Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.28384 del 07/11/2018

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA E. L. – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo M – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA Maria G. – Consigliere –

Dott. GORI P. – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 22910/2011 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (c.f. *****), in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio eletto in Roma, via Dei Portoghesi, n. 12;

– ricorrente –

contro

F.LLI M. S.R.L., (c.f. *****), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Paolo Speciale, con domicilio eletto in Roma, via Poma, n. 2, presso lo studio dell’Avv. Raniero Valle;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale delle Marche, n. 231/1/2010 depositata il 13 luglio 2010, non notificata.

Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 20 giugno 2018 dal Consigliere Dott. Pierpaolo Gori.

RILEVATO

che:

– Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale delle Marche (in seguito, CTR), veniva rigettato l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate contro la F.LLI M. S.R.L. (in seguito, la contribuente), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Ancona (in seguito, CTP) n. 278/01/2007, a sua volta avente ad oggetto un avviso di accertamento relativo a IVA per l’anno di imposta 2000;

– Veniva quindi confermata la sentenza di primo grado, con cui la CTP accoglieva il ricorso della società proposto contro la ripresa a tassazione per omessa fatturazione di operazioni imponibili e presentazione di dichiarazione annuale IVA con imposta inferiore.

Proponeva appello l’Agenzia, resisteva l’appellata, e la CTR confermava la sentenza di primo grado;

– Avverso la sentenza della CTR propone ricorso l’Agenzia affidato a quattro motivi, mentre la contribuente resiste con controricorso che illustra con memoria.

CONSIDERATO

che:

– Preliminarmente va dato atto del fatto che la contribuente ha sollevato in sede di controricorso, e ribadito in memoria, un’eccezione di inammissibilità dell’intero ricorso, in quanto, a suo dire, diretto ad una mera rivalutazione del merito; l’eccezione è destituita di fondamento, in quanto le singole censure sono dirette a sindacare violazioni di legge, al primo e terzo motivo, la nullità della sentenza per ultra petizione al quarto mentre, solo al secondo motivo, è dedotto un vizio motivazionale e, per ciò solo, l’eccezione è destituita di fondamento;

– Tanto premesso, con il primo motivo, si censura la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51,comma 2, punti 2) e 7), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver la CTR ritenuto che le movimentazioni bancarie non giustificate riscontrate nei conti intestati agli unici due soci della contribuente non fossero idonee a fondare, ai sensi delle citate previsioni normative, presunzioni idonee alla ripresa a tassazione;

– Con il terzo motivo, si deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per erronea applicazione del canone di riparto dell’onere della prova in dipendenza delle presunzioni discendenti dalle previsioni normative sopra richiamate;

– I due motivi, strettamente connessi in quanto deduzioni di violazioni di legge incentrate sull’applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, da parte della CTR al caso di specie sono fondati;

– In tema di accertamento dell’IVA, la presunzione stabilita dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 51, comma 2, n. 2, secondo cui le movimentazioni sui conti bancari risultanti dai dati acquisiti dall’Ufficio finanziario si presumono conseguenza di operazioni imponibili, opera anche in relazione alle società di capitali con riferimento alle somme di danaro movimentate sui conti intestati ai soci o ai loro congiunti, conti che devono ritenersi riferibili alla società contribuente stessa, in presenza di alcuni elementi sintomatici, come la ristretta compagine sociale ed il rapporto di stretta contiguità familiare tra l’amministratore, o i soci, ed i congiunti intestatari dei conti bancari sottoposti a verifica. In tal caso, infatti, è particolarmente elevata la probabilità che le movimentazioni sui conti bancari dei soci, e perfino dei loro familiari, debbano – in difetto di specifiche ed analitiche dimostrazioni di segno contrario – ascriversi allo stesso ente sottoposto a verifica (Cass. 12 giugno 2015 n. 12276); è esattamente il caso di specie, in cui la contribuente, una società di capitali, è nondimeno a ristretta base sociale, contando unicamente due soci;

– Orbene, al fine di superare la presunzione posta a carico del contribuente dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 51,comma 2, n. 2 (in virtù della quale le movimentazioni di denaro risultanti dai dati acquisiti dall’ufficio si presumono costituire conseguenza di operazioni imponibili), non è sufficiente al contribuente dimostrare genericamente di avere fatto affluire su un proprio conto corrente bancario, nell’esercizio della propria professione, somme affidategli da terzi in amministrazione, ma è necessario che egli fornisca la prova analitica della riferibilità all’attività di maneggio di denaro altrui di ogni singola movimentazione del conto (Cass. 13 giugno 2007 n. 13818); nulla di ciò è stato nemmeno dedotto nel caso in esame, essendo irrilevanti le dichiarazioni dei titolari dei conti a sè favorevoli, dovendo essere dato riscontro delle giustificazioni, essenzialmente in via documentale, al fine di superare le presunzioni gravi precise e concordanti emergenti dall’incrocio delle movimentazioni bancarie sui conti degli unici due soci; sul punto la CTR non ha dimostrato di aver ben governato l’applicazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 51, risultando la motivazione carente, in quanto non sono in alcun modo menzionate le evidenze documentali che giustificherebbero l’allegazione della società di essere i conti estranei all’attività aziendale, ad es. indicando fonti di rapporti di provvista alternative, causali specifiche emergenti per iscritto dalle singole disposizioni bancarie (bonifici, trasferimenti) estranee all’esercizio dell’attività di impresa, e simili;

– Dall’accoglimento dei motivi primo e terzo discende l’assorbimento del secondo motivo, vizio motivazionale relativo alla medesima ratio decidendi, e quarto, denunciante la nullità della sentenza per ultrapetizione, considerato anche che il riferimento al condono ex lege n. 289 del 2002, contenuto in sentenza circa le imposte dirette, non oggetto del giudizio, non costituisce un’autonoma ratio decidendi ma è un mero riferimento fattuale utilizzato nella ricostruzione della fattispecie, obiter, come peraltro affermato dalla stessa contribuente in ricorso, e confermato dalla non applicabilità del rimedio all’IVA; per l’effetto, la sentenza impugnata dev’essere cassata, con rinvio alla CTR, in diversa composizione, in relazione ai profili accolti, e per il regolamento delle spese di lite.

P.Q.M.

la Corte:

accoglie il primo e terzo motivo ricorso, assorbiti il secondo e quarto, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR, in diversa composizione, in relazione ai profili accolti, e per il regolamento delle spese di lite.

Così deciso in Roma, il 20 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 7 novembre 2018

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472