LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PETITTI Stefano – Presidente –
Dott. GORJAN Sergio – rel. Consigliere –
Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –
Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –
Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 4058/2018 proposto da:
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente –
contro
S.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA VECCHIANO 40, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIA NOVIELLO, rappresentato e difeso dall’avvocato PAOLO VARRIALE;
– controricorrente –
e contro
M.R., SC.MA.EL., P.L., V.G., I.G., IA.CA., PI.AN.;
– intimati –
avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 16/11/2017, R.G.n. 50283/17 V.G., Cron. n. 9819/2017;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 19/09/2018 dal Consigliere Dott. SERGIO GORJAN.
FATTI DI CAUSA
M.R. ed altri sette ricorrenti ebbero a proporre istanza di riconoscimento d’equo indennizzo in relazione all’eccessiva durata di precedente procedimento avviato per esser indennizzati, ex lege n. 89 del 2001, afferente la loro domanda originaria relativa all’eccesiva durata del giudizio avanti il Giudice amministrativo – T.A.R. Campania.
La loro domanda fu accolta,per quanto di ragione, dal Consigliere designato della Corte d’Appello di Roma, che riconosceva la somma di Euro 2.400,00 a tale titolo a ciascun ricorrente.
La Corte capitolina – per quanto ancora interessa – attinta dall’opposizione dell’Amministrazione ha ritenuto non fondata la tesi ministeriale che il termine decadenziale, L. n. 89 del 2001, ex art. 4, avesse natura sostanziale, sicchè non rimaneva sospeso durante il periodo feriale.
Il Ministero della Giustizia ha proposto ricorso per cassazione fondato su quattro motivi.
Il solo resistente S.M. s’è costituito a resistere con controricorso, rilevando l’inammissibilità del ricorso avversario,mentre gli altri resistenti, pur regolarmente evocati, non si sono costituiti.
In prossimità dell’odierna adunanza il Ministro ha depositato memoria difensiva.
RAGIONI DELLA DECISIONE
L’impugnazione esposta dal Ministero della Giustizia s’appalesa siccome inammissibile, ex art. 360 bis c.pc.., n. 1.
Con il primo mezzo d’impugnazione l’Amministrazione ricorrente denunzia violazione del disposto L. n. 89 del 2001, ex art. 4, poichè la Corte capitolina – invero applicando costante insegnamento di questa Suprema Corte – ha ritenuto di natura processuale e, quindi, soggetto alla sospensione feriale il termine di decadenza semestrale previsto per proporre la domanda di ristoro del pregiudizio conseguente all’irragionevole durata di procedimento giurisdizionale, mentre il termine de quo ha natura sostanziale di consunzione del diritto al ristoro e, non già solo di consumazione della relativa azione, siccome desumibile dalla sua strutturazione giuridica, specie dopo la novella del 2012, e funzione.
Con la seconda ragione di doglianza il Ministero denunzia sempre il medesimo vizio, dianzi citato, sotto il profilo che l’azione giudiziale non risulta più l’unico mezzo per l’esercizio del diritto – principio sulla cui base s’era formata la giurisprudenza di legittimità contraria alla tesi ministeriale – posto che risulta ammesso il ricorso alla mediazione prima della lite giudiziale, con conseguente interruzione del termine decadenziale.
Con il terzo mezzo d’impugnazione l’Amministrazione impugnante deduce vizio di nullità in quanto con la riduzione del termine, ex art. 327 c.p.c., di decadenza dall’impugnazione nel procedimento presupposto appaiono delinearsi situazioni de facto differenziate con incongruenza del sistema.
Con la quarta doglianza il Ministero deduce ulteriore questione di nullità posto che il nuovo procedimento di natura monitoria previsto dalla L. n. 89 del 2001, caratterizzato dalla celerità ed urgenza mal si concilia con l’applicazione della sospensione feriale,comunque, strumento di prolungamento del procedimento. Tutti i surricordati motivi, sotto profili diversi e talvolta difficilmente intellegibili – vizi di nullità dedotti -, sviluppano la medesima tesi ossia il carattere sostanziale e,non già, processuale – siccome stabilito da questa Corte Suprema – del termine semestrale previsto dalla L. n. 89 del 2001, art. 4, per la proposizione dell’istanza di equo indennizzo.
La questione risulta, come sottolineato dallo S. e riconosciuto dall’Amministrazione ricorrente, già esaminata da questa Suprema Corte in numerosi arresti – Cass. n. 5895/09, Cass. 2153/2010, Cass. 1364/18 ed ulteriori successivi – e risolta nel senso che il termine decadenziale, L. n. 89 del 2001, ex art. 4, ha natura processuale poichè la lite risulta, per scelta legislativa, l’unico mezzo per poter ottenere l’indennizzo a ristoro dell’irragionevole durata del procedimento.
Tale insegnamento ha trovato l’avallo dalla decisione adottata dalle Sezioni Unite di questa Corte Suprema – Cass. n. 17781/13 – che hanno espressamente confermato la giurisprudenza delle sezioni singole di questa Corte circa la natura processuale del termine di specie.
Le argomentazioni portate in ricorso non superano l’insegnamento ricordato poichè le novità,apportate alla L. n. 89 del 2001 nel 2012 ovvero in tema di termine di decadenza dall’impugnazioni, non attingono la questione sottoposta a questa Corte.
La nuova struttura del procedimento,ancorchè ispirata da esigenze di accelerazione,non per ciò ha mutato la natura del termine ex art. 4 cit. Legge, poichè comunque per ottenere il ristoro il privato deve sempre far ricorso al Giudice ancorchè con procedura sommaria.
Le diverse situazioni fattuali conseguente alla riduzione a sei mesi del termine di decadenza ex art. 327 c.p.c. – possibilità o no di godere della sospensione feriale a seconda del momento di deposito della sentenza – non rilevano poichè comunque il termine per l’impugnazione,ex art. 327 c.p.c., è sospeso se scade in periodo feriale.
La proposizione di lite giudiziale rimane l’unico mezzo per ottenere l’equo indennizzo,anche se è possibile procedere alla mediazione, che comunque è istituto correlato al processo.
Infine va rilevato come i vizi di nullità dedotti dal Ministero risultano di difficile comprensione poichè non risulta individuata la norma,portante ipotesi di nullità, violata.
Alla declaratoria d’inammissibilità dell’impugnazione segue, ex art. 385 c.p.c., la condanna del Ministero della Giustizia al pagamento in favore dello S., unico resistente, delle spese di lite di questo procedimento di legittimità, liquidate in globali Euro 900,00 oltre accessori di legge e rimborso forfetario secondo tariffa forense nella misura del 15%.
Stante la rituale richiesta del difensore, ex art. 93 c.p.c., le spese di questa lite, siccome dianzi liquidate, vanno distratte a favore dell’avv. Paolo Varriale.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il Ministero della Giustizia a rifondere a S.M. le spese di lite del presente procedimento di legittimità, che liquida in complessivi Euro 900,00 oltre accessori di legge e rimborso forfetario ex tariffa forense nella misura del 15%.
Spese distratte, ex art. 93 c.p.c., a favore del difensore dello S..
Così deciso in Roma, nell’adunanza di Camera di consiglio, il 19 settembre 2018.
Depositato in Cancelleria il 7 novembre 2018
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