LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOCATELLI Giuseppe – rel. Presidente –
Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –
Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –
Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –
Dott. FRAULINI Paolo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 942-2012 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
M.N., elettivamente domiciliata in ROMA VIA G. B. MARTINI 2, presso lo studio dell’avvocato ANNA BRIZZI, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 137/2010 della COMM.TRIB.REG. di ROMA, depositata il 09/11/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15/06/2018 dal Consigliere Dott. UMBERTO LUIGI CESARE GIUSEPPE SCOTTI.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ricorso in data 25/8/2005 M.N. ha impugnato l’atto di accertamento notificatole il 14/6/2005 dall’Agenzia delle Entrate di Roma, che le aveva imputato la percezione di redditi societari maggiori di quelli dichiarati, chiedendo, in via preliminare, di dichiarare la pregiudizialità di ulteriori precedenti atti di accertamento relativi agli anni di imposta 1999, 2000 e 2001.
Tali accertamenti erano stati emessi sul presupposto che i redditi dichiarati dalla società Only England s.r.l., di cui la M. era socia, fossero inferiori a quelli effettivi; il maggior reddito attribuito alla società era stato distribuito fra i soci in base ad una presunzione di percezione degli utili extracontabili realizzati da una società di capitali a ristretta base azionaria.
La ricorrente ha dedotto il mancato assolvimento dell’onere della prova da parte dell’Ufficio in ordine a modalità e tempi di percezione dei redditi in questione.
Si è costituita l’Agenzia dell’Entrate, resistendo alla domanda; la Commissione Tributaria Provinciale di Roma con sentenza del 8/2/2008 ha respinto il ricorso.
M.N. ha proposto appello, lamentando violazione dello statuto dei diritti del contribuente, del principio del contraddittorio e del divieto di doppia presunzione (praesumptio de praesumpto).
L’appellata Agenzia delle Entrate non si è costituita nel giudizio di secondo grado e con sentenza del 22/9-9/11/2010 la Commissione Tributaria Regionale di Roma ha accolto l’appello della contribuente, a spese compensate, rilevando carenza di motivazione della sentenza e di documentazione a sostegno dei presupposti dell’accertamento.
Secondo la Commissione, la presunzione che il maggior reddito percepito dalla Only England s.r.l. fosse stato percepito pro quota dal socio al 25% e privo di responsabilità gestorie non era provata e documentata.
2. Ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate, segnalando peraltro che la sentenza della Commissione Tributaria Regionale di Roma era stata da essa impugnata anche per revocazione, dinanzi alla stessa Commissione, deducendo la falsità della relata di notificazione del ricorso in appello della controparte all’Ufficio Finanziario per mancanza di indicazione del nominativo del consegnatario dell’atto, mancanza di indicazione del nominativo dell’Ufficiale giudiziario procedente, mancanza dei timbri sull’atto asseritamente notificato, falsità del numero cronologico di presunta ricevuta all’Ufficio NEP presso la Corte di appello di Roma.
L’Agenzia delle Entrate ha segnalato altresì lo stato di attuale sospensione del ricorso per revocazione, in attesa della definizione degli accertamenti da condursi in sede penale e ha svolto due motivi di ricorso.
Con il primo motivo, proposto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la ricorrente ha dedotto violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 38 e 41, del “vecchio” T.U.I.R. n. 917 del 1986, artt. 41 e 42 applicabili ratione temporis e dell’art. 2697 c.c..
La pretesa impositiva si basava sulla legittima presunzione di distribuzione degli utili non dichiarati, avallata da consolidato orientamento giurisprudenziale di legittimità, in una situazione acclarata e pacifica relativa ad una società di capitale a ristretta base partecipativa (due soci, la sig.ra M. e D.N.B., residenti allo stesso indirizzo) e in cui la contribuente aveva detenuto il 50%, poi il 25% e poi ancora il 50% del capitale, in difetto di qualsiasi prova contraria offerta dalla contribuente.
Con il secondo motivo, proposto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, l’Agenzia ha dedotto nullità della sentenza e del procedimento per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 16, 20 e 53 e degli artt. 44,145 e 148 c.p.c..
La notificazione dell’atto di appello era inesistente per le ragioni sopra esposte, prospettate a corredo anche della domanda di revocazione.
In particolare, il numero cronologico ***** della presunta ricevuta di presentazione della richiesta di notifica all’UNEP di Roma era dimostrata dalla attestazione rilasciata il 7/12/2010 da quell’Ufficio, da cui risultava che la cassa ***** aveva chiuso al 21/12/2009 con cronologico ***** e il 10/7/2009 non risultavano atti presentati dall’avv. R.S..
Era poi illeggibile la sottoscrizione della relata, non vi era indicazione del nome dell’Ufficiale Giudiziario notificante, mancavano timbri o indicazioni dell’appartenenza del notificatore all’UNEP presso la Corte di appello di Roma, mancava indicazione della persona fisica consegnataria dell’atto.
Ha resistito con controricorso M.N. e ha rilevato preliminarmente che l’Agenzia delle Entrate aveva notificato il ricorso all’avv. R.S., ossia al legale che aveva proposto il ricorso in appello notificato il 13/7/2009, e ha posto in evidenza che nelle more del procedimento di appello l’avv. R. era stato sostituito da nuovi difensori, e cioè l’avv. Anna Brizzi e la dott.ssa B.E., con atto del 7/6/2010, presso le quali ella aveva eletto domicilio, per procura a margine dell’atto dell’istanza di fissazione di udienza urgente.
L’Agenzia delle Entrate non era costituita nel giudizio di appello, sicchè i nuovi difensori non avevano ritenuto necessario notificare la variazione del domicilio eletto prevista per le sole parti costituite dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 17, comma 1.
Fra la signora M. e l’avv. R. si era interrotto ogni rapporto professionale, a causa del ritenuto inadempimento del mandato e anzi la sig.ra M. aveva presentato un esposto nei suoi confronti al Consiglio dell’Ordine di Roma.
La notifica presso l’avv. R. era quindi da considerare inesistente, anche perchè la sentenza impugnata riportava esattamente il nome dei difensori della contribuente, mentre il ricorso per revocazione era stato correttamente notificato il 23/12/2010 all’avv. Anna Brizzi in qualità di difensore.
In data 25/5/2018, dopo aver notificato a controparte in data 22/5/2018 nota di deposito documenti, la difesa della controricorrente ha depositato memoria, corredata della nota di produzione documentale, insistendo sull’inammissibilità del ricorso dell’Avvocatura generale dello Stato per inesistenza della notifica avvenuta in violazione degli artt. 141,84 e 85 c.p.c. ed effettuata presso una persona che non aveva più alcun rapporto con la destinataria dell’atto, M.N., e con la quel versava in rapporti gravemente conflittuali, tanto che la stessa M. aveva sporto nei suoi confronti denuncia-querela in data 23/9/2011 alla Procura della Repubblica di Roma, in data anteriore alla proposizione del ricorso da parte dell’Avvocatura (27/12/2011).
La controricorrente ha fatto presente che con tale atto essa aveva disconosciuto la propria sottoscrizione in calce al mandato difensivo inserito nell’atto di appello e ha aggiunto che la Procura della Repubblica aveva chiesto l’archiviazione del procedimento ed essa si era opposta.
La controricorrente ha altresì ribadito che l’Avvocatura aveva notificato l’impugnazione al difensore sostituito, in una situazione di conoscenza legale del subentro di nuovo difensore e dopo aver correttamente notificato in data 23/12/2010 il ricorso per revocazione al nuovo difensore subentrato.
La difesa di M.N. ha segnalato inoltre sia che la Commissione Tributaria Regionale di Roma con sentenza n. 5110 del 7/9/2016, passata in giudicato, aveva dichiarato inammissibile il ricorso per revocazione, poichè al momento della presentazione del ricorso non esisteva alcuna affermazione definitiva di falsità della relata di notificazione e della ricevuta UNEP, sia che il Tribunale di Roma con sentenza n. 1839 del 7/2/2016 aveva dichiarato non doversi procedere nei confronti dell’avv. R.S. e di M.N. perchè i reati loro ascritti erano estinti per prescrizione.
La nota di produzione documentale contiene copia della denuncia querela presentata dalla controricorrente in data 23/9/2011 alla Procura della Repubblica di Roma, della richiesta di archiviazione in data 21/10/2014 e del suo atto di opposizione in data 25/11/2015, dell’esposto presentato dalla Direzione Provinciale di Roma il 27/1/2011 alla Procura della Repubblica di Roma e la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del 7/2/2016, passata in giudicato.
Con memoria in data 30/5/2018 ha replicato la ricorrente, sottolineando che l’avvenuta costituzione della controparte aveva determinato la corretta costituzione del contraddittorio, poichè il vizio eventualmente affliggente la notificazione del ricorso al procuratore poi sostituito non determinava una forma di inesistenza dell’atto, secondo i principi scanditi dalla pronuncia 20/7/2016 n. 14916 delle Sezioni Unite, seguiti da copiosa giurisprudenza di legittimità successiva.
Per altro verso, la ricorrente ha sottolineato il fatto che la controparte aveva dichiarato di non aver sottoscritto la procura in forza della quale l’avv. R. aveva proposto l’atto di appello, con la conseguente inammissibilità del gravame per carenza originaria di jus postulandi e invalidità della sottoscrizione dell’atto di gravame, con la conseguente nullità derivata della sentenza impugnata, rilevabile d’ufficio da parte della Corte Suprema.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. La questione preliminare attinente all’eccepita inammissibilità del ricorso per cassazione dell’Agenzia delle Entrate, in ragione dell’asserita inesistenza della notificazione del ricorso all’originario difensore sostituito, è infondata.
1.1. Anche se la stessa ricorrente riconosce di non avere comunicato la variazione del domicilio eletto alla Agenzia delle Entrate perchè l’appellata non risultava costituita nel giudizio di secondo grado, dall’epigrafe della sentenza di appello, qui impugnata, risulta però il nominativo dei nuovi difensori che avevano sostituito l’avv. R.S. (ossia gli avv.ti Anna Brizzi e B.E.).
Tuttavia, se è vero che la notificazione del ricorso per cassazione è stata eseguita nei confronti del procuratore sostituito e non dei nuovi difensori, è altrettanto vero però che l’avv. R. ha trasmesso l’atto alla parte interessata, con cui pure era entrato in conflitto, come riconosce la stessa controricorrente, mettendola in condizione di costituirsi tempestivamente e contro-ricorrere nel giudizio di legittimità.
1.2. Infatti deve trovare puntuale applicazione nella fattispecie la nozione ristretta di inesistenza della notificazione, nei termini precisati dalla pronuncia delle Sezioni Unite n. 14916 del 20/7/2016, in cui non rientra la fattispecie in esame; ogni ipotetica nullità della notificazione del ricorso per cassazione è perciò da ritenersi sanata dall’avvenuta costituzione della controricorrente ex art. 156 c.p.c..
In tema di ricorso per cassazione, il luogo in cui la notificazione viene eseguita non attiene agli elementi costitutivi essenziali dell’atto. Ne consegue che i vizi relativi all’individuazione di detto luogo, anche qualora esso si riveli privo di alcun collegamento col destinatario, ricadono sempre nell’ambito della nullità dell’atto, come tale sanabile, con efficacia ex tunc, o per raggiungimento dello scopo, a seguito della costituzione della parte intimata (anche se compiuta al solo fine di eccepire la nullità), o in conseguenza della rinnovazione della notificazione, effettuata spontaneamente dalla parte stessa oppure su ordine del giudice ai sensi dell’art. 291 c.p.c..
L’inesistenza della notificazione del ricorso per cassazione è configurabile, in base ai principi di strumentalità delle forme degli atti processuali e del giusto processo, oltre che in caso di totale mancanza materiale dell’atto, solo nelle ipotesi in cui venga posta in essere un’attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione, ricadendo ogni altra ipotesi di difformità dal modello legale nella categoria della nullità. Tali elementi consistono: a) nell’attività di trasmissione, svolta da un soggetto qualificato, dotato, in base alla legge, della possibilità giuridica di compiere detta attività, in modo da poter ritenere esistente e individuabile il potere esercitato; b) nella fase di consegna, intesa in senso lato come raggiungimento di uno qualsiasi degli esiti positivi della notificazione previsti dall’ordinamento (in virtù dei quali, cioè, la stessa debba comunque considerarsi, ex lege, eseguita), restando, pertanto, esclusi soltanto i casi in cui l’atto venga restituito puramente e semplicemente al mittente, così da dover reputare la notificazione meramente tentata ma non compiuta, cioè, in definitiva, omessa.
2. La ricorrente, a sua volta, con memoria in data 30/5/2018 ha formulato un’eccezione di carattere preliminare, ponendo in evidenza il fatto che la signora M. aveva dichiarato, con la denuncia-querela presentata in data 23/9/2011 alla Procura della Repubblica di Roma, prodotta in copia con la nota di deposito del 22/5/2018, di non aver sottoscritto la procura in forza della quale l’avv. R. aveva proposto l’atto di appello; da ciò conseguirebbe l’inammissibilità dell’appello per carenza originaria di jus postulandi e invalidità della sottoscrizione dell’atto di gravame, con la conseguente nullità derivata della sentenza impugnata, rilevabile d’ufficio da parte della Corte Suprema.
L’eccezione proposta esula dal contenuto dei motivi del ricorso proposto in sede di legittimità, esige accertamenti in fatto non consentiti in questa sede e non tiene neppure conto del possesso da parte del predetto avv. R.S. di una procura rilasciata per il giudizio di primo grado, ma estesa ai gradi successivi.
Infatti la nullità della procura conferita per il grado di appello non comporta la nullità della costituzione in appello e l’inammissibilità del gravame, ove la parte abbia comunque rilasciato in primo grado una procura alle liti valida per tutti i gradi del giudizio, perchè il richiamo nell’atto di impugnazione ad una procura invalida non comporta di per sè una implicita rinuncia ad avvalersi dell’altra, precedentemente conferita (Sez. 3, Sentenza n. 25810 del 10/12/2009, Rv. 610399 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 17042 del 28/07/2014, Rv. 631865 – 01).
3. Il giudizio conseguente all’impugnazione per revocazione procede indipendentemente dall’impugnazione ordinaria in sede di legittimità.
Infatti, il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 64, comma 1, nel testo anteriore alle modifiche apportate del D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 156, art. 9, comma 1, lett. cc), a decorrere dal 1 gennaio 2016, nella parte in cui subordinava l’ammissibilità della revocazione ordinaria alla non ulteriore impugnabilità della sentenza sul punto dell’accertamento in fatto, non si riferiva all’inoppugnabilità derivante dalla scadenza dei termini per l’impugnazione ma a quella derivante dalle preclusioni relative all’oggetto del giudizio, ovverosia, per le sentenze di secondo grado, all’impossibilità di contestare l’accertamento in fatto in sede di legittimità; ne consegue l’ammissibilità della revocazione ordinaria avverso una sentenza della Commissione Tributaria Regionale inoppugnabile sotto il profilo dell’accertamento in fatto, ancorchè non sia ancora scaduto il termine per la proposizione del ricorso per cassazione. (Sez. 6, 26/09/2017, n. 22385).
Del resto, ai sensi dell’art. 398 c.p.c., comma 4, la proposizione della revocazione non sospende il termine per proporre il ricorso per cassazione o il procedimento relativo.
In ogni caso, il giudizio di revocazione è stato comunque definito con sentenza della Commissione Tributaria Regionale di Roma n. 5110 del 7/9/2016, passata in giudicato, che ha dichiarato inammissibile il ricorso per revocazione, poichè al momento della sua presentazione non esisteva alcuna affermazione definitiva di falsità della relata di notificazione e della ricevuta UNEP.
E’ stato documentato inoltre che il Tribunale di Roma con sentenza n. 1839 del 7/2/2016 ha dichiarato non doversi procedere nei confronti dell’avv. R.S. e di M.N. perchè i reati loro ascritti sono estinti per prescrizione.
4. Il secondo motivo di ricorso merita preventivo esame, ancorchè postergato nella scansione impressa dalla ricorrente, in quanto logicamente e giuridicamente prioritario, visto che con esso l’Agenzia delle Entrate deduce nullità della sentenza per radicale inesistenza della notificazione dell’atto di appello.
4.1. Restano in disparte i temi inerenti la denunciata falsificazione della relata di notifica, che non risulta accertata in sede penale, laddove i reati addebitati sia all’avv. R.S., sia alla stessa cliente da lui patrocinata, ossia la signora M.N. sono stati dichiarati estinti per intervenuta prescrizione ex art. 129 c.p.p..
4.2. Tuttavia, anche considerando genuina (ossia non falsificata) la predetta relata di notificazione, riprodotta nel ricorso e comunque suscettibile di esame diretto da parte di questa Corte, quale giudice del “fatto processuale”, è evidente la sua radicale inesistenza pur nella prospettiva restrittiva sopra ricordata.
Infatti la sottoscrizione della relata è illeggibile e soprattutto non vi è alcuna indicazione del nome dell’Ufficiale Giudiziario notificante e mancano timbri o indicazioni dell’appartenenza del notificatore all’UNEP presso la Corte di appello di Roma.
Non è quindi possibile attribuire l’atto a un pubblico ufficiale individuato o individuabile, legittimato a conferirvi pubblica fede.
Secondo la già richiamata sentenza delle Sezioni Unite del 20/07/2016, n. 14916 l’inesistenza della notificazione è configurabile, in base ai principi di strumentalità delle forme degli atti processuali e del giusto processo, oltre che in caso di totale mancanza materiale dell’atto, allorchè venga posta in essere un’attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione, mentre ogni altra ipotesi di difformità dal modello legale ricade nella categoria della nullità.
Il primo di questi elementi consiste nell’attività di trasmissione, svolta da un soggetto qualificato, dotato, in base alla legge, della possibilità giuridica di compiere detta attività, in modo da poter ritenere esistente e individuabile il potere esercitato.
Ciò manca nel caso concreto, poichè il totale silenzio della relata sul suo autore, neppur superabile con l’identificazione attraverso la sottoscrizione illeggibile, oltre alla mancanza di qualsiasi timbro che consenta di riferire l’atto all’Ufficio Notifiche e alla inesistenza del numero di cronologico indicato nella presunta ricevuta di presentazione dell’atto all’Ufficio Notifiche, attestata dallo stesso UNEP con dichiarazione riportata in documento all. 3), non permettono di attribuire l’atto a un soggetto qualificato e legittimato al compimento dell’attività notificatoria.
L’art. 148 c.p.c. in tema di “Relazione di notificazione” disponendo infatti che l’ufficiale giudiziario certifica l’eseguita notificazione mediante relazione da lui datata e sottoscritta, apposta in calce all’originale e alla copia dell’atto, che indica la persona alla quale è consegnata la copia e le sue qualità, nonchè il luogo della consegna, esige quale elemento essenziale di esistenza dell’atto la sua riconducibilità ad un pubblico ufficiale ben determinato che lo sottoscrive.
4.3. Trova quindi applicazione l’art. 382 c.p.c., comma 3, secondo il quale la Corte di Cassazione cassa senza rinvio in ogni altro caso, diverso rispetto al difetto di giurisdizione, in cui ritiene che la causa non potesse essere proposta o il processo proseguito.
5. Il primo motivo, pur evidentemente fondato, resta quindi assorbito.
Infatti, in tema di accertamento delle imposte sui redditi, nel caso di società di capitali a ristretta base azionaria, ove siano accertati utili non contabilizzati, opera la presunzione di attribuzione pro quota ai soci degli utili stessi, salva la prova contraria che i maggiori ricavi sono stati accantonati o reinvestiti. (Sez. 5, Sentenza n. 24534 del 18/10/2017, Rv. 645914 – 01; Sez. 5, n. 27778 del 22/11/2017, Rv. 646282; Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 24572 del 18/11/2014, Rv. 633455; Sez. 5, Sentenza n. 5076 del 02/03/2011, Rv. 616983 – 01; Sez. 5, Sentenza n. 13338 del 10/06/2009, Rv. 608363 – 01).
Nella fattispecie si verteva in una situazione relativa ad una società di capitale a ristretta base partecipativa (due soci, M.N. e D.N.B., residenti allo stesso indirizzo) e in cui la contribuente aveva detenuto il 50%, poi il 25% e poi ancora il 50% del capitale, in difetto di prova contraria offerta dalla contribuente.
6. Le spese seguono la soccombenza, liquidate come in dispositivo, avuto riguardo al D.M. 10 marzo 2014, n. 55 e allo scaglione corrispondente al valore della controversia.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso e, decidendo nel merito, cassa senza rinvio la sentenza impugnata, a norma dell’art. 382 c.p.c., u.c..
Condanna la contribuente al rimborso delle spese in favore dell’Agenzia delle Entrate, liquidate in Euro 4.000,00, oltre spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, il 15 giugno 2018.
Depositato in Cancelleria il 7 novembre 2018