LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BRUSCHETTA Ernestino – Presidente –
Dott. NONNO G. M. – Consigliere –
Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –
Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA Maria – rel. Consigliere –
Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
Sul ricorso iscritto al numero 27673 del ruolo generale dell’anno 2011, proposto da:
Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
C.R.F.;
– intimato –
e contro
Equitalia Polis s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore;
– intimata –
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania, sezione staccata di Salerno, n. 403/04/2010, depositata in data 6 ottobre 2010, non notificata;
Lette le conclusioni scritte del PG, in persona del sostituto procuratore generale dott. Cuomo Luigi, il quale ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 6 giugno 2018 dal Relatore Cons. Dott. Maria Giulia Putaturo Donati Viscido di Nocera.
RILEVATO
che:
– con sentenza n. 403/04/2010, depositata in data 6 ottobre 2010, non notificata, la Commissione tributaria regionale della Campania, sezione staccata di Salerno, rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, nei confronti di C.R.F., nonchè di Equitalia Polis s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, avverso la sentenza n. 514/17/2008 della Commissione tributaria provinciale di Salerno che aveva accolto il ricorso proposto dal contribuente nei confronti dell’Agenzia delle entrate e del concessionario avente ad oggetto la domanda di rimborso di quanto versato in eccedenza in forza della cartella di pagamento n. *****, emessa a titolo di Iva, per l’anno di imposta 2001, annullata con sentenza, passata in giudicato, della Commissione tributaria provinciale di Salerno n. 208/13/06, depositata il 3 luglio 2006, in ordine alla quale iscrizione a ruolo l’Amministrazione finanziaria aveva, poi, adottato un provvedimento di sgravio in autotutela;
la CTR, in punto di diritto, per quanto di interesse, ha ritenuto sussistere la contestata legittimazione passiva dell’Agenzia delle entrate, attesa l’inefficienza dalla medesima dimostrata nel non aver provveduto tempestivamente allo sgravio della cartella di pagamento, intervenuto solo in data 6 maggio 2008, dopo l’instaurazione ad opera di Raffaele Francesco C. – con ricorso del 13/19 marzo 2008 – del giudizio avverso il mancato adempimento della sentenza passata in giudicato n. 208 del 2006;
– avverso la sentenza della CTR, l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione affidato a un motivo;
– rimangono intimati C.R.F. e Equitalia Polis s.p.a.;
– il ricorso è stato fissato in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 2 e dell’art. 380-bis.1 c.p.c., introdotti dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis convertito, con modificazioni, dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197.
CONSIDERATO
che:
– con l’unico motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 26, comma 1, per avere la CTR erroneamente rigettato il motivo di appello concernente l’assunto difetto di legittimazione passiva dell’Ufficio – per essere legittimato il concessionario – nel giudizio avente ad oggetto la domanda di rimborso delle somme versate in eccedenza da C.R.F. in relazione alla cartella di pagamento annullata con sentenza passata in giudicato della CTP di Salerno n. 208/13/06, avendo l’Amministrazione finanziaria emesso tempestivamente (in data 26 ottobre 2007) il relativo provvedimento di sgravio delle somme iscritte a ruolo;
– il motivo è fondato per quanto di ragione;
– in ragione della funzione del giudizio di legittimità di garantire l’osservanza e l’uniforme interpretazione della legge, nonchè per omologia con quanto prevede la norma di cui all’art. 384 c.p.c., comma 2, deve ritenersi che, nell’esercizio del potere di qualificazione in diritto dei fatti, la Corte di cassazione giuridica diversa da quella specificamente indicata dalla parte e individuata d’ufficio, con il solo limite che tale individuazione deve avvenire sulla base dei fatti per come accertati nelle fasi di merito ed esposti nel ricorso per cassazione e nella stessa sentenza impugnata, senza cioè che sia necessario l’esperimento di ulteriori indagini di fatto, fermo restando, peraltro, che l’esercizio del potere di qualificazione non deve inoltre confliggere con il principio del monopolio della parte nell’esercizio della domanda e delle eccezioni in senso stretto, con la conseguenza che resta escluso che la Corte possa rilevare l’efficacia giuridica di un fatto se ciò comporta la modifica della domanda per come definita nelle fasi di merito o l’integrazione di una eccezione in senso stretto (Cass. n. 18775 del 2017; n. 3437 del 2014; n. 6935 del 2007);
– nella specie, circostanze incontestate sono il passaggio in giudicato della sentenza n. 208 del 2006 con la quale la CTP di Salerno aveva annullato la cartella di pagamento n. *****, emessa, a titolo di Iva, per l’anno di imposta 2001, in forza della quale era stato versato un importo in eccedenza rispetto al dovuto, e la proposizione della domanda del contribuente volta ad ottenere il detto rimborso con il rito (tributario) ordinario D.Lgs. n. 546 del 1992, ex artt. 18 e ss., anzichè nelle forme del giudizio di ottemperanza ex art. 70 medesimo D.Lgs.;
– ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 68, comma 2: “Se il ricorso viene accolto, il tributo corrisposto in eccedenza rispetto a quanto statuito dalla sentenza della commissione tributaria provinciale, con i relativi interessi previsti dalle leggi fiscali, deve essere rimborsato d’ufficio entro novanta giorni dalla notificazione della sentenza. In caso di mancata esecuzione del rimborso il contribuente può richiedere l’ottemperanza a norma dell’art. 70 alla commissione tributaria provinciale ovvero, se il giudizio è pendente nei gradi successivi, alla commissione tributaria regionale.”;
– la giurisprudenza di questa Corte ha chiarito che il giudizio di ottemperanza agli obblighi derivanti dalle sentenze delle Commissioni tributarie, regolato dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 70 (ai sensi del quale la Commissione tributaria “adotta con sentenza i provvedimenti indispensabili per l’ottemperanza (…) attenendosi agli obblighi risultanti espressamente dal dispositivo della sentenza e tenuto conto della relativa motivazione. Il Collegio se lo ritiene opportuno può (…) nominare un commissario…”), è ammissibile ogni qual volta debba farsi valere l’inerzia della p.a. rispetto al giudicato, ovvero la difformità dell’atto posto in essere dalla medesima in ottemperanza al giudicato rispetto al contenuto della sentenza da eseguire. Esso presenta connotati diversi rispetto al corrispondente, e – per taluni versi – concorrente giudizio esecutivo civile, dal quale si differenzia, perchè il suo scopo non è quello di ottenere l’esecuzione coattiva del comando contenuto nel giudicato, ma di rendere effettivo quel comando, anche, e specialmente, se privo dei caratteri di puntualità e precisione tipici del titolo esecutivo (Cass. n. 646 del 2012; n. 20202 del 2010). Ne discende che se, per un verso, il potere del giudice dell’ottemperanza sul comando definitivo inevaso non può che essere esercitato entro i confini invalicabili posti dall’oggetto della controversia definita con il giudicato, non potendo essere attribuiti alle parti diritti nuovi ed ulteriori rispetto a quelli riconosciuti con la sentenza da eseguire (c.d. carattere chiuso del giudizio di ottemperanza); per altro verso, può – e deve – essere enucleato e precisato da quel giudice il contenuto degli obblighi scaturenti dalla sentenza da eseguire, chiarendosene il reale significato (v., ex plurimis, Cass. 22188 del 2004, 28944 del 2008, 11450 del 2011);
– pertanto, la domanda volta ad ottenere, nelle forme del giudizio (tributario) ordinario, anzichè in quelle del giudizio di ottemperanza D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 70, il rimborso di quanto corrisposto in eccedenza rispetto a quanto statuito dalla sentenza n. 208 del 2006 passata in giudicato è inammissibile siccome proposta secondo un rito diverso da quello previsto come necessario dalla legge, quindi inidonea a conseguire una pronuncia di merito, configurando detta questione una vicenda “litis ingressus impediens” (Cass. n. 9198 del 2017; n. 16867 del 2011);
in conclusione, il ricorso va accolto, con cassazione della sentenza impugnata senza rinvio, ai sensi dell’art. 382 c.p.c., comma 3, seconda parte, in quanto la causa davanti alla CTP non poteva essere proposta;
nulla sulle spese processuali del giudizio di legittimità essendo rimasti intimati C.R.F. ed Equitalia Polis s.p.a.; attesa la novità dell’approccio esegetico cui si è proceduto in questa sede, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese processuali degli altri gradi di giudizio.
P.Q.M.
la Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata senza rinvio. Nulla sulle spese processuali del giudizio di legittimità; compensa tra le parti le spese processuali degli altri gradi di giudizio.
Così deciso in Roma, il 6 giugno 2018.
Depositato in Cancelleria il 7 novembre 2018