Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.28422 del 07/11/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAMBITO Maria Giovanna – Presidente –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 14433/16, proposto da:

Rete Ferroviaria Italiana – R.F.I. s.p.a., in persona dell’institore avv. V. Sica, giusta procura per notar Ca., elett.te domic.

in Roma, presso L’avv.to Stefano D’Ercole che la rappres. e difende, con procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Consorzio CAVET – Alta Velocità Emilia Toscana, in persona del legale rappres., elett.te domic. presso l’avv. A. Accardo, rappres.

e difeso dall’avv. Marco Fina, con procura speciale in calce al controricorso;

FIAT CHRYSLER AUTOMOBILES N.V., in persona del legale rappres. p.t., elett.te domic. presso l’avv. Massimo Serra che la rappres. e difende unitamente all’avv. Paolo Riccardi, con procura speciale in calce al controricorso;

N.E., in proprio e quale amministratore di sostegno di T.O.; N.A.; N.F.; elett.te domic. presso l’avv. G.

Buonanno, rappres. e difesi dall’avv. Stefania Andreani con procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrenti –

nonchè

C.P.;

– intimata non costituita –

avverso la sentenza n. 2038/2015, emessa dalla Corte d’appello di Firenze, depositata il 2.12.15;

udita la relazione del Consigliere, Dott. Rosario Caiazzo, nella camera di consiglio del 5 giugno 2018.

RILEVATO

che:

Il Consorzio Cavet convenne innanzi alla Corte d’appello di Firenze N.E. e C.P., in proprio e per conto del minore N.F. (nelle more costituitosi una volta maggiorenne), N.A., T.O. e P.B., la TAV – ora RFI – e Fiat s.p.a. (ora FCA) impugnando la sentenza emessa dal Tribunale di Firenze il 21.4.09 che, accogliendo parzialmente la domanda di degli attori, aveva condannato il consorzio Cavet al pagamento della somma di Euro 60.000,00 a titolo d’indennizzo della L. n. 2349 del 1865, ex art. 46, per il ristoro del deprezzamento degli immobili di rispettiva loro proprietà in vista delle vibrazioni che avrebbe causato il passaggio dei treni nella galleria costruita al di sotto degli stessi beni.

Al riguardo, il giudice di primo grado accolse l’eccezione di difetto di legittimazione passiva di Fiat e Tav s.p.a. poichè il Consorzio era formalmente e sostanzialmente l’appaltatore dell’opera pubblica, per cui era da escludere che la committente Tav e la subcommittente Fiat fossero responsabili dei pregiudizi arrecati durante la costruzione dell’opera, non essendo provato che quest’ultime società si fossero ingerite nell’esecuzione dei lavori.

Si sono costituiti nel giudizio d’appello: N.E. e T.O., proponendo appello incidentale; C.P., N.F. e A., proponendo appello incidentale; La RFI – incorporante per fusione TAV s.p.a.; la Fiat.

La Corte d’appello, premesso che era pacifico che la domanda degli attori era stata qualificata dalle stesse parti e dal giudice di primo grado quale richiesta d’ indennizzo ex L. n. 2359 del 1865 e non come istanza d risarcimento dei danni, ha accolto l’appello principale, ritenendo che, accertati i presupposti dell’indennizzo, la parte obbligata fosse la RFI (ex Tav) committente, quale soggetto utilizzatore dell’opera al relativo compimento, considerando altresì che la stessa TAV s.p.a. aveva operato le scelte progettuali di massima dell’opera, scegliendo il tracciato, e non il Consorzio Cavet che aveva realizzato materialmente l’opera sviluppando la progettazione esecutiva.

Sono stati invece respinti gli appelli incidentali.

RFI spa ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi. I N. e T.O. hanno depositato controricorso, proponendo ricorso incidentale affidato a quattro motivi. Si sono costituiti anche FCI e il Consorzio Cavet con controricorso.

Il P.M. ha concluso per il rigetto di entrambi i ricorsi.

Il Consorzio Cavet e RFI s.p.a. hanno depositato memorie.

CONSIDERATO

che:

Con il primo motivo del ricorso principale è stata denunziata violazione e falsa applicazione dell’art. 1362 c.c., in quanto la Corte d’appello ha erroneamente interpretato la convenzione del 15.10.91, con cui la Tav aveva affidato alla Fiat s.p.a. la progettazione esecutiva e la realizzazione della tratta *****, affermando che la stessa Fiat era responsabile verso i terzi, e senza possibilità di rivalsa nei confronti della Tav, per i danni connessi all’esecuzione delle obbligazioni assunte con la stessa convenzione. Inoltre, la ricorrente ha addotto che la Fiat aveva affidato al Consorzio Cavet la verifica della progettazione di massima e l’elaborazione della progettazione esecutiva della tratta infrastrutturale, Consorzio che, a sua volta, si era obbligato a verificare la progettazione di massima e gli ulteriori elaborati consegnati dalla TAV. In particolare, la ricorrente ha lamentato che la Corte d’appello aveva incentrato la propria decisione sull’interpretazione della L. n. 2359 del 1865, art. 46, violando le norme sull’ermeneutica contrattuale poichè Tav, Fiat e il Consorzio avevano stipulato accordi negoziali escludendo del tutto la responsabilità della Tav nei confronti dei terzi per ogni danno connesso all’esecuzione dell’opera pubblica.

Con il secondo motivo è stata dedotto l’omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione, non avendo la Corte d’appello esaminato il contenuto delle varie convenzioni.

Con il terzo motivo è stata denunziata la violazione e falsa applicazione della citata L. n. 2359 del 1865, art. 46,lamentando che l’indennizzo era stato liquidato a fronte di un evento futuro ed incerto (quale il deprezzamento degli immobili a causa delle future vibrazioni della linea *****) poichè la tratta ferroviaria non era ancora entrata in servizio.

Con il primo motivo del ricorso incidentale degli originari attori è stata denunziata la violazione e falsa applicazione degli artt. 61,62,191,194,345 e 356, c.p.c., nonchè l’omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, avendo la Corte d’appello omesso, senza motivarne il rigetto, di disporre c.t.u. al fine di quantificare l’indennizzo ex art. 46, alla luce dell’evento sopravvenuto della messa in esercizio della linea *****.

Con il secondo motivo è stata denunziata la violazione e falsa applicazione degli artt. 844,2043 e 2059,1226 e 2056 c.c., lamentando che la Corte territoriale non aveva ritenuto di liquidare il risarcimento dei danni relativi al superamento dei limiti di tollerabilità dell’immissioni sonore, afferenti alla lesione del diritto allo svolgimento della vita familiare, anche secondo l’art. 8 CEDU, risarcimento spettante anche in mancanza di danno biologico.

Con il terzo motivo è stato dedotto l’omesso esame di fatti decisivi per aver il giudice d’appello escluso la solidarietà passiva anche del Consorzio Cavet e della Fiat relativamente all’azione L. n. 2359 del 1865, ex art. 46, in quanto dalle tre convenzioni emergeva una corresponsabilità.

Con il quarto motivo è stata denunziata la violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., per aver la Corte d’appello posto a carico di essi ricorrenti incidentali-appellati, in solido tra loro, integralmente le spese processuali sostenute dal Consorzio Cavet per entrambi i gradi di giudizio, condannando RFI al pagamento della sola metà delle spese di appello, compensandole per la metà.

I primi due motivi del ricorso principale, da esaminare congiuntamente poichè tra loro connessi, sono infondati. Parte ricorrente si duole del fatto che il giudice d’appello non avrebbe correttamente interpretato il contenuto degli accordi negoziali stipulati tra Tav, Fiat e il Consorzio Cavet, violando i canoni ermeneutici prescritti dal codice civile – accordi da cui si evince l’accollo della responsabilità verso terzi della Fiat (ora FCA) per i danni causati dall’esecuzione dell’opera ***** – escludendo del tutto la responsabilità della Tav s.p.a. nei confronti dei terzi per ogni danno connesso all’esecuzione dell’opera pubblica.

Al riguardo, il collegio ritiene corretta la tesi espressa dal Pubblico Ministero nella relazione depositata secondo cui gli accordi tra le varie parti riguardano i soli rapporti interni, mentre la responsabilità verso i terzi è disciplinata dalla normativa di riferimento (L. n. 2359 del 1865, art. 46); peraltro, l’accollo interno è riferito alla responsabilità risarcitoria, mentre oggetto della questione è l’indennizzo citato. Tale opinione è stata affermata dalla Corte d’appello secondo la cui argomentazione l’accordo tra le parti – oggetto della doglianza della ricorrente principale – non è opponibile ai terzi danneggiati, ma può valere solo in sede di rivalsa.

Inoltre, la stessa Corte di merito ha espressamente affermato che il richiamo al fatto che la Tav e la Fiat sarebbero responsabili, poichè per contratto s’erano impegnati a procedere all’esproprio, è un riferimento errato poichè l’indennizzo in questione prescinde dall’esproprio, essendo previsto solo se l’esproprio non vi sia stato.

Ne consegue l’infondatezza delle doglianze riguardanti la violazione delle norme codicistiche richiamate in tema di ermeneutica contrattuale e l’omesso esame del contenuto degli accordi tra le parti.

Il terzo motivo va esaminato congiuntamente al primo motivo del ricorso incidentale, per la sostanziale medesimezza degli argomenti utilizzati. In proposito, la Corte d’appello, rilevato che il danno lamentato dagli attori, rispetto alla situazione esistente nel corso del giudizio di primo grado, era mutato nel senso che, con la compiuta realizzazione dell’opera, il danno relativo al deprezzamento degli immobili era divenuto certo e concreto, ha affermato che sarebbe stato onere degli attori originari fornire una concreta valutazione del disvalore degli immobili a seguito del completamento delle opere.

Ora, da un lato, è fondata la doglianza della RFI in quanto l’indennizzo di cui alla L. n. 2359 del 1865, art. 46, è stato liquidato in vista di un danno futuro, connesso all’esecuzione dell’opera relativa alla linea ferroviaria dell’alta velocità e, dunque, senza tener conto della sua effettività e concretezza in ordine al deprezzamento degli immobili di proprietà degli attori originari. Dall’altro lato, è altresì fondata la doglianza dei ricorrenti incidentali per ragioni del tutto speculari a quelle di cui al terzo motivo del ricorso principale, considerato che l’accertamento del suddetto apprezzamento presupponeva certo una verifica tecnica attraverso la nomina di un c.t.u.. Sulla questione, invece, la Corte di merito ha omesso ogni valutazione.

Il secondo motivo del ricorso incidentale non ha pregio in quanto la Corte territoriale ha correttamente escluso i presupposti del danno risarcibile per lesione della salute per mancata allegazione di documentazione probatoria. Inoltre, è privo di fondamento anche il riferimento alla lesione del diritto allo svolgimento della tranquilla vita familiare, in quanto secondo l’orientamento della Corte, cui il collegio intende dare continuità, il danno non patrimoniale, con particolare riferimento a quello cd. esistenziale, non può essere considerato “in re ipsa” ma deve essere provato secondo la regola generale dell’art. 2697 c.c., dovendo consistere nel radicale cambiamento di vita, nell’alterazione della personalità e nello sconvolgimento dell’esistenza del soggetto. Ne consegue che la relativa allegazione deve essere circostanziata e riferirsi a fatti specifici e precisi non potendo risolversi in mere enunciazioni di carattere generico, astratto, eventuale ed ipotetico (Cass., ord. n. 2056/18; n. 21060/16).

Al riguardo, i ricorrenti non hanno allegato fatti specifici e circostanziati a sostegno dell’invocato diritto alla tranquillità della vita familiare, pur rilevando che tale diritto sarebbe configurabile anche senza la sussistenza di un danno biologico.

Il terzo motivo è parimenti infondato alla stregua delle medesime ragioni poste a sostegno del rigetto del primo motivo del ricorso principale.

Infine, il quarto motivo deve ritenersi assorbito, atteso l’accoglimento del primo.

Per quanto esposto, dunque, la sentenza impugnata va cassata, limitatamente al terzo motivo del ricorso principale e al primo dell’incidentale, con rinvio alla Corte d’appello competente, anche per le spese.

P.Q.M.

La Corte accoglie il terzo motivo del ricorso principale e il primo del ricorso incidentale, respinti gli altri, assorbito il quarto dell’incidentale.

Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Firenze, in diversa composizione, anche per le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 5 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 7 novembre 2018

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