Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.28388 del 07/11/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino – Presidente –

Dott. NONNO G. M. – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA Maria G. – Consigliere –

Dott. ANTEZZA – rel. est. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 22827/2011 R.G. proposto da:

SCALA ITALIA s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, con sede in Roma, Via Sistina n. 121, C.F. *****, rappresentata e difesa dall’Avv. Antonio Vitucci, con studio in Roma, Via Santa Costanza n. 35, presso il quale è elettivamente domiciliata;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12, domicilia;

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale di Roma, n. 50/29/2011, pronunciata il 14 dicembre 2010 e depositata il 2 febbraio 2011;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20 giugno 2018 dal Consigliere Fabio Antezza.

FATTI DI CAUSA

1. SCALA ITALIA s.r.l. propose appello avverso la sentenza n. 131/53/2008, emessa dalla CTP di Roma l’11 aprile 2008, di rigetto del ricorso proposto contro cartella di pagamento, notificata al contribuente il 30 settembre 2003, per ritenute alla fonte non versate ed IVA relative all’anno d’imposta 2000.

In primo grado il ricorrente sostenne la tardività sia del ruolo che della notifica della cartella nonchè l’intervenuta estinzione dell’obbligazione tributaria avvenuta con il pagamento dei giusti importi e nei termini di legge, ancorchè con codici errati. La CTP, invece, rigettò il ricorso ritenendo tempestivamente notificata la cartella, incorporante il ruolo, in quanto avvenuta nel termine di cinque anni successivi alla dichiarazione dei redditi del 2001 (L. 31 luglio 2005, n. 156, ex art. 1, comma 5-bis, di conversione, con modificazioni, del D.L. 17 giugno 2005, n. 106).

2. In sede di appello la contribuente ripropose le medesime doglianze già prospettate in primo grado ed inerenti l’atto impositivo che, però, la CTR non accolse. Quest’ultima, in particolare, sempre in applicazione del citato art. 1, comma 5-bis, confermò la sentenza impugnata ritenendo tempestivamente notificata la cartella di pagamento il 30 settembre 2003, in quanto data risultante dalla documentazione agli atti e non messa in dubbio dal ricorrente se non con mera dichiarazione verbale del difensore resa all’udienza di discussione (consistente in mera prospettazione della diversa data di notifica del 30 settembre 2004).

Parimenti, l’appello fu rigettato anche con riferimento al merito delle pretese, non avendo il ricorrente provato l’asserita estinzione dell’obbligazione tributaria mediante pagamento dei giusti importi e nei termini di legge, ancorchè con codici errati. All’assenza di prova da parte del contribuente si aggiunse altresì la prova fornita dall’Amministrazione finanziaria circa l’assenza della detta estinzione, ulteriormente suffragata da una dettagliata relazione fornita dalla stessa A.E. su richiesta della Corte territoriale. Da essa e dalla relativa documentazione allegata emerse, difatti, che “esaminati i versamenti abbinati al 770 in esame, indipendentemente dal codice di versamento, nessuno corrisponde agli importi dichiarati e non versati”.

3. Contro la sentenza d’appello la contribuente ha proposto ricorso per cassazione e l’A.E. non si è difesa.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso è inammissibile sotto molteplici profili.

2. Le doglianze sono così rubricate: “nullità della cartella e della sentenza della CTR per difetto di motivazione. Violazione e falsa applicazione dell’art. 24 Cost., L. n. 241 del 1990, art. 3, art. 2697 c.c., dell’art. 112 c.p.c. con riferimento all’art. 360 c.p.c., commi 3, 4 e 5”.

2.1. Le critiche alla sentenza impugnata, come si evince già dalla rubrica, sono formulate in termini di c.d. “motivo misto” (o “composito”) per la commistione di censure ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 con quelle di cui a nn. 4 e 5 stesso comma. Trattasi, in particolare, di motivo (ovvero, con ulteriore sforzo interpretativo, di due motivi) non solo articolato (o articolati) in più profili, che ben avrebbero potuto essere prospettati in via autonoma, ma formulato (o formulati) in modo tale da non permettere di cogliere con chiarezza le relative doglianze, onde consentire, se necessario, l’esame separato delle stesse esattamente negli stessi termini in cui si sarebbe potuto fare se esse fossero state articolate in motivi diversi, singolarmente numerati (sui limiti di ammissibilità del c.d. “motivo misto” o “composito”, si veda, e x plurimis: Cass. Sez. U., 06/05/2015, n. 9100, Rv. 635452-01).

2.2. Con riferimento al capo della statuizione impugnata relativo alla dedotta tardività della notificazione della cartella (contenente il ruolo), in primo luogo si deduce una “nullità della cartella”, di per sè inammissibile in cassazione se non sotto forma di uno dei motivi di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1. Si deduce altresì la “nullità della sentenza della CTR per difetto di motivazione”, laddove, invece, il difetto di motivazione, salva la differente ipotesi di violazione dell’art. 112 c.p.c., integra non la nullità della sentenza (sindacabile ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4) bensì il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

In secondo luogo, si deduce una violazione di legge (con formulazione di specifico quesito rivolto a questa Corte) fondata, però, su un’asserita differente data di notificazione della cartella (l’1 ottobre 2004) neanche prospettata in sede di merito, con conseguente inammissibilità del motivo in quanto introducente elementi fattuali nuovi e comunque implicante accertamento e valutazione rimessi al giudice di merito. Tale diversa data (1 ottobre 2004), differente anche dalla precedente data (30 settembre 2004) meramente paventata in sede di discussione in secondo grado, si evincerebbe altresì in via mediata e necessitante di valutazione in sede di merito con riferimento a documentazione neanche riprodotta nel ricorso per ragioni di autosufficienza.

L’inammissibilità, quindi, non si argomenta solo dalla detta natura composita del motivo, fonte della contraddittorietà di cui innanzi, ma anche dal fatto che con esso, nella parte che sembrerebbe voler prospettare una violazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in realtà, non si fa valere un vizio di interpretazione e valutazione di norme giuridiche ma si pongono questioni inerenti la valutazione dei fatti rilevanti ai fini della decisione (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5). Più che dedurre un difetto logico della sentenza impugnata, però, nella specie si mira a sostituire proprie ricostruzioni e valutazioni a quelle del giudice di merito, relative alla data della notificazione, peraltro incorrendo nel già innanzi evidenziato difetto di autosufficienza, ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 (per l’inammissibilità dovuta a difetto si autosufficienza per mancata riproduzione del documento, si vedano, ex plurimis: Cass. sez. 6-1, 27/07/2017, n. 18679, Rv. 645334-01; Cass. sez. 5, 12/04/2017, n. 9499, Rv. 643920-01, in motivazione; Cass. sez. 5, 15/07/2015, n. 14784, Rv. 636120-01; Cass. sez. 3, 09/04/2013, n. 8569, Rv. 625839-01, oltre che Cass. sez. 3, 03/07/2009, n. 15628, Rv. 609583-01).

2.3. La doglianza relativa al capo della sentenza inerente la ritenuta non estinzione dell’obbligazione tributaria ha natura composita, coinvolgendo, in maniera incompatibile, i profili di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5, (come già evidenzia la stessa rubrica).

Si prospetta un vizio di motivazione (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), laddove si deduce che “il ragionamento è certamente viziato alla base”, ma con formulazione tale da non evidenziare il preteso vizio logico della motivazione. Nella sua articolazione, la doglianza, difatti, più che dedurre un difetto logico della sentenza impugnata mira a sostituire proprie ricostruzioni e valutazioni a quelle del giudice di merito, laddove si deduce che “non è certo difficile che ad un contribuente sia accaduto di versare cumulativamente ritenute di diverso tipo e periodo. La semplice ricerca di rispondenza del dichiarato con il versato non poteva certo che portare al risultato ottenuto”.

La doglianza poi, immediatamente dopo, investe profili di diritto (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), laddove formula uno specifico quesito a questa Corte. Quest’ultimo è però fondato sul detto non esplicitato vizio di motivazione, peraltro coinvolgente un’ipotesi di nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., invece rientrante nel citato art. 360 c.p.c., n. 4.

Ulteriore contraddittorietà del motivo composito di ricorso emerge poi dall’affermazione (pagg. 6 e 7) per la quale la sentenza impugnata sarebbe, al tempo stesso e con riferimento allo stesso profilo inerente la dedotta estinzione dell’obbligazione tributaria, “ancor più carente di motivazione e contraddittoria” (per una ipotesi di inammissibilità del motivo misto, in quanto contenente doglianze contraddittorie, si veda Cass. sez. 4, 18/06/2014, n. 13866, Rv. 631333-01).

3. In conclusione, si dichiarano inammissibili i motivi di ricorso, non statuendo sulle spese del giudizio di legittimità non essendosi l’A.E difesa nel presene giudizio.

P.Q.M.

dichiara inammissibili i motivi di ricorso.

Così deciso in Roma, il 20 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 7 novembre 2018

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