Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.28387 del 07/11/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA E. L. – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo M – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA Maria G. – Consigliere –

Dott. GORI P. – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 30348/2011 R.G. proposto da:

L.V.C., (c.f. *****), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Luigi Manzi e dall’Avv. Cesare Glendi, con domicilio eletto in Roma, via Federico Confalonieri n. 5, presso lo studio dell’Avv. Luigi Manzi;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (c.f. *****), in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio eletto in Roma, via Dei Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Toscana, n. 180/1/2010 depositata il 26 ottobre 2010, notificata in data 23 dicembre 2011.

Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 20 giugno 2018 dal Consigliere Dott. Pierpaolo Gori.

RILEVATO

che:

– Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Toscana (in seguito, CTR), veniva accolto l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate contro L.V.C., titolare dell’omonima ditta individuale (in seguito, il contribuente), e rigettato l’appello incidentale da questo proposto avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Firenze (in seguito, CTP) n. 126/08/2009, a sua volta avente ad oggetto quattro avvisi di accertamento relativi a IRPEF, ILOR, IVA e IRAP per gli anni di imposta 1997, 1998, 1999 e 2000, emessi sulla base di accertamenti bancari;

– Veniva, per l’effetto, riformata la sentenza di primo grado, con cui la CTP accoglieva il ricorso del contribuente limitatamente all’avviso di accertamento IRPEF e ILOR 1997; avverso la decisione le parti proponevano appello sui capi di rispettiva soccombenza, con l’esito sopra indicato;

– Avverso la sentenza della CTR propone ricorso la contribuente affidato a cinque motivi, mentre l’Agenzia resiste con controricorso.

CONSIDERATO

che:

– Con il primo ed il secondo motivo di ricorso, si deduce la violazione dell’art. 36, comma 2, nn. 2, 3, 4 e 5, richiamato dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 61, denuncia del D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 62, comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per l’assenza nella sentenza gravata dello svolgimento del processo e delle richieste delle parti, e la succinta esposizione dei motivi in fatto e in diritto;

– I motivi sono inammissibili in quanto formalistici e in difetto di decisività. Va considerato che nel caso di specie non è completamente carente l’esposizione dello svolgimento del processo la quale, per quanto succinta, è idonea a delineare i tratti essenziali della lite e della ripresa a tassazione, ai fini dell’art. 156 c.p.c., comma 2, consentendo con sufficiente certezza di individuare gli elementi di fatto considerati o presupposti nella decisione (cfr. Cass. 9 gennaio 2003 n. 114, con riferimento al testo previgente dell’art. 132 c.p.c., n. 4); sono poi desumibili le stesse richieste delle parti e l’esposizione dei motivi in fatto e diritto, considerato che sono identificate nella motivazione, oltre all’oggetto della ripresa, anche le critiche mosse dagli appellanti alle statuizioni di primo grado e il contenuto degli atti introduttivi del processo di appello, evincibili dai sintetici capi della motivazione in diritto; dunque, i requisiti minimi richiesti dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, sono rispettati non avendo la brevità della motivazione inciso sull’attività del giudice in concreto. Infatti, la fattispecie è chiaramente incentrata sui presupposti e le risultanze dell’applicazione degli accertamenti bancari a conti del ricorrente, titolare di una ditta individuale, nè il contribuente evidenza in quale misura le denunciate carenze formali avrebbero inciso sul suo diritto di difesa e sulla controllabilità della decisione, nè lamenta che le mancanze si sarebbero risolte in un difetto di motivazione circa un punto decisivo della controversia, nè allega essersi risolte in una omissione di esame o di pronuncia su domande od eccezioni di parte;

– In conclusione, sotto il profilo della denunciata lesione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, ai fini del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, come visto, la pure succinta esposizione della motivazione non rende impossibile l’individuazione del thema decidendum e delle ragioni che stanno a fondamento del dispositivo, requisiti minimi costantemente richiesti dalla giurisprudenza di questa Corte ai fini della previsione normativa richiamata (Cass. 12 marzo 2002 n. 3547; Cass. 16 dicembre 2013 n. 28113; Cass. 11 giugno 2014 n. 13148) e concretamente sussistenti per le ragioni sopra svolte;

– Con il terzo motivo, si deduce la violazione o falsa applicazione dell’art. 112 e dell’art. 329 c.p.c., richiamati dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1, comma 2, denuncia del D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 62, comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per esservi incertezza sul fatto che l’accoglimento dell’appello dell’ufficio debbano intendersi caducati gli accertamenti impugnati per le parti disattese dalla CTU rispetto alle quali l’Ufficio aveva prestato parziale acquiescenza;

– Con il quarto motivo, si deduce la violazione o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., in relazione al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, n. 2, denuncia del D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 62, comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non aver la CTR tenuto conto del fatto che il contribuente aveva offerto la piena prova documentale della perfetta rispondenza dei movimenti transitati sul conto corrente n. ***** con le scritture contabili, e della non riferibilità dei prelevamenti e versamenti sui conti n. ***** e n. ***** alla ditta del contribuente;

– Con il quinto motivo si deduce l’omessa e insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio, denuncia del D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 62, comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver la CTR ignorato la presenza della CTU esperita in primo grado;

– I motivi, strettamente connessi e, per tale ragione, da trattarsi congiuntamente, sono infondati. Risulta incontroverso che l’Agenzia ha rinunciato ad appellare la sentenza di prime cure solo circa i movimenti transitati sul conto corrente n. *****, come si legge anche in controricorso, nè il contribuente assume il contrario nel corpo dei motivi di ricorso, in cui si legge solo che l’Agenzia avrebbe prestato quiescenza, a suo dire, integrale alle conclusioni della CTU; conseguentemente, l’incertezza dedotta per la mancata menzione della CTU nella sentenza appellata resta sul piano teorico, per essere la motivazione molto concisa, ma non si traduce in un’effettivo concreto dubbio sul perimetro dell’impugnazione e sull’oggetto della decisione che, con certezza, esclude solo i movimenti sul conto n. *****; semplicemente, la CTR non ha ritenuto necessario menzionare espressamente la presenza della consulenza tecnica disposta in primo grado, ragionando sull’applicazione alle risultanze istruttorie nel loro complesso dell’insegnamento giurisprudenziale di questa Corte, circa la presunzione stabilita dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 51, comma 2, n. 2;

– In sintesi, la giurisprudenza di questa Corte a riguardo afferma che le movimentazioni sui conti bancari risultanti dai dati acquisiti dall’Ufficio finanziario si presumono conseguenza di operazioni imponibili, opera anche in relazione alle società di capitali con riferimento alle somme di danaro movimentate sui conti intestati ai soci o ai loro congiunti, conti che devono ritenersi riferibili alla società contribuente stessa, in presenza di alcuni elementi sintomatici, come la ristretta compagine sociale ed il rapporto di stretta contiguità familiare tra l’amministratore, o i soci, ed i congiunti intestatari dei conti bancari sottoposti a verifica. In tal caso, infatti, è particolarmente elevata la probabilità che le movimentazioni sui conti bancari dei soci, e perfino dei loro familiari, debbano – in difetto di specifiche ed analitiche dimostrazioni di segno contrario – ascriversi allo stesso ente sottoposto a verifica (Cass. 12 giugno 2015 n. 12276), come nel caso di specie, in cui, premesso che gli accertamenti bancari in questione, nei limiti dell’impugnazione in appello, vertenti su due conti (n. ***** e n. *****) pacificamente intestati al contribuente, titolare di ditta individuale, l’onere non risulta da questi assolto, nè esso in sede di ricorso viene sostanziato attraverso la proposizione di un motivo di impugnazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in cui si faccia valere una prova decisiva di segno contrario non esaminata dal giudice d’appello;

– Al rigetto del ricorso segue la soccombenza del ricorrente anche sul capo relativo alle spese di lite.

PQM

la Corte:

rigetta il ricorso;

condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore dell’Agenzia delle Entrate, liquidate in Euro 7.830,00, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 20 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 7 novembre 2018

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