, nella specie puntualmente versata, essendo state, comunque, le restanti corrisposte, anche se in ritardo; 3) l’Ufficio aveva controdedotto chiedendo la conferma della sentenza di primo grado;

– la CTR, in punto di diritto, per quanto di interesse, ha osservato che: 1) sussistendo la sostanziale diversità di “causae petendi” a fondamento dei due procedimenti promossi avverso i distinti provvedimenti di diniego di condono, motivati diversamente, il primo “per somma versamenti non capiente con il dichiarato”, e, il successivo per “versamenti dopo i termini” – difettava il presupposto per la dichiarazione di litispendenza; 2) l’emissione di due provvedimenti di diniego, in relazione alla medesima istanza di condono, non configurava violazione del divieto di doppia imposizione del D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 67; 3) la motivazione del provvedimento di diniego di condono dovuto a “versamenti dopo i termini” era generica e carente dell’indicazione dei presupposti di fatto e di diritto della L. n. 212 del 2000, ex art. 7; 4) “tanto ancora più” per la considerazione che tale motivazione contrastava con la sentenza n. 133/8/09 dell’11 giugno 2008 della medesima Commissione con la quale era stato accolto l’appello del contribuente, annullando, in riforma della decisione di primo grado, il precedente provvedimento di diniego, notificato il 9 dicembre 2005, fondato sulla pretesa insufficiente capienza dei versamenti effettuati per gli anni 1997-2003; “pure sotto tale profilo”, essendo risultata accertata la capienza dei versamenti, anche per l’anno 2003, doveva ritenersi immotivato oltre che infondato il successivo provvedimento di diniego oggetto della impugnativa in questione; 5) l’accoglimento del motivo di appello relativo al difetto di motivazione del provvedimento di diniego notificato il 10 luglio 2006 assorbiva e rendeva superfluo l’esame dei rimanenti motivi di gravame;

– avverso la sentenza della CTR, l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi, cui resiste C.C., con controricorso;

– il ricorso è stato fissato in Camera di consiglio, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 2 e dell’art. 380-bis.1 c.p.c., introdotti dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis, convertito, con modificazioni, dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197.

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo, la ricorrente denuncia la falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, per avere la CTR annullato il provvedimento di diniego di definizione della L. n. 289 del 2002, ex art. 9 bis, notificato al contribuente il 10 luglio 2006, per difetto di motivazione di cui all’art. 7 della legge citata, senza considerare che, trattandosi di diniego di condono e non di un accertamento, la motivazione ivi riportata per “versamenti dopo i termini” era esaustiva in quanto emersa dal raffronto tra i dati indicati dallo stesso contribuente con la relativa istanza e le date dei versamenti presenti nel sistema, confermate dallo stesso contribuente che aveva ammesso di avere effettuato il pagamento di due rate in ritardo;

– va preliminarmente disattesa l’eccezione sollevata dal contribuente nel controricorso di inammissibilità per difetto di specificità del motivo, in quanto lo stesso contiene una chiara esposizione delle ragioni di diritto a sostegno della dedotta falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7;

– la censura è fondata;

– la sentenza impugnata afferma, infatti, che, ai fini della motivazione del provvedimento di diniego di condono, non sarebbe sufficiente enunciare la circostanza dei “versamenti dopo i termini”, difettando l’indicazione dei presupposti di fatto e di diritto. L’affermazione è erronea, giacchè proprio il versamento tardivo delle rate successive alla prima costituisce la ragione che sorregge in fatto e in diritto, il provvedimento di diniego di condono (v. Cass. 15811 del 2015; v. anche Cass. n. 12251 del 2017);

– ne segue l’affermazione del seguente principio di diritto: “ai fini della motivazione del provvedimento di diniego di condono, della L. n. 289 del 2002, ex art. 9 bis, è sufficiente enunciare la circostanza dell’omesso o intempestivo versamento delle rate successive alla prima, sostanziandosi in queste ultime le ragioni che sorreggono in fatto e in diritto il detto provvedimento”;

– con il secondo motivo, la ricorrente denuncia la contraddittoria motivazione della sentenza impugnata circa un punto decisivo della controversia, per avere la CTR posto a sostegno dell’accoglimento del motivo di gravame concernente la asserita nullità, per difetto di motivazione, del provvedimento di diniego di condono, notificato il 10 luglio 2006, l’argomentazione secondo la quale detta motivazione era in contrasto con la sentenza n. 133/8/09 dell’11 giugno 2008 con la quale la medesima Commissione aveva, in sede di appello, annullato il precedente provvedimento di diniego di condono, notificato il 9 dicembre 2005 e fondato sulla pretesa insufficiente capienza dei versamenti effettuati per gli anni 1997-2003; ciò, in contraddizione con la precedente statuizione con la quale la medesima CTR aveva accolto il primo motivo di gravame del contribuente concernente la asserita mancanza dei presupposti per la dichiarazione di litispendenza, avuto riguardo alla sostanziale diversità della “causae petendi” sottesa ai distinti procedimenti promossi avverso i detti provvedimenti di diniego diversamente motivati;

– l’accoglimento del primo motivo di ricorso, rende superflua l’analisi del secondo, con assorbimento dello stesso;

– con il terzo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione della L. n. 289 del 2002, art. 9 bis, per avere la CTR (implicitamente) accolto il motivo di appello del contribuente concernente la assunta nullità del provvedimento di diniego per validità del condono ex art. 9 bis cit., anche nell’ipotesi di tardivo pagamento delle rate successive alla prima, pur essendo la misura agevolativa della definizione dei “ritardati od omessi versamenti” d’imposta, con rateizzazione del credito ed esonero dal pagamento delle relative sanzioni, giustificabile solo nel caso di versamento di tutte le rate dovute nei termini prefissati dalla detta norma;

– il motivo è fondato;

– nella specie, la CTR, nell’accogliere il motivo di gravame concernente la dedotta nullità del provvedimento di diniego del condono per difetto di motivazione, dichiarava assorbiti i rimanenti motivi di gravame; tale decisione assorbente ha comportato, pertanto, ad avviso del giudice a quo, la superfluità di provvedere sugli ulteriori motivi di appello concernenti la legittimità della procedura agevolativa di “definizione dei ritardati ed omessi versamenti”;

– ne consegue che la decisione assorbente permette di ravvisare la decisione implicita di accoglimento (c.d. assorbimento improprio) anche del motivo di appello concernente la assunta nullità del provvedimento di diniego per validità del condono ex art. 9 bis cit. anche nell’ipotesi di tardivo pagamento delle rate successive alla prima; tale decisione implicita costituisce l’ulteriore ratio decidendi sulla quale poggia la decisione della CTR di annullamento del provvedimento di diniego del condono;

– questa Corte ha più volte affermato il principio secondo cui: “il condono previsto dalla L. n. 289 del 2012, art. 9 bis, relativo alla possibilità di definire gli omessi e tardivi versamenti delle imposte e delle ritenute emergenti dalle dichiarazioni presentate, mediante il solo pagamento dell’imposta e degli interessi o, in caso di mero ritardo, dei soli interessi, senza aggravi e sanzioni, costituisce una forma di condono clemenziale e non premiale come, invece, deve ritenersi per le fattispecie regolate dalla L. n. 289 del 2002, artt. 7,8,9,15 e 16, le quali attribuiscono al contribuente il diritto potestativo di chiedere un accertamento straordinario, da effettuarsi con regole peculiari rispetto a quello ordinario, con la conseguenza che, nell’ipotesi di cui all’art. 9 bis, non essendo necessaria alcuna attività di liquidazione del D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis, in ordine alla determinazione del “quantum”, esattamente indicato nell’importo specificato nella dichiarazione integrativa presentata ai sensi del comma 3, con gli interessi di cui all’art. 4, il condono è condizionato dall’integrale pagamento di quanto dovuto ed il pagamento rateale determina la definizione della lite pendente solo quando tale condizione venga rispettata, e si provveda al pagamento delle imposte, nei termini e nei modi di cui alla medesima disposizione, con la conseguenza che, nel caso di omesso o non integrale pagamento, l’istanza di definizione diviene inefficace e si verifica la perdita della possibilità di avvalersi della definizione anticipata” (cfr. ex multis Cass. nn. 19546 del 2011, 21346 del 2012, 10650 del 2013, 25238 del 2013; 19895 del 2016; 14293 del 2016);

– nella specie, il giudice a quo, nell’accogliere implicitamente il motivo di appello concernente l’assunta nullità del provvedimento di diniego per validità del condono anche nel caso di pagamento tardivo delle rate successive alla prima, non si è attenuto ai suddetti principi;

– a ciò va aggiunto, con riguardo all’Iva, che questa Corte ha più volte affermato, in tema di condono fiscale, che le misure clemenziali (come quelle di cui della L. n. 289 del 2002, citato art. 9-bis) o premiali (come quelle di cui agli artt. 7 ed 8 della medesima Legge) comportanti una rinuncia definitiva dell’Amministrazione alla riscossione di un credito già accertato sono idonee a pregiudicare seriamente il funzionamento del sistema comune dell’IVA, incidendo sulla corretta riscossione di quanto dovuto, e, pertanto, contrastano con la 6^ direttiva n. 77/388/CEE del Consiglio del 17 maggio 1977, cosi come interpretata dalla sentenza della Corte di Giustizia CE 17 luglio 2008, in causa C-132/06;

– va perciò disapplicato, con riferimento all’Iva, della L. n. 289 del 2002, citato art. 9-bis, che, in quanto consente di definire una controversia evitando il pagamento di sanzioni connesse al ritardato od omesso versamento, comporta una rinuncia definitivo alle suddette sanzioni (sanzioni che, per il loro carattere dissuasivo, oltre che repressivo, incidono sul corretto adempimento dell’obbligo di pagamento del tributo principale (ex plurimis, Cass. n. 19546 del 2011; n. 8110 e n. 13505 del 2012; n. 20435 del 2014; n. 420, n. 1003, n. 5953, n. 6667, n. 7852, n. 19436 e n. 20064 del 2015; n. 14293 del 2016; 19895 del 2016);

– in conclusione, il ricorso va accolto; la sentenza impugnata va cassata e, poichè non è in discussione la tardività dei versamenti successivi alla prima rata, non appaiono necessari ulteriori accertamenti di fatto, con decisione di merito ex art. 384 c.p.c., di rigetto del ricorso introduttivo del contribuente avverso il diniego di condono;

– le spese di lite del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo; sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese dei gradi di merito.

P.Q.M.

la Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito, rigetta il ricorso originario di C.C. nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore, avverso il provvedimento di diniego di condono; condanna C.C. al pagamento in favore dell’Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 4.100,00 a titolo di compensi, oltre spese prenotate a debito; compensa tra le parti le spese dei gradi di merito.

Così deciso in Roma, il 6 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 7 novembre 2018

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