Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.28402 del 07/11/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello M. – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 18522/2012 R.G. proposto da:

Avv. R.F., difeso in proprio e con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Luigi Ciangalini, in Roma, alla via Vittorio Bachelet, n. 12;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio eletto in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

nonchè

Equitalia Sestri spa;

– intimata –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale per il Piemonte, – Sez. 27 n. 12/12/11 depositata in data 17/01/2012 e non notificata;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19 settembre 2018 dal Co. Marcello M. Fracanzani.

RILEVATO

che il contribuente ha reagito a diversi provvedimenti impositivi per tributi vari, nonchè avverso il fermo del proprio autoveicolo;

che ha chiesto ed ottenuto l’annullamento degli atti impositivi e delle misure cautelari adottate dall’Amministrazione finanziaria e dal concessionario della riscossione;

che il collegio territoriale, oltre all’annullamento degli atti impugnati, condannava l’Ufficio ex art. 96 c.p.c., comma 2;

che interponeva appello l’Ufficio con riguardo unicamente al profilo della condanna ex art. 96 c.p.c. ed al profilo della condanna al ristoro delle spese di lite, protestando la propria diligenza e rimarcando la parziale soccombenza delle parti nella sentenza di primo grado, nonchè l’incertezza del destinatario della condanna alle spese;

che il collegio regionale accoglieva le doglianze dell’ufficio, argomentando sull’assenza dei requisiti soggettivi ed oggetti di cui all’art. 96 c.p.c., comma 1 nonchè sulla diligenza manifestata dalle parti nel tutelare le proprie posizioni;

che insorge il contribuente affidandosi a quattro motivi di ricorso;

che si è costituita l’Amministrazione finanziaria con puntuale controricorso;

che è rimasta intimata la concessionaria della riscossione.

CONSIDERATO

che con il primo motivo si lamenta motivazione omessa ed insufficiente su punti decisivi della controversia in parametro all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nonchè violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 20, 53 e 57,dell’art. 342 c.p.c. e ss, dell’art. 96 c.p.c., comma 2, tutti in parametro all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3;

che, nel concreto, si evidenzia come la sentenza di primo grado abbia emesso condanna ex art. 96 c.p.c., comma 2, mentre la sentenza di appello abbia annullato la condanna argomentando sui requisiti soggettivi ed oggettivi di cui al primo comma dello stesso articolo;

che il dispositivo della sentenza è corretto e merita di essere rettificata in parte qua la motivazione, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., nei limiti di seguito indicati;

che, infatti, la motivazione della sentenza in atti e nei passi riportati nel ricorso – assolvendo l’autosufficienza del motivo -argomenta diffusamente sull’assenza di dolo o di colpa grave, nonchè sulla prova della consistenza del danno, relativi all’ipotesi di cui all’art. 96 c.p.c., comma 2 mentre avrebbe dovuto concentrarsi sugli elementi costitutivi della fattispecie e sui presupposti logici del danno, evidenziando l’esenzione di responsabilità per nesso di causalità: infatti non sono riferibili all’agenzia gli atti esecutivi da cui si fa derivare la pretesa risarcitoria ex art. 96 c.p.c. (primo e/o secondo comma, comunque si voglia intendere la domanda del contribuente);

che, peraltro, la motivazione adottata dalla CTR (e che in questa sede viene corretta) non comporta il passaggio in giudicato del relativo capo di sentenza di primo grado, come afferma il ricorrente (p. 11, quarto allinea), poichè è in atti che l’Ufficio ha interposto appello avverso il capo di sentenza relativo alla condanna ex art. 96 c.p.c., senza ulteriore specificazione, chiedendone la riforma che ha poi in effetti ottenuto, ancorchè con motivazione eccentrica rispetto ai presupposti individuati dal primo giudice ed il cui annullamento costituisce anzi l’interesse e la legittimazione del contribuente a dolersene in questa sede;

che con il secondo motivo lamenta motivazione omessa o contraddittoria su più punti decisivi della controversia in parametro all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 nonchè violazione e o falsa applicazione di norme di diritto in parametro all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3;

che, più specificamente, viene contestata l’affermata mancata diligenza del contribuente, perchè non ha adempiuto all’onere previsto dalla circolare ministeriale, in quanto non ha notificato all’Amministrazione il provvedimento di sospensione cautelare ottenuto dal giudice di primo grado;

che, infatti, il ricorrente censura l’assunto dei giudici di secondo grado, perchè fanno derivare in capo a lui un dovere di notifica che non può sorgere da una circolare, non fonte del diritto, ma atto organizzativo, insuscettibile di prescrivere alcunchè al di fuori della struttura amministrativa di riferimento e men che mai in capo ai cittadini;

che il motivo può essere ritenuto assorbito nel precedente, perchè tutta la motivazione della sentenza è imperniata a misurare i requisiti di cui all’art. 96 c.p.c. e, come qui corretta, esclude la riferibilità all’Agenzia delle entrate dell’eventuale danno patito, per cui irrilevante diviene misurare il grado di diligenza tenuto dalla parte privata;

che con il terzo motivo si lamenta motivazione omessa o contraddittoria su più punti decisivi della controversia in parametro all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5;

che, segnatamente, si contesta l’affermazione per cui l’Ufficio avrebbe disposto lo sgravio ancor prima che il contribuente proponesse ricorso, ritenendola smentita dalla sequenza temporale dei fatti;

che il motivo può ritenersi assorbito, trattandosi di esame circa la diligenza (questa volta non del contribuente, ma) dell’ufficio, una volta accertato che non sono riferibili all’Agenzia delle entrate i comportamenti che hanno dato causa ai danni lamentati dal ricorrente;

che con il quarto ed ultimo motivo si lamenta motivazione insufficiente e contraddittoria su più punti decisivi della controversia in parametro all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5;

che, concretamente, si contesta la parte della motivazione relativa alla condanna al ristoro delle spese, ove il giudice d’appello riforma la sentenza di primo grado sull’assunto che via sia incertezza sull’individuazione della condanna e sull’effettivo quantum, nonchè ritenendo che vi sia una parziale soccombenza e l’inammissibilità di alcune domande;

che il motivo è inammissibile e va rigettato;

che la motivazione di secondo grado supera il vaglio della coerenza logica oltre il quale può svolgersi l’intervento censorio di questa Corte;

che, infatti, contrariamente a quanto affermato dal ricorrente (pag. 16, lett. e del ricorso), la sentenza di primo grado contiene le inammissibilità delle domande del contribuente, rilevate dalla CTR e desumibili dalla lettura del dispositivo della sentenza della CTP, come riportato a pag. 3 del ricorso per cassazione;

che è giustificato il riferimento alla complessità della vicenda, in rapporto all’intreccio di posizioni processuali venutesi a creare, riferite dal giudice di secondo grado ad entrambe le parti (pag. 5, primo capoverso della sentenza impugnata) con un apprezzamento di merito insuscettibile di sindacato avanti questa Corte;

che, in definitiva, il ricorso è infondato, mentre la correzione della motivazione giustifica la compensazione delle spese.

P.Q.M.

Ex art. 384 c.p.c. corregge la sentenza impugnata nei limiti di cui in motivazione. Rigetta il ricorso. Compensa le spese del grado di giudizio.

Così deciso in Roma, il 19 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 7 novembre 2018

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